Sandokan è tornato. Almeno per un giorno, il pirata letterario più famoso del mondo è protagonista alla Festa del Cinema di Roma dove vengono presentate le prime due puntate della serie evento internazionale, prodotta da Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai Fiction, in onda dal 1 dicembre 2025 su Rai1 e prossimamente su Disney+.
A cinquant’anni dallo sceneggiato tv diretoa da Sergio Sollima e interpretata da Kabir Bedi, Carole André, Philippe Leroy e Adolfo Celi, andata in onda nel 1976 sulla Rai, arriva ora un nuovo adattamento della storica saga di romanzi di Emilio Salgari, sviluppata per la televisione da Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri, e diretta da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo.
Una storia senza tempo che ci conduce in terre esotiche e tempi lontani: nel Borneo della prima metà dell’Ottocento, tra popoli in lotta per la libertà e potenze coloniali spinte da un’avidità cieca e feroce. Nel cast Can Yaman, Alanah Bloor, Alessandro Preziosi, Ed Westwick, Madeleine Price e la partecipazione di John Hannah.
Can Yaman e l’eredità di Kabir Bedi
La serie del 1976 ha lanciato nell’Olimpo del cinema e della TV l’attore indiano Kabir Bedi, diventato in Italia soprattutto un sex symbol che ha fatto innamorare generazioni di donne. Can Yaman, uno dei volti più popolari delle serie TV turche, sembra destinato a ripercorrere le sue orme. Anche se Yaman è giovane (è del 1989) ed è nato e cresciuto a Istanbul, per cui confessa che non aveva mai visto la serie di Sollima.
“Io sono venuto in Italia cinque anni fa per fare Sandokan ed è questo il motivo per cui sono venuto qui – spiega rispondendo a una domanda dell’AGI – non conoscevo Sandokan prima di arrivare, perché in Turchia non si conosce molto. Però ho avuto un sacco di tempo per poter contemplare, visualizzare, riflettere su questo personaggio. Un ruolo del genere non capita spesso nella vita e nella carriera di un attore: arriva raramente.” In quanto al ‘primo’ Sandokan, l’attore turco spiega che “purtroppo non ho avuto il piacere e l’onore di incontrare Kabir Bedi. Magari un giorno succederà.” Però il suo personaggio è diverso da quello della serie di 50 anni fa.
Sandokan: un eroe tra fisico ed emozione
“All’inizio pensavo solo alla parte fisica, poi il regista e gli sceneggiatori mi hanno fatto capire che la parte emotiva era ancora più importante – spiega – Sandokan è un uomo altruista, sofferente ma capace di sorridere anche nella difficoltà. Da lui ho imparato che anche nella sofferenza bisogna andare avanti e non perdere mai la capacità di sorridere“.
La lunga preparazione di Can Yaman
La gestazione della serie è stata molto lunga e questo, spiega ancora Yaman, per lui paradossalmente è stato un bene. Ha iniziato a lavorarci a trent’anni e l’ha interpretato a trentacinque. “Questa opportunità di potersi preparare così a lungo arriva raramente – dice durante l’incontro con la stampa – io ho avuto cinque anni di tempo per prepararmi completamente per questo ruolo: ho letto qualsiasi cosa, ho guardato qualsiasi cosa, ho fatto qualsiasi cosa a livello fisico che richiedeva il personaggio: dimagrire, allenarmi, infortunarmi, cavalcare, imparare l’equitazione inglese e italiana”.
“Dovevo anche ambientarmi in un altro Paese – aggiunge – ho avuto questo tempo prezioso per vivere in Italia, adattarmi, girare in altre lingue. Forse, se avessi interpretato Sandokan cinque anni fa, sarebbe venuto fuori un pasticcio, perché non ero ancora pronto, non avevo la maturità necessaria. Ma avendo avuto tutto questo tempo, anch’io, come attore, sono cresciuto, ho avuto modo di evolvermi e diventare una versione migliore di me stesso. Spero che al pubblico italiano e poi, a livello globale, piaccia come l’ho interpretato”, conclude.
Le lezioni di vita di Sandokan per Can Yaman
L’attore rivela poi che “anche nelle scene più intense, alla fine di un episodio, si resta con una sensazione piacevole, si finisce di guardarlo con un sorriso“. “E questa è una cosa che ho imparato da Sandokan – aggiunge – anch’io, come persona, come Can Yaman, devo imparare da lui. Io soffro un po’ di ansia quando faccio cose serie: mi concentro troppo, a volte il mio viso si irrigidisce. Da Sandokan ho imparato che anche nella sofferenza bisogna andare avanti, bisogna godersi le cose, senza perdere la capacità di sorridere.”
Il viaggio interiore di Sandokan nella prima stagione
Yaman racconta anche come sarà la prima stagione di una serie destinata – pensando ai tanti romanzi di Emilio Salgari – ad essere lunga e duratura negli anni. “In questa prima stagione vedremo un viaggio interiore, in cui Sandokan scopre come è diventato Sandokan, partendo dalla sua infanzia. Cominciamo proprio da lì – continua – da quando nasce con un forte senso di libertà, con il desiderio di migliorare la vita degli altri: della madre, della sua gente e combatte per loro. Poi, man mano, la sua dimensione cambia: diventa ancora più tridimensionale, si amplifica, si moltiplica, fino a diventare il salvatore di un popolo. È un personaggio molto inclusivo: abbraccia le diversità, rispetta le differenze culturali.”
L’evoluzione del personaggio ogni due episodi
“All’inizio lo vediamo come un semplice pirata, un po’ alla Robin Hood, che ruba ai ricchi per dare ai poveri – aggiunge – poi, ogni due episodi, Sandokan si evolve, diventa un eroe migliore, una versione migliore di se stesso. Ho avuto la possibilità di interpretare un Sandokan che cresce, che si trasforma incessantemente, con una grande profondità emotiva“, conclude.