martedì, Dicembre 23, 2025
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Da 10 anni lontano dal figlio: “L’Italia lo riporti a casa”

AGI – “Quando mia moglie ha portato nostro figlio in Kazakistan, senza dirmi niente, Adelio aveva due anni. Da allora ne sono passati dieci, e in tutto questo tempo lo avrò incontrato tre o quattro volte. Oggi non so nemmeno dove vive e con chi”. Giovanni Paolo Bocci racconta all’AGI la sua odissea di padre tenuto lontano dal suo bambino in disprezzo di qualsiasi legge, giuridica e morale.

E lo fa puntando l’indice, ripetutamente, contro “l’inerzia dello Stato italiano: promesse tante, fatti nessuno. Solo muri”. L’incredibile storia comincia quando l’uomo, oggi 51enne, portato dal suo lavoro ad Astana, incontra Aigul, interprete e traduttrice, di sette anni più giovane, e se ne innamora. Il fidanzamento, le nozze, poi il rientro definitivo in Italia, in provincia di Brindisi.

La sottrazione internazionale e la condanna

A settembre del 2013 era nato Adelio, che è cittadino italiano a tutti gli effetti, ma il 29 ottobre di due anni più tardi, tornando precipitosamente a casa – la moglie non risponde al telefono e lui teme sia successo qualcosa – Giovanni trova le stanze vuote e una lettera sul tavolo: “Torno in Kazakistan dai miei, con Adelio, ma stai tranquillo potrai vederlo ogni volta che vorrai”. Una promessa che si rivela presto falsa. E che innesca l’inevitabile denuncia per sottrazione internazionale di minore. Tempo due anni, e il Tribunale di Brindisi dà ragione al papà: Aigul rimedia una condanna a due anni di reclusione con sospensione della potestà genitoriale. Ma quello che sembra la svolta, è solo un primo, beffardo passo nell’incubo.

L’inerzia dello stato e i timori per il figlio

“Ho bussato a tutte le porte – assicura Giovanni – La nostra ambasciata ad Astana mi ha assicurato tutto il suo impegno con il governo locale ma non è successo niente. L’ultimo incontro con Adelio è del 2020, per pochi minuti e alla presenza di altre persone. Da allora solo qualche videochiamata, con poche frasi scambiate in russo, che io conosco un po’ per il mio lavoro, visto che Adelio non parla né inglese né italiano. Dovrei tornare in Kazakistan per cercare di vederlo ma senza garanzie non mi muovo, ho paura per la mia incolumità”.

“Qualcuno evidentemente protegge mia moglie – si sfoga l’uomo – dovrebbe scontare tre anni (nel 2023 il Tribunale di Brindisi le ha inflitto altri 12 mesi, ndr) e sul suo capo pendono tre mandati di arresto internazionale ma continua tranquillamente la sua vita e il suo lavoro. Da quanto ci risulta, attualmente lei e Adelio vivono a centinaia di km di distanza e Adelio nell’ultima videochiamata presenta dei lividi e delle tumefazioni in volto. È stato picchiato? Da chi e perché? Ho mandato decine di PEC alle autorità consolari, al ministero degli Esteri, a quello della Giustizia ma nessuno sembra volersi davvero occupare del caso. Mi sento abbandonato, e ogni giorno che passa è peggio e alimenta la sensazione che ‘dietro’ ci sia qualcosa, interessi che non comprendiamo. Ma io sono solo un padre che chiede di rivedere suo figlio“.

I misteri legali e l’inadempienza internazionale

“Il primo, grande mistero di questa storia – premette Pierluigi Vicidomini, legale di Bocci – è come la madre abbia potuto portare all’estero un bambino di due anni senza il consenso del papà. Come qualsiasi genitore sa per esperienza diretta, le regole sono – giustamente – rigorose e sfuggire ai controlli se non si gode di complicità è quasi impossibile. Poi, sul versante giudiziario è intervenuta una doppia condanna, per una pena complessiva di tre anni, con tanto di ‘red notice‘ (l’avviso internazionale dell’Interpol finalizzato al rintraccio e all’arresto di una persona, ndr) che però nessuno ha mai fatto rispettare”.

È proprio su questo fronte che l’avvocato nell’aprile scorso ha presentato alla Procura di Roma un esposto-denuncia per rifiuto di atti di ufficio: si chiede di “verificare ed accertare eventuali omissioni” e “perseguire i colpevoli che a oggi impediscono, ostacolano, omettono, rifiutano l’esecuzione di due sentenze irrevocabili” e la conseguente estradizione. Viene chiesto anche di verificare eventuali omissioni della Farnesina e del ministero della Giustizia. “Non ne sappiamo ancora l’esito – conclude Vicidomini – ma nel frattempo continuiamo a sollecitare tutti i canali possibili pur avendo ormai la certezza che le nostre autorità sono ferme, che tra il nostro Paese e il Kazakistan non c’è collaborazione e che a nessuno interessa davvero restituire Adelio al papà, ai nonni, alla zia. Sarebbe bello saperne il perché”.

L’appello del coordinamento e l’irreperibilità di adelio

Il caso del piccolo Adelio è da anni anche sotto i riflettori del Coordinamento internazionale delle associazioni a tutela dei diritti dei minori che ha presentato reiterati appelli, tra gli altri al presidente Mattarella, alla premier Meloni, al ministro Tajani e ai presidenti delle due Camere: “Vogliamo che Adelio venga riportato in Italia dal governo” in questi giorni è anche un evento social. “Bisogna fare presto, la situazione è sempre più insostenibile – denuncia Aurelia Passaseo, presidente del Ciatdm – considerato che il Consolato italiano ha fatto sapere al padre che Adelio risulta irreperibile. La madre potrebbe averlo fatto portare da un’altra parte, affidandolo a persone estranee alla cerchia familiare, per evitare l’intervento delle autorità minorili locali. Ma i parenti di Adelio hanno anche un dubbio ancora più atroce, quello cioè che il ragazzo, ormai 12enne, possa essere stato ‘ceduto’ a terzi. Al papà via WhatsApp da un numero telefonico kazako sono arrivate immagini del bimbo con ecchimosi sul volto, sulla fronte e sul collo. E da quel giorno è cessato ogni contatto”.

Passaseo non ha dubbi: “ci sono sentenze penali non eseguite. C’è una Convenzione, quella dell’Aja sulla sottrazione dei minori, ignorata. E c’è un bambino ‘ostaggio’ della madre e di cui ormai si sono perse le tracce. Il nostro governo non ha più scuse: deve intervenire e subito”.

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