AGI – Oggi è la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, una malattia ancora incurabile che colpisce circa 4 milioni di italiani. Le proiezioni indicano un raddoppio dei casi entro il 2050, a causa dell’invecchiamento della popolazione. Si tratta di una delle malattie più misteriose, capace di trasformare la vita dei pazienti in una foto sbiadita, in una progressiva perdita di punti di riferimenti e ricordi. Una malattia che trasforma l’esistenza in un labirinto senza uscita, la realtà in un’ombra deformata dove è difficile muoversi e aggrapparsi. Una patologia capace di resettare il cervello al punto di rendere estranei pazienti e familiari.
Il Censis, in un rapporto di settembre 2024, rileva che a esserne colpite sono soprattutto le donne (62,2%) e oltre il 70% di caregiver sono di sesso femminile, in prevalenza figlie per le mamme più longeve, che sono più spesso vedove, e mogli dei pazienti di sesso maschile. La famiglia rimane comunque il soggetto centrale dell’assistenza e, se possibile, il caregiver appare ancora più solo, può contare su un minore supporto da parte degli altri membri della famiglia e della badante. Osserva ancora il Censis che uno su cinque riferisce di non ricevere alcun aiuto e si abbassa anche la quota (dal 48,6% del 2015 all’attuale 41,7%) di chi afferma di poter contare su l’aiuto di altri familiari.
Il ricorso alla badante coinvolge il 41,1% circa delle famiglie, in linea con le precedenti rilevazioni, ma il loro apporto tendenzialmente minore è segnalato dal fatto che si inverte la proporzione tra badanti conviventi e non, con una quota prevalente di non conviventi (28,3% contro il 14,6% del 2015).
I costi sociali della malattia
Secondo gli studi internazionali, il 40% dei caregiver sviluppa sintomi di ansia o depressione: applicato alla realtà italiana significa oltre 1,2 milioni di persone a rischio di ammalarsi perché curano un familiare. Il costo medio annuo per paziente può arrivare fino a 72.000 euro, considerando spese mediche, assistenza, perdita di produttività e supporto informale.Alla sofferenza quotidiana si aggiunge lo stigma sociale: molte famiglie vivono la diagnosi come una condanna da nascondere, restando isolate e prive di sostegno. L’Alzheimer è oggi la settima causa di morte nel mondo e in Italia assorbe circa 15 miliardi di euro l’anno, un costo che grava quasi esclusivamente sulle famiglie.
Il prezioso ruolo delle associazioni
Tanto è diffusa la malattia, quanto è comune il senso di smarrimento dei familiari verso questa progressiva perdita di memoria dei propri cari che le associazioni sul territorio offrono un aiuto concreto e prezioso a chi cerchi un gruppo di confronto e ascolto per condividere la fatica e la preoccupazione per un ruolo di cura per cui spesso ci si sente inadatti e smarriti. Psicologi, avvocati, medici specialistici incontrano anche online piccoli gruppi di familiari che in sessioni di circa un’ora possono confrontarsi, in maniera gratuita, con specialisti e condividere con altri familiari esperienze. Nei fatti è sui familiari più stretti che si concentrano la maggior parte degli oneri assistenziali, con importanti conseguenze sulla sua condizione individuale: il 68,3% dei caregiver afferma di sentirsi solo, ma l’84,9% ritiene di essere utile pur in una situazione di grande difficoltà. Tutta la famiglia appare condizionata dalla malattia del proprio congiunto: in oltre la metà dei casi sono segnalate tensioni tra i familiari, mentre il 40% rivela la presenza di difficoltà nel seguire la propria famiglia, il coniuge e i figli, per far fronte ai compiti di caregiver.
Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio, non è solo una sfida medica, ma un problema sociale
“La speranza nei farmaci innovativi è importante, ma non sufficiente. Serve una visione più ampia e integrata – sottolinea il Prof. Lorenzo Palleschi, Presidente Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio (SIGOT) – Le priorità sono da individuarsi nella diagnosi precoce e in reti territoriali dedicate, con centri cognitivi diffusi; nella prevenzione attraverso stili di vita sani, attività fisica, alimentazione equilibrata e stimolazione cognitiva; comunità dementia-friendly, capaci di accogliere e non isolare; sostegno psicologico e servizi domiciliari strutturati per i caregiver”.
“Mai dimenticare i pazienti e massima attenzione a chi presta le cure. È questo il nostro credo e la nostra missione all’interno di un universo socio-economico complesso – commenta la Prof.ssa Virginia Boccardi, Direttivo nazionale Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio (SIGOT) – L’Alzheimer non è solo una sfida medica, ma un problema sociale, culturale ed economico che riguarda tutti. Un Paese civile si misura sulla capacità di proteggere i suoi cittadini più fragili. La sfida non si vince nell’isolamento delle famiglie, ma con la forza di una comunità che sceglie di non lasciare nessuno indietro”.