domenica, Ottobre 6, 2024
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Giri, Leko, Adams e la tempesta Boris. Lodici racconta la sua Olimpiade

AGI – A settembre l’Italia ha partecipato alle Olimpiadi degli scacchi, a Budapest, ed è stata un’avventura piena di colpi di scena, fuochi d’artificio ma anche di ansia e preoccupazione per l’evoluzione della tempesta Boris e i suoi effetti, sempre più evidenti, sul Danubio, mai così ‘in piena’ da 10 anni a questa parte. Daniele Vocaturo, Lorenzo Lodici, Luca Moroni, Francesco Sonis e Sabino Brunello, guidati dal commissario tecnico, Loek van Wely, hanno affrontato alcune delle nazionali più forti al mondo (Olanda, Azerbaigian, Inghilterra, Francia, Norvegia..) togliendosi diverse soddisfazioni e dimostrando una crescita notevole che fa ben sperare per il futuro. Il 43esimo posto finale è, infatti, un risultato bugiardo che non racconta in maniera consona le battaglie che gli azzurri hanno dovuto affrontare durante gli 11 turni previsti dalla manifestazione, poi dominata dall’India. Lorenzo Lodici, seconda scacchiera e artefice di alcune vittorie eclatanti, ha raccontato all’AGI, entrando nei particolari delle sfide contro Anish Giri, Peter Leko, Michel Adams, Nijat Abasov, una cavalcata che avrebbe meritato di essere davvero accompagnata dalle ben celebri note delle danze ungheresi di Brahms.  

 

Lorenzo, partiamo da Boris. Quanto ha influito sul vostro soggiorno ungherese?

Il nostro albergo, ovvero quello dove soggiornava l’Italia, era sull’isola Margaret, in mezzo al Danubio. Per cui, a un certo punto, dopo i primi giorni, hanno sostanzialmente chiuso l’isola: non potevi più entrare o uscire se non facevi parte di una delegazione scacchistica presente nell’hotel. E ci hanno pure detto: tenetevi pronti che il livello dell’acqua sta salendo e potreste dover scappare con gli autobus, all’improvviso. È stata un’esperienza un po’ strana, a dirla tutta. C’è stato un giorno in cui l’acqua ha superato il livello della riva e hanno messo dei sacchi di sabbia per arginarla. I giocatori con cui parlavo, collocati in altre strutture, mi chiedevano: ma vi fanno rimanere lì? Vi spostano? Alla fine, però, l’unica cosa da fare era pensarci il meno possibile e concentrarsi sul gioco.

 

Alla fine van Wely ti ha messo in seconda scacchiera. Te lo aspettavi? Quanto ha influito sul tuo torneo?

Diciamo che ci tenevo molto a essere in seconda scacchiera. Loek lo sapeva. Glielo avevo fatto capire chiedendo più volte se avesse deciso l’ordine dei giocatori. Sapevo che per me sarebbe stata una bella opportunità, affrontare atleti più forti, stare in prima scacchiera quando Daniele avesse riposato (Vocaturo, ndr). Mi ha dato una gran carica.

 

Alla fine tu, Luca Moroni e Francesco Sonis, pur essendo giocatori con uno stile molto diverso, avete più o meno lo stesso punteggio e la vostra ‘forza’ scacchistica è molto simile, intorno ai 2550.

Sì, obiettivamente è molto simile. Da un paio d’anni oscilliamo un po’. Luca è arrivato a 2600 e poi è sceso, Francesco è risalito un pochino. Io ero sceso e ora sono risalito. Sì, più o meno siamo tutti lì, la forza è simile. Si trattava solo di scegliere cosa avrebbe potuto funzionare meglio per la squadra.

 

L’Italia, pur arrivando 43esima, ha disputato per tanti addetti ai lavori un’ottima Olimpiade. Quali erano le aspettative? Come giudichi il cammino della squadra?

Non siamo giovanissimi ma comunque ancora giovani rispetto a molte altre squadre. Eravamo fiduciosi di poter fare bene. Poi sappiamo che l’ultimo turno è spesso decisivo perché di solito ballano più o meno 20 posizioni. Puoi aver fatto un ottimo torneo ma se perdi l’ultima, finisce così, resti indietro. Per questo è rimasta un po’ di amarezza per la classifica ma sappiamo di aver giocato un buon torneo, soprattutto perché abbiamo affrontato tante squadre forti, perdendo di misura e avendo avuto chance di vincere molti match. Qualcosina manca ancora, è evidente, però è stata una buona Olimpiade. Sfortunata, ecco.

