AGI – La giovane donna, con la bocca sigillata con del nastro adesivo e un lungo abito bianco macchiato di rosso sangue, sfila combattiva sul podio, mostrando un messaggio: “Stop alla violenza di genere“. A Kibera, la più grande baraccopoli del Kenya, il concorso di bellezza è un grido di “protesta” per le sue candidate, raramente ascoltate nella vita quotidiana. Sulla canottiera di un’altra partecipante si legge “smettete di ucciderci“, in riferimento alle manifestazioni di giugno e luglio contro il governo del Kenya, represse nel sangue, durante le quali sono morti 65 manifestanti.
“Mister e Miss Kibera” non è un concorso di bellezza tradizionale, osserva il suo fondatore Ben Ooko. Mette soprattutto in risalto “lo splendore e l’intelligenza”, continua dal parcheggio di una chiesa dove si tiene l’evento, a pochi passi dall’immensa baraccopoli. Sul podio, i candidati spiegano di voler lottare per i giovani, contro l’alcolismo e la droga, per la libertà di espressione in una baraccopoli di centinaia di migliaia di anime dove molti vivono ancora in condizioni insalubri, senza acqua né elettricità, nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni.
Cambiare tutto
“Molte persone non vedono nulla di positivo in una baraccopoli”, osserva Ben Ooko. “Eppure nella nostra comunità ci sono dei diamanti nascosti che aspettano solo di essere scoperti“. “Mister e Miss Kibera” insegna quindi ai partecipanti a esprimersi e a muoversi in pubblico, ma anche a credere in se stessi, spiega.
Di fronte al palco, centinaia di spettatori, alcuni seduti su sedie di plastica, altri che ballano freneticamente, incoraggiano i loro beniamini. Dietro le quinte, numerose associazioni locali vendono sotto un tendone i prodotti che serviranno a finanziare le loro attività. Uno stand propone graziose borse in pelle con la scritta “Rebirth of a Queen” (Rinascita di una regina, ndr), nome di un rifugio per donne maltrattate.
La sua fondatrice, Pauline Akinyi, 30 anni, ha partecipato nel 2016 a Miss Kibera. “Era la prima volta che parlavo delle violenze sessuali che avevo subito da bambina, la prima volta che uscivo dal mio senso di colpa”, racconta. Ma era anche la prima volta che indossava scarpe con i tacchi e che una folla la ascoltava.