mercoledì, Novembre 5, 2025
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La democrazia fa bene alla salute: chi non vota muore prima

AGI – Partecipare alle elezioni può letteralmente allungare la vita. È quanto emerge da uno studio dell’Università di Helsinki, pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Health (BMJ Group), che ha analizzato la relazione tra comportamento elettorale e rischio di morte in oltre tre milioni di cittadini finlandesi seguiti per 21 anni.

I risultati mostrano che chi non vota muore prima: l’astensione è associata a un rischio di mortalità più elevato del 73% tra gli uomini e del 63% tra le donne, anche dopo aver tenuto conto dell’età, del livello d’istruzione e di altri fattori socioeconomici. La ricerca, coordinata da Hannu Lahtinen dell’Helsinki Institute for Demography and Population Health, ha preso in esame l’intero corpo elettorale della Finlandia continentale che aveva almeno 30 anni al momento delle elezioni parlamentari del 1999. Nel periodo compreso tra il 1999 e il 2020 sono stati registrati 1,05 milioni di decessi, e i ricercatori hanno potuto confrontare le differenze di sopravvivenza tra chi aveva votato e chi no. Anche dopo aver corretto i dati per il livello di istruzione, il rischio di morte rimaneva più alto del 64% per gli uomini e del 59% per le donne che non avevano partecipato al voto, confermando che la partecipazione elettorale è un determinante di salute più forte dell’istruzione. La disparità nella mortalità tra votanti e non votanti è risultata più ampia di quella tra persone con un titolo di studio di base e laureati, e si è rivelata particolarmente marcata per le cause di morte esterne, come incidenti, suicidi e patologie legate all’alcol. L’effetto è stato più pronunciato tra gli uomini sotto i 50 anni e le donne oltre i 75, e tra i gruppi a reddito più basso, dove la propensione all’astensione è più elevata.

Il voto come indicatore di benessere

Secondo gli autori, la partecipazione politica può essere considerata una forma di capitale sociale, espressione di un maggiore radicamento nella comunità e di una più ampia fiducia nelle istituzioni. Al contrario, l’abbandono dell’abitudine al voto può rappresentare un campanello d’allarme precoce di isolamento sociale o peggioramento della salute fisica e mentale. Lo studio suggerisce che la partecipazione elettorale possa essere utilizzata come nuovo indicatore di benessere collettivo. “Votare – osservano i ricercatori – non è solo un atto civico, ma una variabile che riflette lo stato di salute complessivo della popolazione“.

I comportamenti salutari

La connessione tra impegno democratico e salute individuale sarebbe mediata da fattori come l’accesso alle reti di sostegno, la fiducia nelle istituzioni e la consapevolezza dei propri diritti. Gli autori ipotizzano che le persone più coinvolte nella vita pubblica adottino comportamenti più salutari e dispongano di migliori risorse materiali e relazionali. La ricerca si inserisce in una linea di studi che esplora il rapporto tra democrazia e salute pubblica, suggerendo che l’inclusione politica e la partecipazione civica contribuiscono a creare società più sane e resilienti.

Il gruppo di Helsinki propone di integrare il comportamento elettorale nei sistemi di sorveglianza epidemiologica per individuare precocemente le aree e le fasce di popolazione più vulnerabili. “La partecipazione politica – concludono gli autori – è parte integrante del benessere collettivo. Difendere la democrazia significa anche difendere la salute“.

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