venerdì, Ottobre 31, 2025
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Ponte sullo Stretto: cosa succede ora? L’ipotesi visto con riserva

AGI – Articolo 25 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, regio decreto 12 luglio 1934: “Ove il consigliere delegato o la Sezione di controllo abbia ricusato il visto sugli atti o decreti presentati alla Corte, la relativa deliberazione sarà trasmessa al ministro cui spetta, e, quando questi lo ritenga necessario, sarà presa in esame dal Consiglio dei ministri. Se esso risolve che l’atto o decreto debba aver corso, la Corte è chiamata a deliberare a Sezioni riunite, e qualora non riconosca cessata la causa del rifiuto, ne ordina la registrazione e vi appone il visto con riserva”. Si basa su questa norma una possibile ‘exit strategy’ del governo sul dossier Ponte sullo Stretto.

Il convincimento nell’esecutivo è che la partita sia ancora aperta. Dopo circa sei ore di Camera di consiglio, alla fine dell’adunanza la Sezione centrale di controllo di legittimità della Corte dei conti ha deciso di negare il visto di legittimità sull’infrastruttura, comunicando che entro 30 giorni renderà note le sue motivazioni. Fonti parlamentari riferiscono che in un primo momento le ragioni del sì e del no si equivalessero, poi è arrivata la ‘fumata nera’ sulla registrazione della delibera Cipess n. 41/2025, sul ‘Collegamento Stabile tra la Sicilia e la Calabria’”.

Matteo Salvini ha subito sentito Giorgia Meloni. La prima reazione dell’esecutivo è stata veemente. “Si è trattato dell’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del governo e del Parlamento”, il commento a caldo del presidente del Consiglio. Furente anche il leader della Lega: “Una scelta politica più che un sereno giudizio tecnico”. Poi, dopo che Salvini ha tenuto una riunione al Mit e ha incontrato la presidente del Consiglio e i Sottosegretari alla presidenza Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari (in videocollegamento l’altro vicepremier Antonio Tajani), la decisione di tenere toni più bassi (anche per rassicurare i mercati), e di frenare sull’eventualita’ di convocare in tempi brevissimi un Cdm per rilanciare sull’opera. E, quindi, di attendere la pubblicazione delle motivazioni della delibera adottata ieri dalla Corte dei Conti.

Dialogo in corso, insomma, per cercare di evitare il muro contro muro, anche se resta l’intenzione di riportare il dossier in Cdm. “Non si è trattata di un’impugnazione”, il ‘refrain’ nell’esecutivo. Il timore, spiega un ‘big’ della maggioranza informato sul dossier, è che qualora si vada allo scontro con un potere dello Stato si possa, tra l’altro, imboccare la strada dei ricorsi. Contenziosi che potrebbero aprire pericolosi scenari. Anche da qui la riflessione, ancora in itinere, su quale possa essere l’exit strategy e quale lo strumento idoneo da utilizzare anche a livello normativo.

Una delle strade praticabili la riassume il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Matilde Siracusano, parlando dell’eventualità che l’esecutivo possa assumersi “la responsabilità politica di superare i rilievi” della Corte dei Conti. “Ci potrà essere una deliberazione specifica del Consiglio dei ministri, che ha il compito di valutare se l’atto in questione risponda a interessi pubblici di rilevanza superiore e quindi debba essere eseguito comunque. Se il Consiglio dei ministri confermerà la necessità dell’atto, la Corte dei Conti dovrà comunque ordinare la registrazione dell’atto, apponendo un visto con riserva – ha argomentato l’esponente di FI – Un atto registrato con riserva acquisisce piena efficacia legale, cioé può essere eseguito normalmente, ma rimane comunque una possibile responsabilità politica per il governo, cosa che francamente non ci spaventa”.

Non viene, dunque, preclusa all’amministrazione l’opportunità di rendere efficace il provvedimento. “Il Consiglio dei ministri può – secondo la norma citata – decidere egualmente che l’atto deve aver corso e in tale ipotesi la Corte dei conti è chiamata a deliberare, a sezioni riunite. Se non ritenga di dover modificare l’avviso già espresso, si fa luogo alla cosiddetta registrazione con riserva (più precisamente all’apposizione del visto con riserva) dandone notizia al Parlamento che può poi sindacare politicamente il comportamento del governo”.

L’auspicio dell’esecutivo è che la Corte dei conti cambi la propria posizione, che le Sezioni riunite – dopo l’esame delle risposte che fornirà il governo – registrino l’atto dell’esecutivo senza riserva. L’altra ipotesi è quella di andare avanti “con riserva”. “La paralisi dell’azione amministrativa è temperata dalla procedura della registrazione con riserva, tale da ripristinare – recita l’articolo 25 del regio decreto del 1934 – il rapporto di responsabilità-fiducia tra il governo ed il Parlamento”.

Il Cdm, “su sollecitazione del singolo ministro interessato” può avanzare “richiesta motivata di registrazione del provvedimento alla Corte dei conti” anche con riferimento “solo a una ‘parte o più parti dell’atto sottoposto a controllo”. “Tale richiesta è ascrivibile fra gli atti di governo, ‘istituzionalmente sottratti a ogni sindacato giurisdizionale’, in ragione della valenza politica”. “Nessuna pretesa – aggiunge la norma – può essere avanzata dai soggetti interessati all’efficacia dell’atto, a che l’organo di governo disponga ‘l’ulteriore corso del provvedimento, malgrado il dissenso dell’organo di controllo, attivandosi un procedimento implicante un giudizio politico, del Consiglio dei ministri, sindacabile solo dal Parlamento”.

In caso di “sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto” l’obbligo di motivare la richiesta di registrazione, “previsto dall’articolo 2, comma 3 lettera n, della legge 23 luglio 1988″, deve intendersi ‘come riferimento non solo al Parlamento – messo in tal modo in grado di valutare il livello di esposizione politica del governo – ma anche allo stesso organo di controllo, con lo scopo di fornire a quest’ultimo un ulteriore strumento interpretativo per valutare la eventuale cessazione dei motivi alla base del rifiuto di visto”.  Secondo la norma, l’iter dell’esame dell’atto si svolge con “l’ammissibilita’ della richiesta avanzata dal governo; ascrivibilita’ del provvedimento fra quelli sottoposti al proprio controllo; persistenza delle ragioni di illegittimita’ sottese al rifiuto di apposizione del visto, tenendo conto degli ulteriori documenti eventualmente presentati, ovvero di fatti sopravvenuti”.

Le ragioni che possono dissuadere le Sezioni riunite “dovrebbero essere ‘ricercate al di fuori della deliberazione della sezione'”. 
 

 

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