venerdì, Novembre 14, 2025
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I veleni silenziosi che uccidono i lupi italiani

AGI – Dall’agricoltura ai centri urbani, l’Italia è disseminata di esche e rodenticidi. Nati per eliminare topi e nutrie, finiscono per contaminare l’intera catena alimentare fino a colpire i grandi predatori. Oltre il 60 per cento dei lupi analizzati in un recente studio di Ispra, condotto in collaborazione con le università di Bologna e Sassari, l’Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia-Romagna e le Regioni Toscana e Lombardia, è risultato positivo ai rodenticidi. “Un lupo in buona salute non viene investito facilmente – ha spiegato Romolo Caniglia, genetista dell’Ispra e coordinatore della ricerca -. Molti degli animali trovati sulle strade erano già debilitati dall’ingestione di sostanze tossiche“.

Pubblicato sulla rivista internazionale Science of the Total Environment, lo studio ha analizzato 186 carcasse di lupo raccolte tra il 2018 e il 2022 in Lombardia ed Emilia-Romagna, confermando un fenomeno diffuso e poco visibile. In laboratorio, i ricercatori hanno riscontrato in numerosi esemplari la presenza di anticoagulanti di seconda generazione, composti usati comunemente nei dispositivi a forma di “T” collocati nei giardini pubblici, nei magazzini o lungo i canali di scolo agricoli. “Il problema – ha aggiunto Caniglia – è che le sostanze utilizzate per contenere roditori e nutrie restano attive per giorni nei tessuti e, attraverso le prede, raggiungono anche i carnivori. Così, senza che nessuno lo veda, il veleno sale di livello nella catena ecologica”. Il meccanismo è quello del bioaccumulo: le molecole non si degradano rapidamente e si trasferiscono da una specie all’altra. Gli animali avvelenati continuano a muoversi per ore o giorni prima di morire, offrendo cibo facile ai predatori.

Gli effetti dei veleni sulla fauna selvatica

“Quando un lupo o una volpe si nutrono di una carcassa contaminata – ha precisato il genetista – ingeriscono dosi che possono non essere letali nell’immediato ma che compromettono il sistema nervoso, la capacità di orientamento e la lucidità. È in queste condizioni che si verificano la maggior parte degli incidenti stradali.”. Le autopsie hanno infatti mostrato che molti esemplari investiti presentavano lesioni interne e tracce di sostanze tossiche nel fegato e nel sangue. Secondo Caniglia, i rodenticidi rappresentano oggi una minaccia sistemica, perché il loro uso non riguarda solo le aree agricole ma anche i centri urbani, i parchi e le periferie.

L’uso improprio dei rodenticidi e l’effetto a catena

“In teoria dovrebbero essere impiegati solo in spazi chiusi e con personale qualificato – ha sottolineato – ma nella pratica vengono spesso lasciati in luoghi accessibili ad altri animali o addirittura dispersi nei campi. Così il veleno entra in circolo nell’ambiente e colpisce specie che non erano affatto l’obiettivo.”. L’effetto a catena coinvolge non solo i lupi, ma anche rapaci, mustelidi, volpi, tassi e perfino il gatto selvatico. Quest’ultimo, ha aggiunto l’esperto, “è una specie particolarmente vulnerabile, ma la scarsità di monitoraggi e la difficoltà di distinguere le carcasse da quelle dei gatti domestici rendono quasi impossibile avere dati affidabili”. Il lavoro pubblicato nel 2024 amplia e chiarisce i risultati di una precedente ricerca, condotta dallo stesso gruppo e pubblicata nel 2021 su Global Ecology and Conservation, che aveva già evidenziato come il 90 per cento delle morti di lupo in Italia fosse imputabile all’uomo. “Allora – ha ricordato Caniglia – sospettavamo che dietro a molti incidenti stradali ci fossero altre cause. Ora ne abbiamo la prova: in diversi casi la perdita di riflessi e di capacità sensoriali provocata dai veleni ha portato gli animali a essere travolti da veicoli”.

Rodenticidi: veleni legali ma pericolosi

Gli esperti sottolineano che i rodenticidi anticoagulanti, sebbene venduti legalmente, dovrebbero essere trattati come sostanze pericolose per la fauna. La loro lunga emivita, compresa tra 20 e 150 giorni, consente l’accumulo nel fegato e nei tessuti muscolari di più specie. Anche dosi minime, ripetute nel tempo, possono alterare il metabolismo e il comportamento. “Si tratta di effetti subletali – ha precisato Caniglia – ma che compromettono la capacità di caccia, di fuga e di sopravvivenza. Nei lupi adulti osserviamo spesso sintomi compatibili con intossicazioni croniche, anche in esemplari apparentemente sani”.

Esche avvelenate: una spirale di morte

In alcuni casi, le sostanze tossiche vengono impiegate illegalmente per preparare esche destinate a eliminare predatori indesiderati. È una pratica vietata ma ancora diffusa, soprattutto in contesti agricoli e pastorali. “Le esche avvelenate – ha ribadito Caniglia – non colpiscono solo i lupi, ma anche cani, gatti, aquile e altri animali che entrano in contatto con le carcasse contaminate. È una spirale di morte che si autoalimenta.”. Per questo, Ispra chiede da tempo un monitoraggio nazionale centralizzato delle carcasse rinvenute sul territorio, in grado di collegare le informazioni raccolte dagli istituti zooprofilattici regionali. Oggi i dati sugli avvelenamenti restano frammentati e vengono gestiti in modo disomogeneo, rendendo difficile avere un quadro complessivo. In alcune regioni, grazie a progetti coordinati, le carcasse di lupo vengono analizzate e i campioni biologici conservati nella biobanca dell’Ispra.

Soluzioni: monitoraggio e alternative ai veleni

“Serve un sistema unico di raccolta e condivisione – ha spiegato Caniglia – che consenta di capire dove, quando e con quali sostanze si verificano gli avvelenamenti. Solo così potremo intervenire per limitare la diffusione dei veleni e ridurre il rischio per la fauna”. Secondo l’esperto, la lotta ai rodenticidi non può limitarsi al divieto, ma deve puntare su metodi alternativi di controllo delle specie infestanti, come trappole meccaniche o programmi di gestione ecologica. “Ogni dose di veleno immessa nell’ambiente – ha concluso Caniglia – si traduce in un danno diffuso e duraturo. Ridurre l’uso dei prodotti chimici è una forma di prevenzione ambientale: significa proteggere non solo i lupi, ma l’intero equilibrio degli ecosistemi italiani”.

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