AGI – Perché non riusciamo a dimenticare la morte di Pasolini? Come mai un omicidio avvenuto ormai 50 anni fa viene addirittura ricordato in questi giorni da Roma Capitale con un programma di iniziative diffuse (‘PPP Visionario’, con appuntamenti fino a dicembre che coinvolgeranno, tra tanti, addirittura Martin Scorsese) mentre la notte dell’Idroscalo non smette, da decenni, di trovare posto tre le ‘novità’ in libreria? ‘Pasolini: ordine eseguito’, libro inchiesta da poco dato alle stampe dalla giornalista Simona Zecchi per Ponte alle Grazie, può aiutarci a trovare risposta a questa domanda.
Ma andiamo con ordine, come scriverebbe lei. Zecchi ha pubblicato un testo a dir poco meticoloso, che nasce da anni di indagini effettuate tornando sul luogo del delitto, confrontando immagini, spulciando documenti, referti, lettere e carte processuali, identificando nuovi testimoni, reinterpretando le dichiarazioni rese da quelli ‘vecchi’, ricostruendo collegamenti e contesti ben al di là della cosiddetta ‘versione ufficiale’.
Oltre 300 pagine dedicate alla ricerca della verità sul tragico decesso dell’autore di ‘Ragazzi di vita’ che trascinano con sé il lettore come fosse alle prese con la scoperta di un episodio inedito, un giallo nuovo e appassionante, mentre lo sfidano, riga dopo riga, a ricordare date, nomi ed eventi di un mondo apparentemente polveroso, antico, sorpassato. Che però appare stranamente ancora vivissimo.
Mezzo secolo dopo Zecchi vuole riaprire il caso (non per la prima volta, visto che aveva già pubblicato nel 2015 ‘Pasolini. Massacro di un poeta’ e nel 2020 ‘L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini’) intrecciando rivelazioni su infiltrazioni neofasciste, criminalità organizzata e comune, apparati deviati dello Stato ed il vero e proprio Potere, identificato come reale mandante di un episodio di sangue a cui, anche fisicamente, ma soprattutto idealmente sembrano aver partecipato in tanti.
La chiave di lettura per comprendere il nostro immutato interesse per tutto questo – non per lo scrittore e la sua eredità, ma proprio per come è morto – l’ansia di conoscenza che ci accompagna nello scorrere questo libro, è contenuta tra le sue stesse pagine: quella di Pasolini non è stata l’uccisione di un poeta, un regista o un intellettuale, ma di un giornalista, scrive Zecchi.
Che dalle colonne del Corriere della Sera, seppure minacciato, si stava impegnando a puntare una luce di verità su alcune delle vicende più inquietanti e decisive della storia recente del nostro Paese (basta rileggere il suo famoso articolo del 14 novembre 1974, dal titolo ‘Io so’, disponibile a chiunque online).
Ecco, allora, la risposta alla domanda iniziale: non riusciamo a dimenticare la fine di Pasolini perché la credibilità della sua ricostruzione ha a che fare con una questione fondamentale in ogni democrazia che possa definirsi tale, quella della libertà di stampa. Ed il nostro bisogno di sapere come è stato ucciso e per quali ragioni non è nient’altro che l’esercizio di un fondamentale diritto sancito dall’articolo 21 della Costituzione.
- Simona Zecchi, giornalista e autrice d’inchiesta, ha pubblicato ‘Pasolini, massacro di un poeta’ (Ponte alle Grazie, 2015, uscito anche in Spagna e in Iran), ‘La criminalità servente nel caso Moro’ (La nave di Teseo, 2018) e ‘L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini’ (Ponte alle Grazie, 2020). Ha collaborato con Euronews, Il manifesto, The Post Internazionale e Report. Scrive su L’Espresso, Il Fatto Quotidiano e Il Venerdì di Repubblica. Ha collaborato come autrice e producer al podcast ‘Il banchiere di Dio’ (2025). Alcuni suoi lavori sono stati acquisiti in ambito investigativo. Ha vinto il premio Marco Nozza 2016 per l’informazione critica e il giornalismo d’inchiesta, e il premio internazionale per il giornalismo d’inchiesta Javier Valdez 2019.