lunedì, Agosto 11, 2025
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Che cosa succede quando un robot diventa parte di una famiglia

AGI – Il rapporto che instauriamo con la tecnologia può diventare saldo e profondo, specialmente se ci si relaziona con i robot fin dalla primissima infanzia. È quanto è successo con Luka, un piccolo robot progettato per aiutare i bambini con la lettura, e diventato poi nella maggior parte dei casi, un ricordo prezioso per genitori e figli.

Dettagli dello studio su Luka

A descrivere queste curiose dinamiche è uno studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Robotics and AI, condotto dagli scienziati dell’Università di Guelph. Il team, guidato da Zhao Zhao, ha coinvolto 19 famiglie canadesi di Toronto, reclutate tramite scuole dell’infanzia e reti di genitori della zona. Tutti i nuclei familiari avevano acquistato Luka, un piccolo robot a forma di gufo disponibile in commercio.

L’esperimento e i risultati nel tempo

L’esperimento, avviato nel 2021, ha coinvolto bambini in età prescolare che stavano imparando a leggereLuka scansionava le pagine di libri illustrati e le leggeva ad alta voce, aiutando i bimbi a sviluppare le prime competenze di lettura e scrittura. Nel 2025, riportano gli autori, 18 famiglie avevano ancora il robot, molti lo caricavano, alcune lo usavano come lettore musicale, mentre per altre era un ricordo, che stazionava su uno scaffale.

Il significato emotivo dei robot

“Questi risultati – afferma Zhao – rivelano qualcosa di profondo sul modo in cui le persone interagiscono con la tecnologia: i robot possono essere compagni di vita che assumono nuovi significati nel tempo”. Durante le interviste, uno dei bambini ha definito Luka “il mio fratellino”, mentre un altro lo considerava “l’unico animale domestico che abbia mai avuto”. Alcuni genitori hanno dichiarato di conservarlo più per sé che per i figli, un ricordo nostalgico delle favole della buona notte e dei primi traguardi raggiunti. “Lo scopo primario di Lika, quello di favorire l’insegnamento alla lettura – sottolinea Zhao – era sparito, ma il suo ruolo emotivo si era approfondito. Le famiglie se ne prendevano cura e avevano sviluppato un attaccamento duraturo”.

Oltre la funzionalità: i robot come ricordi

Nel campo di ricerca dell’interazione uomo-computer (HCI), sostengono gli esperti, ci si concentra spesso sulla novità, sulle metriche di coinvolgimento e sulle prestazioni. Questo lavoro, però, dimostra che anche un robot relativamente semplice può diventare parte della vita simbolica di una famiglia. Come un peluche o un disegno incorniciato dall’infanzia, Luka è passato dalla funzione alla memoria. “Non potevamo buttarlo via – ha sostenuto un genitore – è come se facesse parte della nostra storia”. Un altro intervistato ha scherzato dicendo che il robot avrebbe probabilmente seguito il figlio all’Università.

La transizione da tutore a compagno

“Anche la collocazione di Luka è stata rilevante – continuano gli autori – il dispositivo era stato riposto su librerie, scrivanie e comodini, in alcuni casi aveva un centrino o un’etichetta con il nome. Non erano gadget da riporre. Erano oggetti da esporre. Ciò significa che dobbiamo iniziare a pensare ai robot in termini diversi, immaginando una transizione da tutore a compagno, da aiutante a ricordo. L’attaccamento emotivo può sopravvivere alla novità”.

Reinterpretazione dei robot da parte dei bambini

Persino il rapporto dei bambini con i robot, sostengono gli scienziati, dovrebbe essere rivisto. “I piccoli partecipanti hanno reinterpretato le funzioni di Luka – aggiungono gli studiosi – alcuni hanno iniziato a insegnare al robot a loro volta, altri hanno inventato storie delle buona notte per lui o lo hanno usato per calmare un fratellino più piccolo”.

Sviluppare rituali di “abbandono”

“Dopotutto – conclude Zhao – se un robot ha fatto parte dei primi anni di vita di tuo figlio, non ti limiti a staccargli la spina. Gli dici addio. Ecco perché dovremmo sviluppare rituali di abbandono che riconoscano il legame che si è creato. Man mano che sempre più famiglie introducono nelle loro case dispositivi di assistenza basati sull’intelligenza artificiale, dovremo comprendere meglio non solo come vengono utilizzati, ma anche come vengono ricordati”.

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