 

Parliamo della prima tua grande vittoria, quella contro Anish Giri. Ti aspettavi che lui accettasse di entrare nel tuo campo di gioco? Che giocasse una posizione a te più favorevole?

Non è stato semplice decidere come giocare. Il capitano, Loek, mi ha messo in prima scacchiera e poi mi ha punzecchiato, come fa lui, per stimolarmi. Mi ha detto che così potevo andare all-in e giocare le mie ‘schifezze di Samisch’ sulla Nimzo-Indiana. Era un po’ che non giocavo contro un top player per cui ero indeciso, ci ho pensato tutta la notte, se osare o optare per qualcosa di più tranquillo. Anche perché ultimamente gioco in apertura e4 e non più d4. Alla fine ho deciso di sfidarlo a viso aperto. Mi sono svegliato dicendo ‘proviamoci’ e vediamo come va.

 

E lui ha accettato la sfida.

Sì, evidentemente non mi ha creduto. Magari ha pensato che stessi bluffando. Magari voleva vincere prendendosi dei rischi. Però quando ti prendi dei rischi può anche andare a finire così.

 

C’è un momento in cui puoi sfruttare una combinazione, dopo il suo errore (Ce4), ed entrare in settima traversa con le due torri. Lo guardi e si vede che stai pensando: “Ma cosa mi sono perso?”

Sì, diciamo che ero molto confuso. Ho detto: “Boh, ma cos’è che non torna qui?”. Invece era tutto giusto, semplicemente stavo giocando molto bene.

 

Cosa ti ha detto alla fine?

Quando fai un errore così grossolano, come Ce4, provi a spiegarlo. Mi ha detto che sapeva di stare peggio e di non aver visto la cattura del pedone in g3.  Abbiamo parlato della posizione senza quella mossa sbagliata di cavallo. C’è un modo per provare a difendersi, ma la posizione resta probabilmente persa. Mi ha confermato che effettivamente la sua f6 non era una mossa molto buona. Poi sulla valutazione di Torre in g8 mi fa: “Ah, sì, non ha senso”. Si alza e se ne va.

 

Una grande giornata per l’Italia che, anche grazie a te, ha battuto i forti Paesi Bassi.

È stata davvero una vittoria di squadra. Evidentemente non si aspettavano quella formazione, con l’esclusione di Daniele. Inoltre la partita di Luca, con Van Foorest, è finita subito perché Jordeen ha giocato davvero molto bene. In quel momento forse pensavano di aver già vinto ma, nel giro di poco, tutto è cambiato. Anche grazie a Francesco e Sabino.

 

Turno successivo, altra sfida difficile contro la forte Ungheria. E tu sfidi e batti una leggenda come Peter Leko. Una partita molto più difficile, oltre 70 mosse..

Leko è un giocatore di caratura ancora più alta di Giri, però in leggero declino. Ma parliamo comunque di un vice-campione del mondo che ha pareggiato il match per il titolo mondiale (contro Kramnik, nel 2004, ndr). Però sono quei giocatori, lui e Anish, che, se portati ‘nel mio recinto’, mi danno delle chance. L’importante è riuscire a giocare il tipo di posizioni che voglio, senza compromessi, molto complesse e con un’iniziativa diversa dal solito, più creativa. È stata una dura lotta, anche perché era più preparato di me. Sono andato subito a stare peggio ma ha mancato una mezza chance. Pian piano sono andato in posizione leggermente migliore e da quel momento ho giocato bene. Gli ho lasciato solo una possibilità per pareggiare, nel finale, ma era una soluzione davvero difficile da trovare. Credo di aver dimostrato di valere di più qui che nella partita con Giri. Con Giri è andato tutto bene ma, a scacchi, le partite in cui va tutto bene, sono forse una ogni cento. Quella con Leko è stata una vittoria sudata, dopo una lunga e grande lotta.  

 

E Leko cosa ti ha detto?

Guarda, durante il match è successa una cosa particolare. Ho mosso con un solo secondo sull’orologio, iniziando il mio turno con tre secondi a disposizione, rischiando di perdere. Era una mossa lunga, una cattura con la Donna, una mossa ovvia tra l’altro. Si vedeva insomma che ero agitato. Infatti, a fine partita, ne abbiamo parlato e mi ha guardato come fossi un’idiota dicendomi: “Ma perché devi rischiare così?”. Mi aveva preso evidentemente come un giocatore serio e non si spiegava questa cosa.

