martedì, Luglio 22, 2025
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FBI, spie e complotti: i dossier segreti su Martin Luther King

AGI – Le conversazioni segrete dell’uomo arrestato per la morte di Martin Luther King. I rapporti dell’Fbi sulle “piste alternative” per scoprire chi voleva la morte del leader per i diritti civili degli afroamericani. E nuovi dettagli sui metodi usati dall’intelligence americana per spiare King: intercettazioni telefoniche, l’appostamento di informatori nelle vicinanze della sua abitazione, tentativi di screditarlo politicamente. Sono alcune delle novità che emergono dalle oltre 230 mila pagine del dossier King che l’amministrazione Trump ha deciso di rendere pubbliche a quasi sessant’anni dalla morte del reverendo, ucciso il 4 aprile ’68 a Memphis, in Tennessee.

King aveva 39 anni. I figli avevano espresso preoccupazione, temendo che alcune rivelazioni avrebbero potuto nuocere all’immagine del padre.
In uno dei file resi pubblici – e datato 8 aprile ’68 – compare, per esempio, una nota in cui King viene definito da una fonte “omosessuale” e “switch hitter”, un termine gergale per indicare un bisessuale. In generale molte informazioni sono state, però, considerate infondate. La Southern Christian Leadership Conference si era unita all’appello della famiglia, evidenziando la necessità di “contestualizzare” la storia, ma Donald Trump non si è fermato e ha avviato la desecretazione dei documenti con l’ordine esecutivo firmato il 23 gennaio 2025.

Una struttura organizzata

Storici e giornalisti stanno leggendo le pagine pubblicate sul link https://www.archives.gov/research/mlk. Non è detto che possano spuntare colpi di scena clamorose, ma dalla lettura dei primi file emerge la presenza di una struttura organizzata con il puro scopo di screditare Martin Luther King e demolirne la figura, che aveva creato apprensione tra gli americani bianchi. Stando a una teoria complottista, James Earl Ray, condannato per l’assassinio e morto in carcere nel ’98, a 70 anni, per complicazioni legate all’epatite C, avrebbe confidato a un compagno di cella di non essere stato lui a premere il grilletto, ma che sarebbe stato un mandante esterno a compiere l’assassinio. 

Gli storici stanno cercando nei file la conferma a questa ipotesi, cosi’ come la presenza di un terzo uomo, chiamato ‘Raoul’, definito un “cubano biondo” da Robert Blakey, uno dei legali che si era occupato della difesa di Ray. Negli otto mesi successivi al suo arresto, Ray inviò numerose lettere nelle quali aveva sostenuto di aver confessato l’omicidio solo perchè costretto. Nei file resi pubblici dall’amministrazione americana sono contenuti passaggi di quella confessione.

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