AGI – “È vietato pubblicare e condividere colloqui privati” e “chi subisce un illecito da privacy può rivolgersi al giudice penale, come ha fatto l’attore, o al Garante, che applicherà sanzioni amministrative“: lo ha spiegato Guido Scorza, membro del collegio del Garante della privacy, in un’intervista a Repubblica sul caso degli audio e dei messaggini di Raoul Bova alla modella 23enne Martina Ceretti diffusi da Fabrizio Corona.
Ricorso al Garante e sanzioni pecuniarie
In caso di ricorso al Garante, “chi subisce il danno presenta un reclamo“, ha precisato Scorza, “vengono poi effettuate le verifiche, sentite le parti in causa, viene dato il diritto all’accusato di difendersi”. “Nel caso di un illecito il Garante può applicare una sanzione pecuniaria, che in un caso come questo corrisponderà o al 2-4 per cento del fatturato annuo, o a un ammontare fino a 10-20 milioni (mentre nel caso di privati, la sanzione è commisurata al fatturato dichiarato)”, ha aggiunto, “e può proporre un provvedimento correttivo“.
Attività del garante e rimozione dei contenuti
“La maggior parte dell’attività del Garante si svolge su istanza di parte”, ha ricordato Scorza, “noi possiamo chiedere al privato o alla piattaforma su cui il contenuto è stato pubblicato di rimuoverlo. Ma non c’è modo di controllare il ‘repost‘, la rete di diffusione del materiale. È vero che c’è una perdita di controllo in tal senso. Pensiamo al ‘revenge porn‘ o in generale alla pubblicazione di immagini sessualmente esplicite. Per questo motivo, l’intervento del Garante è spesso preventivo. In genere, se c’è il sospetto che l’illecito possa essere commesso, viene generato quello che in gergo si chiama ‘hash‘: un codice alfanumerico che rende il video irriconoscibile e che verrà utilizzato dalla piattaforma per bloccare il contenuto“.
Rischi per chi riposta contenuti illeciti
Cosa rischia chi riposta contenuti illeciti? “Chi riposta non commette reato, ma un illecito da privacy, cioè un illecito amministrativo. È simile a quello che farebbe un giudice civile. La questione però va oltre le sanzioni applicabili: quando sui social contribuisci a diffondere materiale non consensuale, spesso ti dimentichi di star parlando della vita di una persona. Per certi versi, (più che nel pettegolezzo) si entra in una dimensione da ‘gaming’. È importante che le persone lo capiscano”.
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