 

E tu?

Semplicemente gli ho detto: “Non sono abituato a giocare con te”. A sfidare giocatori così forti (ride, ndr). “È una cosa nuova, ero in ansia”. Lui mi ha guardato in maniera strana, quasi compassionevole, ma è stato, comunque, un vero signore. Non ha avuto nessun problema ad analizzare la partita, mi ha detto tutto quello che pensava sulla posizione, sulla partita. Ripeto, un vero signore.

 

Dopo queste due vittorie è arrivata la sconfitta con il paraguaiano Delgado, un po’ inaspettata…

È arrivata per una serie di concause, ma ho approcciato male la partita. Emotivamente era difficile perché giocare con i neri, contro un 2480 che era 2620 due anni fa, è comunque strano dopo due partite iper-motivanti. Giochi contro un giocatore obiettivamente forte ma che da due anni gioca solo tornei chiusi. Forse, inconsciamente, è stato meno stimolante, nonostante la partita fosse importante. Non avevo la stessa energia. Non ho giocato male. Semplicemente lui ha fatto un’ottima partita e io, nel momento in cui dovevo salvare una posizione leggermente peggiore, ho mollato. Peccato, però questa sconfitta è servita per continuare bene il torneo.

 

 

E poi è arrivata l’Inghilterra, Adams e quella cattura di Donna..

È stato il momento più confuso di tutte le Olimpiadi per me. È successo che ero molto contento della partita, della posizione. Avevo messo una grandissima pressione a un giocatore del calibro di Adams, con il nero, partendo da un’apertura normale come la spagnola. La partita, quindi, stava andando davvero bene, e sembrava che avessimo le carte in regola per portarla a casa anche guardando al match di Luca contro McShane. Poco prima di quel fatidico momento avevo la sensazione di avere partita vinta. Anche lì… ero un po’ emozionato. Faccio Torre c8, lui fa Donna a7. E mi accorgo che minaccia d7, spingendo il pedone. Penso: ‘ok, tutto a posto”. Faccio Donna b7, la mossa che volevo fare. E lui muove, lampo, d7. Cosa non avevo visto?. Non ho mantenuto il sangue freddo, ho pensato un minuto e mezzo credo ma non mi è bastato per calmarmi…

 

Gli scacchi sono crudeli in questo.

Sì, di solito quando l’avversario fa una mossa che non hai visto.. respiri, cerchi di calmarti, butti giù l’aria, schiarisci le idee e trovi una soluzione. Ma in quel momento non ce l’ho fatta. In 90 secondi c’è stato un turbinìo di emozioni e alla fine, invece di fare Tc7 che banalmente vince, ho fatto Da7. Per fortuna anche lui ha sbagliato, non ha mangiato con l’Alfiere in a7, altrimenti era addirittura persa.

 

E poi c’è stato quel momento in cui hai promosso il pedone, pigiando il tasto dell’orologio, senza mettere la donna nella scacchiera.

Sì, lì era evidente che troppe cose erano successe in un tempo troppo piccolo. Adams mi ha guardato malissimo e ha fatto un suono sbuffando, un rumore chiaro. Io, stupidamente, ho pensato.. ma perché lo ha fatto? Dopo 15 secondi ho capito che non avevo messo la Donna sulla scacchiera. Era un momento troppo concitato e complicato.

 

Comprensibile, sarebbe stato il terzo scalpo per te.

Quasi troppo (ride, ndr). Rimane però la partita più importante dell’Olimpiade per come sono riuscito a mettere su una posizione super interessante contro un avversario che in passato è entrato nella top ten mondiale.

 

Hai pattato con Abasov. Volevo chiederti.. come ti è sembrato? Lui che ha partecipato, a sorpresa, al torneo dei Candidati.

Una cosa che si è vista chiaramente è che, non so se per i Candidati o poco prima, ha cambiato proprio stile. Muove velocemente, senza pensarci tanto. Non è una strategia che ha pagato molto né ai Candidati, né dopo. Dal picco, 2680, è sceso parecchio. Anche contro di me ha giocato rapidamente ed è andato quasi in posizione persa. Io, sotto di tempo, non sono riuscito a concretizzare, ad aumentare la pressione, e allora è riuscito anche a spingere un po’. È un buon top 100 che ha avuto quell’exploit giocando in casa.

