AGI – L’Agenzia Giornalistica Italia, l’Agi come viene comunemente indicata, compie 75 anni. Fu fondata un giorno di fine luglio del 1950. L’anagrafe le attribuisce quindi il ruolo di vecchia signora dell’informazione nazionale, al pari di altre testate altrettanto autorevoli e in qualche caso un po’ più vetuste.
Ma l’età di una testata non è necessariamente una colpa, perché maneggiare notizie è mestiere che richiede esperienza, e l’esperienza non si inventa. Settantacinque anni sono pertanto, al tempo stesso, riconoscimento di un lavoro passato e garanzia di capacità futura.
Un’agenzia nata in un’altra Italia
Italiana fin nel nome e fin dal concepimento, l’Agi venne al mondo quando l’Italia era molto diversa da ora, e infatti si è trasformata non poco. Quell’estate del 1950 vide, per dire, il ritrovamento del corpo del bandito Giuliano – primo mistero e cold case nazionale –, la nascita del fronte sindacale unitario CGIL-CISL-UIL e il suicidio di Cesare Pavese.
Nonché il varo di una legge sui migranti, che però erano gli italiani che andavano nelle Americhe e soprattutto in Nordeuropa, previo accordo tra le capitali per l’esportazione di manodopera che si prometteva essere qualificata.
La sfida dell’informazione nei decenni
Erano davvero altri tempi. In quel Paese che oggi, ineluttabilmente, definiamo povero ma bello, l’Agi mosse i primi passi e anche i secondi e poi i terzi: non senza difficoltà e non senza ardimenti, vista la concorrenza che all’epoca era meno numerosa ma altrettanto spietata di quella di oggi.
Ebbe il merito di sopravvivere, che non è poco, e anche quello di essere fonte alternativa di notizie: il pluralismo dell’informazione è sempre cosa commendevole. Quelli, del resto, erano i tempi in cui persino un autocrate come Mao Tse-Dong teorizzava: “Che mille fiori sboccino, che mille scuole aprano”. Si può quindi concludere che con l’Agi il Paese compì, anche in questo campo, un Grande Balzo in Avanti.
L’acquisizione da parte dell’Eni
Nel 1965 giunse l’acquisizione da parte dell’Eni (che all’epoca veniva indicato ancora con l’articolo, quindi noi – filologicamente corretti – facciamo altrettanto). Il nuovo editore riorganizzò e rilanciò.
Certe sfide infatti non vanno mai in pensione: l’editoria è terreno in cui l’innovazione impone aggiornamenti quotidiani e radicali. Sembra ieri che in redazione si usavano delle magnifiche Olivetti Lexikon 80 che, se ti cadevano su un piede, finivi in malattia per un paio di mesi, e non era una finta.
Adesso il problema è come fare a non soccombere di fronte a quei sapientoni di ChatGPT, loro e quell’Intelligenza Artificiale che in fondo ci si chiede se alla fine non ci inghiotta come un buco nero. Chissà.
Però una cosa va ammessa: quando, sulla bancarella di un mercatino, scorgiamo una Lexikon 80, ancora adesso sentiamo un moto di nostalgia che nemmeno Rascel nei panni di Policarpo l’Ufficiale di Scrittura provava nei confronti del suo amatissimo pennino.
Tra passato e futuro: la continuità della redazione
Ma tutto scorre, non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume e non si entra mai due volte nella stessa redazione. Di acquirenti potenziali, in questi anni, l’Agi ne ha avuti diversi, ma siccome l’argomento di questo articolo è ciò che è stato e non ciò che avrebbe potuto essere, ci arroghiamo il diritto di non aggiungere altro; a parte notare che, se qualcuno è interessato a te, di solito vuol dire che non sei affatto disprezzabile.
Il primato femminile nella direzione
Rivendichiamo, semmai, un record in un mondo che guarda ai primati come fossero l’unico metro di misura della qualità. Si tratta di un record di cui andare fieri: l’Agi è stata la prima tra le fonti primarie di informazione ed una delle primissime testate in assoluto ad essere diretta da una donna.
Si chiamava Gianna Naccarelli, erano gli anni ’80 del secolo scorso e il suo braccio destro era la Signora Giannini, cui tutti davano del lei e di cui nessuno conosceva il nome di battesimo. Il capo della cronaca era Luciana Giampaoletti. Tutto al femminile. Solo il vicedirettore apparteneva alla metà restante del cielo, si chiamava Fausto Belfiori e, da persona coltissima qual era, seppe interpretare i tempi, anche nelle stagioni successive.
Tra generazioni e nuovi orizzonti
La continuità è infatti una delle caratteristiche precipue della redazione dell’Agi, al cui interno qualcuno si trova da quarant’anni suonati, rischiando di restarcene ancora diversi altri. Non se ne lamenta, lasciamo quindi che se la goda.
I giovani sono tanti e in buona parte scalpitanti. Forze fresche che promettono bene. Ehi, bocia, ascolta il vecio e andrai lontano.
Un futuro che parte dalla memoria
Del resto, cosa sono, in fondo, 75 anni? L’Istat li considera la soglia della Terza Età. Ma quando si trattò di compierne 65, allora era proprio quello l’ingresso nella vecchiaia.
La circostanza ci induce a concludere che, di qui all’ottantesimo anniversario, il limite si sarà spostato ancora più avanti, come Achille con la tartaruga, e che noi saremo ancora là: con la nostra quotidiana guerra contro le Chiedi a ChatGPT.
E ci ricorderemo, come facciamo oggi, del 1950 e di un’Italia povera ma bella che non c’è più. Nel blu dipinto di blu.