domenica, Luglio 27, 2025
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Impiccato in una cella l’SS testimone della Shoah

AGI – Suicidio per depressione o per rimorso, oppure omicidio per far tacere un testimone scomodo. Il 25 luglio 1945 Kurt Gerstein veniva ritrovato impiccato in una prigione di Parigi. Era un ufficiale SS che si era consegnato ai francesi, il quale il 26 aprile a guerra ancora in corso aveva scritto un dettagliato rapporto in francese, poi tradotto in tedesco il 4 maggio, che diventerà un documento d’accusa al Processo di Norimberga e a quello ad Adolf Eichmann in Israele. Ma Gerstein aveva fatto ben altro, prima di mettere nero su bianco quello che aveva visto e aveva scoperto: durante la guerra aveva tentato di fermare lo sterminio di massa informandone la Svezia e il Vaticano. Non riuscendoci. Nonostante questo si era ritrovato accusato di crimini di guerra per aver condotto le procedure d’acquisto del gas Zyklon B per Auschwitz, in qualità di membro dell’Istituto d’igiene delle Waffen-SS. 
  

Arrestato ed espulso dal partito nazista 

Gerstein si era iscritto al Partito nazista nel 1933, due anni dopo la laurea in ingegneria e a cinque mesi dalla nomina di Hitler a cancelliere. Il padre gli aveva inculcato un profondo nazionalismo. Eppure, nonostante non fosse un praticante, leggeva la Bibbia e nel 1934 si avvicinò alla Chiesa confessante tedesca che si opponeva al tentativo di unificare le chiese protestanti in un’istituzione filonazista. Per questo entrò in contrasto col padre. Per un suo gesto eclatante di denuncia del neopaganesimo durante la rappresentazione di un’opera venne aggredito e picchiato dalle SA e nel 1936 persino arrestato per aver fatto volantinaggio antinazista in favore dell’autonomia della chiesa dal partito. Dopo cinque settimane in carcere fu espulso dal partito. E allora si mise a studiare medicina, e intanto sposò Elfriede, figlia di un pastore protestante. Nuovamente arrestato nel luglio 1938, sempre per attività antinaziste, venne liberato dopo sei settimane di detenzione e riammesso nel partito con tessera del 10 giugno 1939, per intercessione del padre che così rimuoveva l’ostacolo alla carriera come ingegnere minerario. 

  

 

I sospetti sul programma di eutanasia e la decisione di arruolarsi nell’Esercito nero 

La morte della cognata Berta in un ospedale psichiatrico nel febbraio 1941, uno dei sei centri clandestini del programma di eutanasia, lo portò a sospettare che fosse stata assassinata. Alcune voci erano iniziate a circolare e Gerstein, per saperne di più, decise di arruolarsi nelle SS, mossa che doveva allontanare ogni sospetto su di lui e sul suo passato. Dopo due mesi di addestramento il I giugno venne assegnato all’Istituto d’Igiene delle Waffen SS a Berlino, dove si dedicò alle tecniche per il controllo dei parassiti e il mantenimento della potabilità dell’acqua per i soldati al fronte. Fu promosso sottotenente e poi nel 1943 tenente. 
  

La scoperta della Soluzione finale e le informative ai Paesi neutrali 

Il suo ruolo gli permise di entrare a conoscenza della Soluzione finale, attraverso i massicci quantitativi di acquisto di gas Zyklon B richiesti da Auschwitz e altri campi di sterminio. Durante un’ispezione, nell’agosto 1942, divenne testimone oculare di ciò che accadeva a Bełżec, dove i prigionieri ebrei venivano sterminati con i gas di scarico dei motori dei carri armati sovietici. Nel rapporto scriverà queste parole: «Molti pregano. Io prego con loro, mi rannicchio in un angolo e grido a gran voce al mio e al loro Dio». E nel 1945 racconterà nei minimi dettagli, nero su bianco, ciò a cui ha assistito. Ma fa anche altro. In quel momento matura il convincimento che il mondo deve essere informato di quegli orrori. Durante un viaggio in treno Varsavia-Berlino fa conoscenza occasionale del diplomatico svedese Göran von Otter segretario della legazione nella capitale tedesca. Gli racconta tutto, ben sapendo che sta rischiando la vita, e gli dice di inoltrare queste informative a chiunque possa far cessare i massacri. Non si ferma a questo: contatta il diplomatico svizzero Paul Hochstrasser, si rivolge ai funzionari del Vaticano e cerca di parlarne di persona al nunzio apostolico Cesare Orsenigo che però non gli concede udienza, forse temendo una trappola, arriva al Governo olandese in esilio, si rivolge alla Chiesa confessante e alla resistenza tedesca. Ma niente perviene agli Alleati. 

  

Il mistero sulla morte, il tentativo di salvarlo e la riabilitazione dopo venti anni 

E allora nell’aprile 1945 si consegna alle truppe francesi in Germania dichiarando di averlo fatto per consentire agli Alleati di punire i responsabili dello sterminio. In un primo tempo è trattato con tutti i riguardi, tant’è che è trattenuto ai domiciliari in un hotel, ma in seguito viene rinchiuso in cella a Costanza e poi al carcere di Cherche-Midi a Parigi. Sospettano di lui, perché è comunque un SS, e che sia un criminale di guerra che vuole farla franca scaricando responsabilità su altri. Scrive allora il suo rapporto in cui racconta ciò che ha visto e i contenuti delle conversazioni con von Otter e con tutti quelli che ha contattato. Il 25 luglio i secondini francesi trovano il suo corpo privo di vita appeso a una corda. Non si è mai scoperto se si sia suicidato, indotto al suicidio oppure ucciso da altre SS. La sua testimonianza scritta verrà utilizzata per punire i responsabili della Shoah e degli omicidi di massa, ma non bastò a salvaguardarne la memoria perché il 17 agosto 1950 il tribunale di denazificazione di Tubinga lo dichiarò criminale nazista per aver aiutato a produrre e a distribuire lo Zyklon B, in virtù del suo ruolo nell’Istituto d’Igiene delle Waffen-SS. Alla vedova Elfriede fu persino negata la pensione. Sarà per intercessione del barone von Otter e di altre personalità che avevano conosciuto Gerstein e il suo ruolo a ottenere prima la grazia dalle autorità federali tedesche e poi la riabilitazione, venti anni dopo la morte. Otter aveva a suo tempo informato le autorità svedesi di quanto appreso da Gerstein in treno, mentre tornava da Treblinka, senza riuscire a persuaderle a rivolgersi ai governi alleati. Nel 1945 aveva tentato in ogni modo di rintracciare il tedesco, ma non era riuscito a fare in tempo a salvarlo. Per tutta la vita il diplomatico soffrì di crisi depressive. Morì nel 1988. 

 

 

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