 

A proposito di Azerbaigian. Ti ha stupito vedere un giocatore forte come Mamedyarov in quarta scacchiera?

Sì, strano. L’Azerbaigian è un Paese di grande tradizione. È un po’ calato ma ci sono ragazzi che stanno salendo, come Suleymanli, schierato in prima scacchiera. Hanno provato a mischiare le carte pensando di non essere così forti per andare a medaglia con un line-up normale. E hanno fatto una buona Olimpiade, tutto sommato.

 

Oltre alla vittoria contro il Perù e il Messico, ci sono state altre due partite importanti, contro Francia e Norvegia. A quel punto quali erano le sensazioni tue e della squadra?

Con la Francia abbiamo avuto tante chance. C’è stato un momento in cui il match, dopo due ore e mezza di gioco, sembrava quasi portato a casa. Daniele aveva fatto patta con Vachier-Lagrave, io avevo posizione vinta senza particolari rischi, Luca stava un pochino meglio e Sabino aveva posizione vinta. Poi è successo un mezzo disastro. A parte Luca, che ha fatto patta con i neri e ci stava, io ho fatto un gran casino prendendo paura per una cosa di cui non avrei dovuto aver paura e sono andato in posizione persa e Sabino, cercando di semplificare, si è perso qualcosa ed è stato sconfitto. In 15 minuti, tutto stravolto, in maniera eclatante. Un peccato perché era una vittoria fattibile.

 

E con la Norvegia?

No, lì è nato male il match. Non abbiamo avuto molte occasioni e loro hanno giocato meglio.

 

È stata una sorpresa non vedere Carlsen alla scacchiera?

Non mi aspettavo che giocasse, alla fine. La Norvegia non aveva più grandi ambizioni ed era l’ultimo turno.

 

Alla fine di tutto questo viaggio, hai guadagnato 19 punti Elo performando a 2671. Ti stai avvicinando a questi agognati 2600.

Il trend senza dubbio è quello giusto. Sto lavorando per arrivarci, un paio di cose le abbiamo incastrate bene e tutto ciò si st vedendo alla scacchiera. Già ad Abu Dhabi avevo avuto diversi buoni segnali che si sono concretizzati a Budapest. L’obiettivo resta quello dei 2600 e di diventare il numero uno d’Italia.  Ho fatto un cambio di mentalità che per ora ha pagato: all’inizio pensavo prima di arrivare ai 2600 e poi di giocare tornei sempre più forti e di alto livello. Ma non ha funzionato. Così ho invertito la rotta. Ora, per tagliare il traguardo dei 2600 provo a giocare tornei di livello più alto. La strada è ancora lunga ma speriamo sia quella giusta.

 

E ci sono i campionati d’Italia tra poco.

Eh, ma ti devo dare un’anteprima: io quest’anno non gioco i campionati d’Italia.

 

Questa è una notizia.

Purtroppo per lavoro non sarò in Italia in quel periodo. Devo seguire prima un progetto nel Sud-Est asiatico e poi negli Stati Uniti. Ma dal punto scacchistico sarà comunque un’opportunità perché giocherò sicuramente i mondiali rapid e blitz a New York e poi proverò a partecipare un torneo molto forte, collaterale al match mondiale, a Singapore. Visto che sono lì vicino in quel periodo, spero di riuscire a incastrarlo tra i vari impegni.

 

Visto che l’hai citato, chiudiamo con il mondiale. Gukesh è davvero così favorito contro Ding Liren?

Non so se ci sia mai stato un match mondiale con un favorito e un finale così tanto scritto. Ci sono pochissime possibilità che non si concluda con la vittoria di Gukesh. Semplicemente Ding non si è più ripreso. Ed è un peccato perché al suo picco è stato un giocatore degno, senza dubbio, del titolo di campione del mondo.

 

Sei riuscito a sbirciare Gukesh giocare alle Olimpiadi?

Sì, ed è stato stranissimo. Non ha mai credo mostrato così tante emozioni, neanche ai Candidati. A parte la qualità di gioco, davvero incredibile. Ci teneva tantissimo, soprattutto dopo la partita persa contro Abdusattorov, a Chennai, due anni fa, in casa, che è costata molto alla sua squadra. Ha messo davvero tutto stavolta per far vincere l’India.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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