venerdì, Novembre 21, 2025
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Musei e contenziosi: l’Italia combatte per il rientro delle opere trafugate

AGI – Nell’ultima parte dell’intervista al Tenente Colonnello Lanfranco Disibio, Capo Sezione Operazioni e Logistica del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e “Casco Blu della Cultura” sull’attività investigativa dei nostri detective dell’arte ripercorriamo alcune delle indagini più famose che hanno permesso il rientro in Italia di beni considerati perduti, ma anche contenziosi ancora aperti. A Roma dal 2022, esiste uno speciale museo che raccoglie a rotazione l’esposizione di opere d’arte sottratte a calamità naturali o antropiche come guerre, saccheggi o furti: si tratta del museo dell’”Arte Salvata” nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano.

Tornando alle indagini: spesso leggiamo di contenziosi tra lo Stato italiano e istituzioni museali estere. Com’è possibile che alcuni grandi musei abbiano esposto delle opere d’arte che sono state sottratte illegalmente all’Italia?  

È un problema che si trascina da moltissimi anni e c’è in linea di massima un’inversione di tendenza ed è legata soprattutto a una concezione diversa del concetto proprietà dei beni culturali, tra paesi che definiamo produttori di beni culturali e paesi consumatori. Partiamo da questa idea. Normalmente, i paesi consumatori sono quelli che hanno i regimi normativi di Common Law e i paesi produttori hanno un sistema di Civil law. Quel discorso che facevo prima che io scavo nella mia proprietà, se trovo qualcosa è dello Stato, questo ragionamento in Inghilterra e in America è molto difficile farlo passare. Diciamo che negli anni ci sono stati moltissimi musei dove c’era domanda di mercato, che hanno ricevuto sul mercato “grigio” perché dobbiamo definirlo tale, poi tutto sta a dimostrare che in questo mercato ci fosse consapevolezza di una provenienza illecita di questi beni da parte dei musei.

Possiamo fare degli esempi?
Per fare un esempio, il Cratere di Eufronio, raffigurante la morte di Sarpedonte. Questo vaso che fu scavato negli anni 70 a Cerveteri e che è stato poi venduto dopo un passaggio in Svizzera al Metropolitan Museum of Art di New York, è stato recuperato nel 2008 dopo una serie di attività investigative che hanno permesso di dimostrare al Met che il bene veniva dall’Italia, da dove era stato esportato illecitamente. Quando arriva al museo al Met di New York sulla provenienza raccontavano che era un bene che proveniva dal Medio Oriente. Ci sono musei importanti come il Paul Getty Museum di Los Angeles, dal quale ancora oggi effettuiamo dei recuperi. 

Una volta individuato il bene, come avviene la richiesta di restituzione?
Ogni volta bisogna cercare di dimostrare al museo che l’opera è italiana, che è inalienabile, che è stata esportata indebitamente, che è entrata nel paese estero in maniera irregolare. Nel tempo c’è stato un aumento della sensibilità dei musei, che si sono arricchiti con le opere provenienti da diversi paesi, con beni che sono stati depredati da trafficanti e che hanno mascherato queste vendite attraverso documentazione falsa sull’origine. Poi che gli esperti dei musei possano avere gli strumenti culturali e scientifici per verificare in maniera più approfondita che queste documentazioni siano originali o no, è un altro discorso che mette in campo il problema che riguarda la buona fede di queste istituzioni. 

 

Ci sono contenziosi aperti con gli Usa?
Oggi abbiamo aperto ancora il caso dell’Atleta di Fano su cui ci sono anche delle sentenze favorevoli in Italia.
C’è speranza che torni in Italia, prima o poi?
Me lo auguro! Il contenzioso è aperto. L’Atleta di Fano, rappresenta il pezzo forte per il museo. Sarebbe come togliere a Reggio Calabria i Bronzi di Riace.

Lei ha partecipato al recupero del dipinto “Il vaso di fiori” di Jan van Huysum rientrato a Palazzo Pitti dopo 75 anni dal furto. Che tipo di indagine è stata quella?

Un’indagine complicata. Alcuni professionisti tedeschi cercarono di restituire il bene a titolo oneroso, quindi come se l’Italia se lo dovesse ricomprare, sostenendo che la famiglia che lo possedeva l’avesse acquisito in buona fede. E’ stato quindi necessario compiere una ricerca storica e documentale partita negli anni 90 e conclusasi nel 2019. Quest’opera dopo la caduta del muro di Berlino dalla Germania all’est ricompare e viene portata a Monaco per essere restaurata.  Fu portata via dalle gallerie palatine di Firenze durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1940 per l’esattezza, dai depositi dove erano state accantonate per motivi di sicurezza, ma i tedeschi riuscirono a localizzare questi depositi. Durante il trasporto verso la Germania, questo quadro insieme ad altri, sparì. Nell’ambito della ricerca dimostrammo che il soldato tedesco che ricevette quest’opera, la spedì con posta militare alla moglie come regalo di nozze. Ricostruire la storia fu possibile perché uno degli avvocati che tentava di chiedere soldi per la restituzione della tela ha dimenticato una cartellina piena di documenti. Ma i numerosi tentativi di negoziare a titolo oneroso la restituzione dell’opera, ha permesso di configurare per la procura di Firenze un tentativo di estorsione. La loro richiesta era di milioni di euro. Uno degli avvocati arrivati a Firenze per trattare con il direttore della Galleria Palatina, portando le foto dell’opera come se si trattasse di un ostaggio, dimenticò però una cartellina piena di documenti che poi gli fu rispedita. Una funzionaria fece delle fotocopie del contenuto e a distanza di molti anni, nel 2016, la consegnò ai Carabinieri. Dall’analisi di questa documentazione potemmo scoprire che l’opera non era mai uscita dall’asse famigliare di chi tentava di vendere l’opera e quindi il possesso per buona fede era totalmente da escludere. Quel soldato tedesco che spedì l’opera alla moglie era il nonno di chi, decenni dopo, provava a vendere la tela all’Italia.  Siamo riusciti nell’operazione anche grazie alla stampa, in particolare la trasmissione “Chi l’ha visto?”. Da un lato l’esposizione di una copia del quadro con la dicitura “Rubato” per opera del direttore Eike Schmidt e la collaborazione con la redazione della trasmissione Rai hanno permesso di riportare l’opera in Italia. Una volta diventata mediaticamente conosciuta, per gli eredi si è dimostrato anche impossibile venderla. 

 

 

 

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