giovedì, Giugno 26, 2025
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Chi è Zohran Mamdani, il candidato democratico a sindaco di New York

AGI – Il sindaco di New York, Eric Adams, lo ha chiamato “ciarlatano” e “venditore di fumo”, aprendo ufficialmente la campagna elettorale che porterà più di un milione di cittadini a scegliere a novembre il prossimo sindaco della Grande Mela. La vittoria a sorpresa alle primarie democratiche di Zohran Mamdani (che si pronuncia Mamdanì), 33 anni, musulmano, nato in Uganda da genitori indiani, arrivato negli Stati Uniti all’età di 7 anni, ha aperto una nuova fase per la città.

 

Laureato in studi africani, abitante nel quartiere multietnico del Queens, fino a sei mesi fa era un semisconosciuto consigliere municipale. Ieri ha ribaltato tutti i pronostici e sorpreso anche il Partito democratico, conquistando il 44 per cento di consensi, otto più di Andrew Cuomo, e che con la redistribuzione delle preferenze multiple indicate nelle schede dei candidati arrivati nelle ultime posizioni, gli consentirà di raggiungere nei prossimi giorni quel 50 per cento +1 necessario per ottenere la nomination.

 

Il favorito era Cuomo, che aveva tentato di rientrare nella politica dopo le dimissioni dalla guida dello stato di New York legate ad accuse di molestie sessuali. L’ex governatore era sostenuto dalla comunità ebraica e dall’ex sindaco, il miliardario Michael Bloomberg, che aveva messo più di venti milioni di dollari per finanziare la sua campagna.

Mamdani, figlio di un professore alla Columbia University, e della regista vincitrice a Venezia nel 2001 con “Monsoon wedding – Matrimonio indiano”, Mira Nair, ha scalato in pochi mesi tutti i sondaggi, conquistando i giovani, i bianchi e le persone con un livello culturale alto. Molti vivono nella ricca Manhattan, segno che l’agenda socialista del candidato piace anche a chi ha un reddito alto.

 

Lo ha fatto non toccando i temi cari alla campagna di Kamala Harris – valori, democrazia, pericolo Trump – ma parlando di temi concreti: soldi, rette, il prezzo delle mele e dei farmaci. E ancora: gli affitti troppo alti, i costi per i trasporti, le paghe troppo basse, l’incertezza sanitaria, l’istruzione pubblica. E proponendo una ricetta radicale: tassare i ricchi e le corporation e impiegare quei soldi per rendere a milioni di newyorkesi la vita più sostenibile. In una città che negli ultimi vent’anni sta cambiando dna, frutto della grande immigrazione che ha popolato quartieri come Bronx, Queens e Brooklyn, questa agenda è stata accolta come puro buon senso.

 

Le proposte di Mamdani sono state attaccate dai grandi gruppi newyorkesi, mettendo insolitamente sulla stessa linea due quotidiani agli antipodi ideologicamente: il New York Times e il New York Post. Entrambi hanno dipinto Mamdani come un rischio, un salto nel buio, il candidato improbabile e, soprattutto per il Post, “pericoloso” per le sorti della città. Lo hanno presentato come la botola spalancata sull’inferno della deregulation e della criminalità senza opposizione.

 

In realtà la sua ricetta, rivolta alla classe media e a quella più debole, ha portato l’attenzione sui tre quarti degli abitanti di New York, che devono combattere ogni giorno con il costo della vita e non sanno se potranno pagare il prossimo affitto o garantire gli studi ai figli. Adams, eletto nel 2021 come Democratico, si è sfilato dalle primarie, preferendo correre come indipendente, anche perché avrebbe avuto pochissime chance di venire eletto: dopo essere stato accusato di corruzione, sospettato di aver intascato soldi e regali di lusso da entità legate al governo turco – un reato federale che può portare ad almeno dieci anni di carcere – Adams ha stretto un patto con Donald Trump: gli ha garantito mano libera sulle deportazioni degli immigrati in cambio dell’immunità dai processi. I Democratici, che lo avevano eletto quattro anni fa per mancanza di alternative, non lo avrebbero rivotato quest’anno.

 

Adesso il sindaco ex poliziotto vuole proporsi come l’amministratore esperto contro il neofita. Lo sceriffo contro il pacifista. Per i Repubblicani correrà ancora Curtis Sliwa, già candidato nel 2021, famoso solo per aver fondato gli Hell’s Angels, una improbabile squadra di giustizieri della notte decisa a contrastare la criminalità. Non ha molte chance neanche quest’anno, e qualcuno ironizza sul fatto che abbia più gatti in casa che elettori. Perderà anche perché uno sceriffo in città c’è già: Adams.

 

Mamdani, però, ha inviato un altro messaggio nuovo: il problema, ha detto, non è la criminalità – i reati in generale sono in diminuzione – ma riuscire a vivere tra conti e bollette da pagare. La gente lo ha capito. Adesso lo attende una sfida molto difficile e lui dovrà dimostrare di esserne all’altezza.

 

Non sarà facile: passerà dal ruolo di consigliere municipale a potenziale sindaco di una città con un budget di cento miliardi di dollari. Sara’ davvero in grado di imporre la sua linea di attenzione alla gente non ricca? Il piano di congelamento degli affitti, di autobus gratuiti e l’apertura di supermercati comunali con prezzi calmierati dovrebbe costare dieci miliardi di dollari. Soldi che, ha spiegato Mamdani, dovranno arrivare dalla nuova tassazione di ricchi in una città dove vivono più di centoventi miliardari e quasi 400 mila milionari.

 

Il conservatore New York Post ha titolato oggi “Nyc Sos”, come a dire: chi salverà la città dal radicale socialista? New York può diventare la piattaforma nazionale per un ringiovanimento della classe dirigente democratica e indicare una nuova strada per riconquistare, nell’America trumpiana, il voto dei giovani e della classe media: parlare della vita di tutti i giorni. 

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