AGI – Gli alti e snelli faggi, con le loro chiome dense e verde scuro, simbolo per eccellenza delle foreste temperate europee, potrebbero scomparire da molti paesaggi entro la fine del prossimo secolo. Lo dimostra un nuovo studio globale condotto dall’Università di Aarhus e dall’Università di Wageningen, pubblicato sulla rivista Pnas.
Oggi il faggio prospera nella fascia temperata delle foreste decidue, che si estende dalla Svezia meridionale alla Francia centrale. Ma in futuro dovrà affrontare condizioni climatiche sempre più difficili: estati più calde e secche, simili a quelle mediterranee, che metteranno a dura prova la specie. Secondo i ricercatori, il 69% delle specie arboree sarà esposto ad aree climatiche significativamente diverse da quelle attuali.
Rischio estinzione e foreste rifugio
In queste aree il rischio di estinzione sarà elevato. In Germania, ad esempio, l’abete rosso sta già morendo a causa del caldo e della siccità, fattori che rendono gli alberi vulnerabili a malattie e parassiti. Tuttavia, esistono anche aree in cui il clima resterà idoneo, i cosiddetti rifugi climatici, cruciali per la sopravvivenza delle specie arboree. Ma dal punto di vista degli ecosistemi forestali le prospettive restano negative.
Il rischio per Amazzonia e taiga
Lo studio evidenzia conseguenze drammatiche anche per vaste aree di foresta boreale, come la taiga, e per importanti foreste tropicali, tra cui l’Amazzonia. Qui, molte specie saranno esposte a temperature senza precedenti, con il rischio di collasso degli ecosistemi. Un fenomeno che non solo ridurrà la biodiversità, ma accelererà il cambiamento climatico a causa del rilascio di grandi quantità di carbonio.
Finora le politiche per la biodiversità si sono concentrate sull’ampliamento delle aree protette. Ma per Jens-Christian Svenning, direttore del Centro Econovo di Aarhus, non è sufficiente. Nei territori al margine delle fasce climatiche, il cambiamento può risultare catastrofico, trasformando aree mediterranee in zone desertiche, come già avviene in alcune regioni dell’Europa meridionale. Per i ricercatori occorre pianificare interventi di migrazione assistita delle specie e rafforzare la protezione delle foreste meno esposte a pressioni climatiche.