AGI – Nove anni di dolore, silenzi e rifiuti burocratici. È durata quasi un decennio la battaglia di Mauro Giuseppe Sardu e Ombretta Romanin, marito e moglie torinesi, sopravvissuti alla strage del 14 luglio 2016 a Nizza. Una notte di festa, trasformata in orrore dal camion lanciato a tutta velocità sulla folla sulla Promenade des Anglais: 86 morti, tra cui sei italiani, e oltre 400 feriti. Quel dramma, per i due coniugi, non si è mai chiuso.
Nonostante lo Stato francese avesse riconosciuto subito la loro condizione di vittime del terrorismo, lo Stato italiano aveva negato loro dignità e diritti. Prima la Prefettura di Torino, poi il ministero dell’Interno, avevano respinto le richieste, arrivando perfino a mettere in discussione la loro presenza sulla scena dell’attentato. A quel punto, la coppia si è rivolta all’Osservatorio Vittime del Dovere e all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’associazione, che ha intrapreso una dura battaglia legale contro il ministero.
La vicenda processuale
Bonanni ha raccolto una mole di documenti ufficiali provenienti dal Governo francese – dal tracciamento Gps dei cellulari al riconoscimento della medaglia nazionale alle vittime del terrorismo -, che hanno smentito punto per punto le tesi dell’Avvocatura dello Stato. Alla prima udienza, il colpo di scena: la stessa Avvocatura ha dovuto riconoscere la presenza dei coniugi a Nizza. Il tribunale, con una consulenza medico-legale, ha poi accertato le gravi conseguenze psicologiche dell’attentato: un disturbo post-traumatico da stress cronico che ha stravolto le loro vite. La sentenza ha fissato per entrambi un’invalidità del 43%, riconoscendo il diritto a un assegno vitalizio di 500 euro e a uno speciale assegno mensile di 1033 euro.
“Giustizia è stata fatta – ha commentato Bonanni – questa sentenza dimostra che Davide può vincere contro Golia. Due vittime del terrorismo che, grazie anche agli atti ufficiali del Governo francese, sono riuscite a ottenere la condanna di organi dello Stato italiano”. I due coniugi, invece, parlano di anni di sofferenza e umiliazione: “Mi sento abbandonato dallo Stato al quale appartengo”, ha detto Mauro Sardu.
“Ci auguriamo che il ministro Piantedosi prenda provvedimenti contro chi ci ha costretti a un calvario giudiziario lungo nove anni”. La sentenza, pubblicata lo scorso maggio dal tribunale di Torino, è passata in giudicato: il ministero non ha presentato appello. Eppure, denunciano i legali, gli importi dovuti non sono ancora stati liquidati. La decisione dei giudici piemontesi ha un valore simbolico forte: riconosce che anche le ferite invisibili, quelle psicologiche, possono avere conseguenze permanenti devastanti quanto quelle fisiche. Per Ombretta Romanin, l’attentato ha significato la fine della sua scuola di danza e la rinuncia al sogno di maternità. Per Mauro Sardu, la perdita della sua professione e l’isolamento sociale.
“Abbiamo perso i nostri progetti di vita – raccontano -, e solo grazie a questa sentenza ci sentiamo, almeno in parte, risarciti moralmente”. La notizia arriva in occasione della Giornata mondiale delle vittime del terrorismo, che si celebra il 21 agosto. Una ricorrenza che non deve restare soltanto memoria, ma che, come ricorda Bonanni: “Deve tradursi in una tutela concreta e non discriminatoria per tutte le vittime, anche per quelle i cui traumi non si vedono a occhio nudo”.