AGI – In diplomazia non si usano solo memorandum e trattati: a volte bastano due palle di pelo bianco e nero che mangiano bambù. La “panda diplomacy” è il modo in cui la Cina usa i panda giganti come strumento di soft power, per migliorare i rapporti con altri Paesi e costruirsi un’immagine più simpatica e rassicurante.
I panda vivono solo in Cina: questo li rende una risorsa unica, una sorta di “tesoro nazionale”. Fin dagli anni ’50 Pechino ha iniziato a regalarli o prestarli a zoo stranieri come gesto di amicizia.
Celebre il caso del 1972: dopo la storica visita di Nixon a Mao, due panda arrivarono allo zoo di Washington, simbolo della normalizzazione tra Stati Uniti e Cina. Dal 1984 in poi la politica è cambiata: niente più doni, ma prestiti a pagamento. Gli zoo ospitano le coppie per 10-15 anni, pagano fino a circa 1 milione di dollari l’anno e si impegnano in progetti di ricerca e conservazione. I cuccioli nati all’estero restano comunque legalmente proprietà della Cina e a un certo punto tornano “a casa”.
In Europa i panda sono arrivati in Paesi chiave dal punto di vista politico ed economico: Francia, Germania, Austria, Belgio, Paesi Bassi, Finlandia. Ogni nuovo arrivo è accompagnato da visite di Stato, accordi commerciali, titoloni sui giornali e file ai cancelli degli zoo. Gli accordi sui panda spesso coincidono con intese su energia, commercio o investimenti: è un modo per rendere più “morbida” l’immagine di un partner che, sul piano economico e geopolitico, è molto assertivo. In questi mesi, ad esempio, la cooperazione sui panda accompagna il dialogo politico tra Pechino e Parigi, con nuove coppie in arrivo per sostituire gli esemplari rientrati in Cina dopo anni di permanenza allo zoo di Beauval.
Dopo un periodo di gelo, con il rientro di molti panda sullo sfondo delle tensioni nelle relazioni tra Usa e Cina, Pechino ha riaperto il rubinetto dei prestiti. Nel biennio 2024/2025 nuove coppie sono arrivate allo zoo di San Diego e al National Zoo di Washington. Il messaggio è chiaro: se i panda tornano, i rapporti non saranno idilliaci, ma c’è almeno la volontà di parlarsi. Ogni contratto di prestito diventa cosi’ un termometro, morbido ma molto visibile, dello stato delle relazioni bilaterali.
Se la diplomazia dei panda non risolve da sola le tensioni con l’Europa o con gli Usa, aiuta comunque la Cina a sedersi al tavolo con un vantaggio: chi riesce a litigare mentre guarda un cucciolo di panda che si rotola nell’erba?
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