AGI – Dopo l’eruzione etnea iniziata nella notte tra 1 e 2 giugno, dal cratere di Sud-Est, e durata diverse ore della mattinata, molti si sono chiesti se e quali fossero le possibili misure di allerta da utilizzare, anche alla luce dell’intenso turismo stagionale in corso. L’eruzione era in effetti stata preannunciata dal sistema di allerta precoce.
Le eruzioni dell’Etna, infatti, danno segnali premonitori di eruzioni imminenti – a volte estremamente sottili, quasi impercettibili. Ma gli strumenti di monitoraggio dell’Osservatorio etneo dell’Ingv “catturano anche i più piccoli, deboli segnali, che vengono analizzati in tempo reale dal sistema Etnas“, spiega il vulcanologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Boris Behncke, “per poter dare avviso di episodi parossistici”.
Come quello del 2 giugno. La prima allerta era stata inviata da Etnas già alle 3:31, molte ore prima che l’attività cominciasse a intensificarsi, e la seconda allerta (quasi certezza di fontane di lava) alle 5:12. Su questi messaggi si basano le consecutive limitazioni di accesso all’area dei crateri sommitali.
Il 2 giugno l’Etna, spiegano i ricercatori dell’Osservatorio etneo Flavio Cannavò, Stefano Branca, Eugenio Privitera, Salvatore Giammanco, ha avuto una nuova eruzione parossistica di grande intensità, iniziata di notte e durata diverse ore. L’attività è partita dal Cratere di Sud-Est, con esplosioni stromboliane di intensità e frequenza crescente che sono evolute in attività di fontana di lava. Successivamente, un collasso parziale del fianco settentrionale del cratere ha prodotto un flusso piroclastico che si è riversato nella Valle del Leone, sollevando una nube di cenere e altro materiale piroclastico. Il parossismo era stato preannunciato dal sistema di allerta precoce.
Cos’è il sistema Etnas?
I sistemi di early warning o allerta precoce (rapida) sono sistemi che sfruttano la differenza tra la velocità di propagazione del fenomeno fisico e la velocità di trasmissione dei dati. In tal modo si ottiene un “tempo utile” per adottare misure di autoprotezione e misure automatiche per la mitigazione del rischio.
Sull’Etna è stato creato e sviluppato il sistema Etnas (Etna integrated alert system) di rilevamento precoce (early detection), finalizzato a riconoscere in anticipo il verificarsi di fontane di lava e di apertura di fratture eruttive laterali. L’intensa attività dell’Etna e i cospicui flussi di dati di monitoraggio acquisiti ed elaborati, nel tempo hanno permesso lo sviluppo di diversi strumenti di allerta automatica, disponibili in tempo reale, per monitorare i cambiamenti nello stato dell’Etna.
Attualmente le attività di sorveglianza dell’Etna condotte dalla Sala Operativa dell’Osservatorio etneo si basano su un sistema di monitoraggio multidisciplinare tra i più avanzati al mondo composto da circa 160 stazioni, molte delle quali multiparametriche. La sala operativa gestisce vari sistemi di allerta, a seconda dei parametri monitorati.
Etnas, concludono i ricercatori dell’Ingv, è una piattaforma digitale “in grado di aggregare molteplici sottosistemi di allertamento e dati indipendenti, singolarmente basati su modelli e dati geofisici e geochimici differenti per fornire il miglior strumento centralizzato possibile di allerta in caso di eruzioni”. Il vantaggio del sistema è quindi quello di incanalare tutti gli avvisi in un unico contenitore, “evitando la frammentazione delle informazioni”.