sabato, Novembre 22, 2025
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Apartheid Museum, un viaggio emotivo nel lato oscuro del Sudafrica

AGI – Tutti sappiamo cos’è l’Apartheid, pochi conoscono nel profondo i dettagli di quella che è stata definita una drammatica pagina della storia dell’umanità. A Johannesburg gli stessi abitanti, a cominciare dal portiere d’albergo, ti consigliano di non perdere l’opportunità di visitare il Museo e quando te lo dicono, intravedi nelle loro parole un cenno di orgoglio.

Non a caso, inaugurato nel 2001, è stato riconosciuto come il museo più importante al mondo dedicato al Sudafrica del XX secolo. Approfittando di un ritaglio di tempo, quello che era un consiglio l’ho preso come un vero e proprio imperativo e sotto una pioggia battente (a Johannesburg il tempo è estremamente variabile, al pari della Scozia!) sono arrivata in questo complesso dal fascino indescrivibile, allestito su un terreno di sette ettari, superbo esempio di design, spazio e paesaggio.

 

(foto di Ivana Pisciotta)

L’esperienza immersiva all’ingresso

All’ingresso, ai visitatori viene assegnata in modo casuale un’identità razziale (o “bianca” o “non bianca”, a me è capitata “non bianca”) e devono entrare attraverso porte separate, sperimentando in prima persona la segregazione che ha caratterizzato l’apartheid.

Un viaggio emotivo nella storia dell’apartheid

A quel punto, ci si ritrova davanti ad oltre 20 aree espositive (organizzate da un team di curatori, registi, storici e designer) che accompagnano in un vero e proprio viaggio emotivo drammatico: un periodo molto buio, iniziato nel 1948 quando il partito al potere, il Partito Nazionale, attuò la politica dell’apartheid – un termine afrikaans che significa separazione – che trasformò 20 milioni di persone in cittadini di seconda classe. Un periodo che durò ben 46 anni, fino al 1994: se ci si pensa, è rimasto in vigore fino all’altro ieri. Quasi mezzo secolo che ha visto l’ascesa e la caduta di molti combattenti per la libertà e attivisti, uno dei più famosi dei quali è stato il primo presidente democraticamente eletto del Sudafrica, Nelson Mandela.

Installazioni e il messaggio di speranza

È un’esperienza toccante e per di più veramente sudafricana: attraverso filmati provocatori, fotografie, reperti, video, pannelli di testo e manufatti si rivivono gli eventi e le storie umane, alcune delle quali risalenti anche al XIX esimo secolo. E che dire delle installazioni multimediali, come la replica della cella di Nelson Mandela a Robben Island e il percorso che simula le condizioni in cui erano detenuti i prigionieri politici: un viaggio attraverso il tempo, che fa riflettere. Ma attenzione, nulla di deprimente: ho capito una cosa. Il museo è descritto come un faro di speranza che mostra al mondo come il Sudafrica stia facendo i conti con il suo passato e stia lavorando per il suo futuro. Un messaggio che accende il cuore anche per chi sudafricano non è.

 

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