AGI – A Pomezia è la crisi delle patatine. Un altro marchio storico del distretto, dopo Fiorucci, sta vivendo un momento di crisi profonda. Anche se i 92 dipendenti e i sindacati assicurano che la crisi della Crik Crok non nasce oggi. Anche se a molti sembrerà che gli scaffali dei supermercati siano pieni delle patatine dell’iconico marchio, i diretti interessati assicurano che si tratta di una svista e che oggi Crik Crok si trova solo in qualche linea bar. Ma stavolta non si parla solo di una crisi aziendale, ma del rischio concreto che uno dei marchi più rappresentativi del nostro Food&Beverage possa scomparire.
Produzione a singhiozzo e incertezze
Negli ultimi mesi la produzione è andata a singhiozzo, spesso le linee si sono fermate e negli ultimi giorni è ripresa. Anche le retribuzioni, spiega all’Agi, il segretario della Flai Cgil Roma Sud – Pomezia – Castelli, Alessandro Vona “sono state pagate, ma la 14esima è finita nel concordato e così i dipendenti non l’hanno vista”. Il futuro è davvero incerto e i vari passaggi societari, la cassa integrazione straordinaria che ancora non è stata erogata e un’assenza di comunicazione circa il rilancio del sito produttivo hanno spinto i sindacati a lanciare un allarme pubblico. Un gesto che ha ulteriormente complicato le relazioni sindacali, al punto che per questo giovedì è prevista un’assemblea con i lavoratori per fare il punto della situazione. “Ci vorrebbe un salvatore” è la battuta con cui Vona riassume la questione per poter pensare a un vero rilancio di un marchio che da circa 10 anni vive una crisi strutturale che rischia di portare alla chiusura di un’azienda che vive sul territorio dal 1949. Fondata da Carlo Finestauri, con il nome originario Ica Foods, fu tra le prime in Italia a produrre snack salati ispirati al modello americano, introdotto dai militari statunitensi sbarcati nella vicina Anzio. Negli anni’80 e’90, Crik Crok divenne un marchio iconico grazie a prodotti come le Puff e le patatine a forma di cuore, e a campagne pubblicitarie entrate nell’immaginario collettivo. Dopo una parentesi sotto la multinazionale United Biscuits, l’azienda tornò alla famiglia fondatrice e nel 2018 fu rilevata dall’imprenditrice Francesca Ossani. Il piano di rilancio puntava su innovazione (patatine senza glutine, gusti esotici, confezioni moderne) e mercati esteri, con distribuzione in 25 Paesi. Nonostante le intenzioni, però l’azienda ha vissuto una crisi profonda e oggi arriviamo alla seconda richiesta di concordato nel giro di pochi anni.
Un marchio storico in difficoltà
“Chi lavora ha continuato a farlo con responsabilità e dignità, ma questo impegno non è ancora stato ripagato – ribadiscono le segreterie Fai, Flai, Uila – L’incertezza, al contrario, è aumentata e alla difficile gestione aziendale ora si somma la presentazione di un nuovo concordato preventivo, che getta ulteriori ombre sul futuro. Oggi il rischio non è solo la perdita di posti di lavoro: in discussione c’è la sopravvivenza stessa di una realtà produttiva con un grande valore industriale e sociale per il territorio” e aggiungono: “L’incertezza, al contrario, è aumentata e alla difficile gestione aziendale ora si somma la presentazione di un nuovo concordato preventivo, che getta ulteriori ombre sul futuro. Oggi il rischio non è solo la perdita di posti di lavoro: in discussione c’è la sopravvivenza stessa di una realtà produttiva con un grande valore industriale e sociale per il territorio”.