AGI – L’attacco di droni ucraini a una raffineria russa a 1.500 km dal confine è soltanto l’ultimo capitolo della guerra dei droni, un fronte tecnologico dove l’Ucraina, secondo l’inviato statunitense Keith Kellogg, ha superato persino gli Stati Uniti.
Mentre a Ufa, nella Repubblica del Bashkortostan, si verificavano esplosioni e incendi, a Kiev si svolgeva la conferenza sulla strategia europea di Yalta, dove le dichiarazioni di Kellogg hanno evidenziato due punti chiave: la superiorità ucraina nella tecnologia dei droni e la debolezza russa sul campo di battaglia.
Un colpo a 1.500 km dal confine
Secondo l’intelligence militare ucraina (Hur), un attacco di droni kamikaze ha preso di mira la raffineria di Bashneft-Novoyl, uno dei principali impianti di lavorazione del petrolio della Russia. La distanza, circa 1.500 km dal confine, sottolinea la crescente capacità dell’Ucraina di colpire obiettivi strategici in profondità nel territorio russo. Le fonti di intelligence ucraina hanno riferito di “diverse potenti esplosioni, seguite da un enorme incendio”, e che le infrastrutture critiche, inclusa una colonna a vuoto, hanno subito “danni significativi”.
Sui social media, i residenti di Ufa hanno testimoniato di aver sentito esplosioni e visto droni prima che la raffineria prendesse fuoco. Le autorità regionali hanno prontamente dichiarato un’allerta per la minaccia dei droni, portando alla sospensione delle operazioni all’aeroporto di Ufa e all’interruzione dei servizi internet mobile in tutta la città.
A Mosca, la risposta del Ministero della Difesa russo è stata affidata ai numeri. L’agenzia Tass ha riportato che nella notte i sistemi di difesa aerea russi hanno intercettato e distrutto “80 velivoli senza pilota di tipo aeronautico ucraini”, distribuiti in diverse regioni, dal Mar d’Azov alla regione di Bryansk, fino a quella di Rostov.
L’Ucraina, leader mondiale della tecnologia dei droni
Parallelamente agli eventi sul campo, a Kiev, l’inviato statunitense Keith Kellogg ha fatto una dichiarazione che non è passata inosservata: “L’Ucraina sembra ora essere leader mondiale nella tecnologia della difesa. È, di per sé, un argomento piuttosto valido per renderla membro dell’Unione Europea“. Kellogg, inviato speciale di Donald Trump per l’Ucraina e uno dei suoi principali collaboratori per la negoziazione di un accordo di pace, ha sottolineato che gli Stati Uniti sono “molto indietro” in questo settore.
L’affermazione trova riscontro nei progressi compiuti da Kiev, che dall’inizio dell’invasione russa ha ampliato la produzione di droni per aria, terra e mare, con l’obiettivo di produrne 30.000 a lungo raggio nel 2025. Un’industria in piena espansione che ha attirato l’interesse degli Stati Uniti, tanto che il presidente Volodymyr Zelensky ha annunciato un potenziale contratto di vendita agli USA del valore di 10-30 miliardi di dollari. L’Ucraina ha anche siglato un accordo di coproduzione con l’azienda statunitense Swift Beat.
La Russia dipende dalla Cina e perde la guerra
Sempre dalla conferenza di Yalta, Kellogg ha offerto una prospettiva critica sulle dinamiche del conflitto. Sebbene la Russia stia ottenendo modesti guadagni territoriali nell’Ucraina orientale, il generale in pensione ha ribadito che Mosca è “ben lontana dalla vittoria sul campo di battaglia”. “La Russia, di fatto, sta perdendo questa guerra“, ha dichiarato Kellogg, pur riconoscendo i progressi a Donetsk e nel Donbass, ma definendoli “avanzamenti a metri, non a miglia”, che hanno un “costo che stanno pagando è enorme”.
Un’altra vulnerabilità cruciale evidenziata da Kellogg è la dipendenza di Mosca dalla Cina. Descrivendo la Russia come il “partner minore” di questa alleanza, l’inviato americano ha affermato che “se la Cina interrompesse oggi il suo sostegno alla Russia, la guerra sarebbe finita domani”.
Le sanzioni internazionali si stringono
In questo quadro, anche il fronte diplomatico si muove. Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha imposto un divieto quasi totale di esportazione verso una trentina di aziende – cinesi, turche, degli Emirati Arabi Uniti, indiane, singaporiane e taiwanesi – accusate di aiutare la Russia ad aggirare le sanzioni. Il Dipartimento ha dichiarato che queste entità hanno fornito beni al settore militare-industriale russo, agendo “in contrasto con la sicurezza nazionale o gli interessi di politica estera degli Stati Uniti“.
Andrii Yermak, capo dell’ufficio del presidente ucraino, ha ringraziato gli USA per questo “altro passo importante per smantellare la capacità del Cremlino di sostenere la sua macchina da guerra“.
Dalla Polonia, inoltre, è arrivato il pieno sostegno alle iniziative del presidente statunitense Donald Trump per imporre nuove sanzioni, in particolare l’esortazione a tutti i paesi della NATO di interrompere gli acquisti di petrolio russo. Il ministro della Difesa polacco, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, ha confermato la posizione del suo paese, ribadendo: “Siamo inequivocabili sugli acquisti dalla Federazione Russa: diciamo categoricamente ‘no’ a tali importazioni”.