venerdì, Agosto 15, 2025
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Cos’è il Serratia marcenses: il batterio killer degli ospedali

AGI – Conosciuto da due secoli, considerato innocuo fino alla seconda metà del secolo scorso, il batterio Serratia marcescens, responsabile della morte di due neonati all’ospedale di Bolzano, è oggi riconosciuto come una delle dieci principali infezioni ospedaliere, un importante patogeno opportunista, in particolare in contesti a elevato rischio quali le Unità di Terapia Intensiva. In grado, ricorda la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti), di provocare polmoniti, infezioni del tratto urinario, infezioni del torrente ematico e meningiti. Gli episodi epidemici da S. marcescens sono sempre più frequentemente riportati dalla letteratura internazionale come difficili da eradicare. Tale problema è ancor più grave quando a causare tali epidemie sono ceppi di S. marcescens resistenti agli antibiotici.

Particolarmente pericoloso per i neonati

Ma i contesti in cui l’infezione fa più danni, fino a uccidere come nel caso di oggi, sono quelli delle terapie intensive neonatali, con i nati prematuri considerati i soggetti più a rischio. La prima descrizione di casi letali di S. marcescens in neonati è stata pubblicata nel 1961. A oggi, in letteratura sono stati descritti molti episodi epidemici dovuti a S. marcescens nei neonati, di durata variabile da qualche mese ad anni, con elevati tassi di mortalità. Nei neonati il batterio è responsabile di un’ampia varietà di manifestazioni, dalla colonizzazione asintomatica a infezioni, quali quelle del tratto urinario, polmoniti, infezioni del torrente ematico, meningiti, infezioni del sito chirurgico e sepsi. I fattori di rischio per il contagio da parte dei neonati sono associati, come detto, in particolar modo all’immaturità, al parto pretermine, al basso peso alla nascita, alla degenza prolungata, all’utilizzo di antibiotici e all’esposizione a procedure invasive quali la ventilazione meccanica e la cateterizzazione per la nutrizione parenterale.

Questi microrganismi, avvertono gli esperti, “sono straordinari nel loro potenziale di diffusione nelle unità intensive neonatali e trasmettersi ai neonati con basso peso alla nascita. Pertanto, vigorosi sforzi dovrebbero essere attuati per intensificare le misure di controllo delle infezioni ogni volta che questi microrganismi vengono isolati in un paziente ricoverato in UTIN”. Diversi rapporti su episodi epidemici hanno concluso che i neonati colonizzati o infetti “rappresentano il più importante potenziale serbatoio di S. marcescens nelle UTIN e, una volta acquisito il microrganismo, molti neonati rimangono colonizzati – e in particolar modo nell’intestino – per lunghi periodi nonostante il trattamento antibiotico”.

Pertanto, “l’identificazione precoce dei pazienti colonizzati o infetti e la rapida implementazione di misure di controllo delle infezioni, e in particolar modo la rigorosa igiene delle mani, sono fattori essenziali e spesso sufficienti per il controllo della diffusione epidemica, insieme alle precauzioni da contatto e alla formazione degli operatori sanitari, specialmente sui temi dell’igiene delle mani, dell’utilizzo dei guanti e della pulizia ambientale. Nel caso di sospetto di episodi epidemici, sono ritenuti efficaci anche le misure di isolamento per coorte e l’assegnazione di staff dedicato per i pazienti colonizzati”.

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