giovedì, Ottobre 2, 2025
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Parkinson, si indaga sul ruolo dei cluster proteici

AGI – Per la prima volta, sono stati osservati e quantificati i cluster proteici che potrebbero scatenare la malattia di Parkinson. A riuscirci gli scienziati dell’Università di Cambridge, dell’University College di Londra, del Francis Crick Institute e del Polytechnique Montreal, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista ‘Nature Biomedical Engineering‘ per rendere noti i risultati del proprio lavoro.

Il ruolo degli oligomeri di alfa-sinucleina

Il team, guidato da Steven LeeSonia Gandhi e Lucien Weiss, ha sviluppato una tecnica di imaging che consente di osservare, quantificare e confrontare gli accumuli di proteine nel cervello. Gli ammassi di proteine chiamati oligomeri di alfa-sinucleina, spiegano gli esperti, sono stati a lungo considerati i più plausibili responsabili dello sviluppo della malattia di Parkinson, ma finora non erano stati rilevati direttamente nel tessuto cerebrale umano. Le stime attuali, riportano gli autori, indicano che entro il 2050 i casi di Parkinson potrebbero raggiungere i 25 milioni a livello globale. Sebbene esistano trattamenti volti ad alleviare alcuni dei sintomi, questa condizione non è curabile. “La possibilità di osservare il Parkinson nelle sue fasi iniziali – afferma Lee – fornirebbe informazioni preziose su come la malattia si sviluppa nel cervello e di come affrontarla”.

La tecnica ASA-PD per l’analisi cerebrale

Per far fronte a questa esigenza, il gruppo di ricerca ha sviluppato la tecnica chiamata Advanced Sensing of Aggregates for Parkinson’s Disease (ASA-PD), che utilizza la microscopia a fluorescenza ultrasensibile per rilevare e analizzare milioni di oligomeri nel tessuto cerebrale post-mortem. I campioni delle persone affette da Parkinson sono stati confrontati con quelli prelevati da individui sani.

“E’ stato come poter vedere le stelle in pieno giorno – commenta Rebecca Andrews, altra firma dell’articolo – il nostro lavoro apre nuove porte alla ricerca su questa malattia”. L’analisi ha rivelato la presenza di oligomeri in tutti i campioni, che però raggiungevano dimensioni significativamente maggiori in caso di pazienti con Parkinson. Il gruppo di ricerca ha anche individuato una sottoclasse di oligomeri presenti solo in caso di neurodegenerazione. “Questo lavoro – sottolinea Weiss – offre un atlante completo dei cambiamenti proteici nel cervello. Tecnologie simili potrebbero essere applicate ad altre malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer“. “Per capire come affrontare queste problematiche – conclude Gandhi – dobbiamo studiare direttamente il cervello umano, il che si è rivelato piuttosto complesso. Speriamo che il superamento di questa barriera tecnologica ci aiuti a capire perché, come e dove si formano i cluster proteici. Tali informazioni si riveleranno indispensabili per la definizione di opzioni terapeutiche”.

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