AGI – Il centrodestra declina l’esito dei cinque referendum in tanti modi: una debacle, una sconfitta, il fallimento del tentativo di dare una spallata all’esecutivo, “il campo largo, se mai fosse nato, oggi è definitivamente morto”, si azzarda a dire il presidente del Senato Ignazio La Russa. Lo scontro è sui numeri, “altro che quindici milioni” come dice il capogruppo dem a palazzo Madama, Francesco Boccia, “altro che alternativa al governo” come affermano Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, i leader di Avs che alla premier Giorgia Meloni appuntamento alle Politiche, “non ci sarà un quorum”.
Risvolti della consultazione referendaria
Sta di fatto che nel centrodestra si esaminano i risvolti della consultazione referendaria, si evidenzia, per esempio, come dato da analizzare il fatto che il nord ha trainato l’affluenza che ha raggiunto risultati più ampi proprio nelle grandi città. E dietro le quinte ci si prepara alla sfida sulle riforme e sulla legge elettorale, partita che potrebbe essere giocata parallelamente a quella sul premierato (teoricamente in calendario a luglio) o magari dopo la pausa estiva dei lavori parlamentari.
Nuovo sistema di voto
La premessa che ribadiscono nel centrodestra è che al momento non sono previste accelerazioni “ma prima o poi il nuovo sistema di voto arriverà”, dice all’Agi il presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato Alberto Balboni. “Con questa legge elettorale vinceremmo comunque, ma si rischierebbe di non governare al Senato e di perdere alcune regioni chiavi del Sud”, rimarca una fonte parlamentare leghista. “Questa legge elettorale – dice ancora Balboni – non garantisce stabilità, è fatta per paralizzare qualsiasi maggioranza”.
Modifiche alla legge elettorale
I leader hanno già trattato in diverse riunioni la materia, nelle scorse settimane si è registrata freddezza soprattutto dal partito di via Bellerio sull’eventualità di modifiche, ma le aperture di Fdi sul terzo mandato potrebbero anche incidere sulla partita. La direzione è nota da tempo: proporzionale con premio di maggioranza. Poi c’è il nodo delle preferenze, “difficile che passi un sistema con il capolista bloccato e poi tutti a cercare il voto a campo aperto”, ragiona un altro ‘big’ dell’asse di governo.
Esito del referendum
Ma l’esito del referendum potrebbe spingere la maggioranza ad andare avanti sul nuovo sistema di voto, “anche se una buona parte del centrosinistra non dovesse collaborare”, dice un altro dirigente della coalizione. “Il bipolarismo – ragiona ancora Balboni – si regge su due gambe: se una di queste non ha una strategia, si basa su inutili spallate non è certo un bene per la democrazia: fino a quando la sinistra preferisce la strada dello scontro inutile non andrà da nessuna parte”.
Proposte di FI e Noi moderati
Il referendum lascia altri strascichi: FI e Noi moderati propongono di aumentare il numero delle firme; “i referendum dovrebbero essere fatti soprattutto sulle grandi questioni etiche”, sottolineano da Fdi. La polemica è legata anche ai costi, “sono stati spesi tantissimi soldi”, taglia corto il vicepremier e leader di FI Antonio Tajani che rilancia la tesi di un governo uscito rafforzato dalle urne. “E – dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari – la sinistra ne esce indebolita”.
Dichiarazioni dei leader
Il ‘refrain’ è che “hanno voluto fare un grande regalo alla premier Meloni che alla vigilia della consultazione aveva parlato di “questione tutta interna alla sinistra”. “Grande rispetto per chi è andato a votare, enorme sconfitta per una sinistra che non ha più idee e credibilità e che non riesce a mobilitare neanche i propri elettori”, afferma il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini. “Schiaffone per compagnia del ‘tutti dentro contro Meloni‘”, dice il ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr Tommaso Foti. “Vano e inutile è stato provare a trasformare il Referendum in una mobilitazione contro il governo”, dice il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani.
Confronto sui temi del lavoro
Ora non si chiuderà la porta ad un confronto nel merito sui temi sul lavoro, “mi auguro che si possa riaprire il dialogo sul rinnovo dei contratti per i lavoratori pubblici e arrivare a un accordo”, osserva per esempio il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo. “Ora ci sia un confronto meno ideologico, noi siamo aperti alle proposte, come quella arrivata dalla Cisl sulla partecipazione”, sostiene Walter Rizzetto, presidente della Commissione Lavoro a Montecitorio.
Dichiarazioni dei riformisti del Pd
Nel centrodestra comunque tutti puntano il dito sul flop e non a caso si rimarcano le dichiarazioni dei riformisti del Pd come Pina Picierno o di Matteo Renzi e Carlo Calenda. “Con loro si potrà dialogare anche quando ci sarà da confrontarsi con la legge elettorale”, dice un’altra fonte dell’alleanza di governo.