venerdì, Luglio 4, 2025
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Cronache dal mondo perfetto, l’oblio

AGI – Pare che un mondo perfetto esista. Si trova in un tempo futuro e indeterminato. Non vi sono caos, finzione e sopruso. Però l’assenza di turbamenti si paga a caro prezzo. Il pianeta è immerso nell’oblio: non ha memoria. Chi abita quel posto non prova emozioni né ha un proprio nome da pronunciare. Non deve essere persona consapevole ma semplice individuo parte di una collettività. 

L’altrove immaginato da Francesca Daccò – romana, avvocato, autrice del libro “Semper globus verus” (TerreSommerse, 257 pp., 18 euro) – sembra una terribile provocazione. Se questo mondo rischia di diventare inospitale e scomparire, una soluzione c’è. Ma la terra promessa è priva dei meccanismi delle sensazioni. E ne offre lo scorcio.

Nella realtà che si immagina non ci sono problemi ed è vissuta da anonimi che non conoscono amore né umori. Ciascuno è identificato da una combinazione alfanumerica e non può conservare neppure un vago ricordo del suo passato. Se frammenti rimangono allora bisogna sottoporsi a decontaminazione. La reminiscenza è pericolosa, l’ambiente è senziente e potrebbe percepirla come minaccia contro di sé innescando l’immediata autodistruzione. Della vita precedente è ammessa una sola traccia. È rappresentata dal colore dei capelli. Ognuno ha il suo: dal viola al rosso, dal giallo al rosa e così via. 

“La storia è una sublimazione – spiega la scrittrice – Nasce dal periodo di costrizione che abbiamo vissuto durante il Covid. Anche se l’ho scritto in un momento successivo – aggiunge – ho preso lo spunto da quel periodo di privazione, soprattutto dei contatti fisici, delle interazioni sociali”.

Nel 2023, Daccò è arrivata prima nella sezione racconti al premio nazionale di poesia Città di Partanna Grifo d’Argento, l’anno dopo seconda ex aequo alla stessa rassegna, ricevendo anche il Diploma d’Onore allo Switzerland Literary Price. Questo è il suo primo libro.

Il filone si direbbe post-apocalittico, dove il genere umano è reduce da una catastrofe (una pandemia) e il sistema che è rimasto in orbita (?) ha sviluppato quasi un istinto di autoconservazione. All’inizio, la dimensione nella quale i personaggi si muovono appare reale. E c’è un’”eroina”. Viene recuperata in un globo ripieno di un plasma dorato: ricorda come si chiama e non vuole assolutamente rinunciare alla sua vera identità. Sul pianeta l’esistenza procede liscia, ma come il ghiaccio.

Gli abitanti vivono dimentichi e non si accorgono di niente. La realtà è piatta e noiosa: non ci sono i disordini causati dalla falsità e nemmeno eccessi per la gioia di vivere. È il regno del grigio, di cui sono tinti gli abiti che si indossano e finanche il bordo delle pagine e la copertina del libro. Giochi di potere non mancano. Esistono il capo, il suo cerchio magico, le “umane” aspirazioni e altro. Però è un principio meritocratico a regolare il tutto. Con un particolare. È ben evidente nel disegno sul frontespizio dell’opera: rivoli d’oro che colano dalle venuzze scure di una spaccatura.

Di che cosa? Di quel “globus” spento o è l’apertura su un al di là? Non si sa, lascia solo pensare che ci sarà un seguito, perché il finale non spiega quel che si vorrebbe sapere ma aggiunge altre cose da capire. “Firmerò una trilogia – annuncia Francesca Daccò – e il colore delle pagine cambierà”. Forse anche il mondo.

 

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