AGI – Non è l’accordo istituzionale di programma sulla decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto che il ministro Adolfo Urso ha sollecitato in queste settimane, ma è una intesa che dovrebbe avviare la svolta green dell’acciaieria attraverso i forni elettrici e soprattutto cercare di togliere il problema dalla situazione di stallo in cui è finito.
Questo il senso dell’intesa di oggi al Mimit tra ministeri, amministrazioni locali, Ilva e Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Comunque un passo avanti, commentano i protagonisti al tavolo del Mimit che ha visto la Regione Puglia in presenza con il governatore Michele Emiliano, accompagnato da una delegazione di dirigenti regionali, e collegati da remoto i Comuni di Taranto (con il sindaco Piero Bitetti) e di Statte, la Provincia di Taranto e l’Autorità portuale del Mar Ionio.
Il nuovo bando di gara e i forni elettrici
Nell’accordo si prende atto di quanto previsto nel nuovo bando di gara per la vendita dell’ex Ilva, lanciato il 6 agosto, ovvero “realizzazione sino a un massimo di tre forni elettrici per coprire l’intera capacità produttiva autorizzata” e si rinvia a una fase successiva sia il nodo degli impianti di preridotto (Dri), necessari ad alimentare i forni elettrici, che la stesura dell’accordo di programma vero e proprio. I tre forni elettrici erano già da giorni l’unico punto di condivisione tra Comune di Taranto e Mimit e questo dall’intesa odierna esce rafforzato.
Accantonato il problema del gas e la nave di rigassificazione
Accantonato, invece, il problema del gas e tolto dall’intesa ogni cenno sulla nave di rigassificazione, che pure sin qui era stata presentata come necessaria per alimentare di gas la struttura dei nuovi impianti: quattro Dri e altrettanti impianti di cattura e stoccaggio della CO2. La nave è un tema divisivo, il Comune ha detto no più volte, e per ora è messo da parte.
Sul gas le parti, recita l’intesa, “si impegnano a convocare una nuova riunione del tavolo in data successiva al 15 settembre – termine ultimo per la presentazione di offerte vincolanti – per esaminare le prime evidenze della procedura e valutare la possibile localizzazione degli impianti di preridotto (Dri) utili per l’approvvigionamento dei forni elettrici presso lo stabilimento ex Ilva di Taranto, a partire dall’impianto già previsto con il Fsc (ex Pnrr), qualora sia possibile assicurare il necessario approvvigionamento energetico”.
C’è poi un’apertura sulla reindustrializzazione dell’area di Taranto – si riconferma l’istituzione di una figura commissariale ad hoc – nonchè sul potenziamento di sanità, ricerca, porto – sono queste le compensazioni chieste dal Comune – e sulle “possibili misure in favore dei proprietari degli immobili nel quartiere Tamburi“, quelli più danneggiati dall’inquinamento, “anche attraverso lo snellimento delle procedure e il rifinanziamento del fondo“.
Misure per l’occupazione e la transizione green
Inoltre, “al fine di scongiurare o attenuare riflessi negativi sul versante occupazionale della transizione green dell’acciaieria saranno inoltre valutate misure di politica attiva e passiva del lavoro, anche a sviluppo delle interlocuzioni in corso con le associazioni sindacali”.
L’intesa fa poi riferimento a due possibili accordi specifici (da farsi), così come ha proposto il sindaco di Taranto. In primo luogo, “che l’acquirente, giusto quanto previsto dal Testo unico ambiente, e in attuazione degli impegni assunti all’esito della procedura negoziata, presenti nel rispetto dei tempi che saranno indicati in fase di aggiudicazione, le dovute istanze autorizzative sul versante ambientale e sanitario, che tengano conto della progressiva e completa decarbonizzazione dello stabilimento attraverso la realizzazione di forni elettrici in sostituzione degli altoforni che saranno gradualmente dismessi in un tempo certo”.
Accordo di programma per lo sviluppo
E poi che vi sia “un accordo di programma ai sensi dell’articolo 34 del Testo unico degli Enti locali, anche ai fini di predisporre misure adeguate in favore dello sviluppo del territorio, nonchè ad individuare strutture organizzative che monitorino le tempistiche dei procedimenti amministrativi ambientali riguardanti gli impianti strategici così da renderle effettive. L’accordo di programma avrà, in particolare a oggetto la necessità del territorio della provincia di Taranto e dei comuni di Taranto e Statte, coniugando il soddisfacimento del diritto alla salute, all’ambiente, al lavoro. La prima riunione a tal fine si svolgerà a settembre”.
Per il sindaco di Taranto Bitetti, “oggi abbiamo sottoscritto un documento, non un accordo di programma, ci tengo a precisare, che recepisce le nostre richieste“. E Gianfranco Palmisano, presidente della Provincia di Taranto, aggiunge: “Oggi si compie un passo concreto verso quella decarbonizzazione dello stabilimento ex Ilva che per troppo tempo è rimasta solo una promessa“.
Il futuro dell’ex Ilva
Schiarita dunque, ma la strada per il rilancio dell’ex Ilva è ancora lunga e le questioni da affrontare ancora tante: dall’esito della gara (chi si presenterà? E con quali offerte?) al gas (come arriverà a Taranto? In che modo si assicurerà l’approvvigionamento, visto che, secondo i calcoli fatti, servono 5 miliardi di metri cubi l’anno?). E ancora, gli impianti del Dri (preridotto) sorgeranno a Taranto oppure a Gioia Tauro, visto che questa localizzazione alternativa è stata presa in considerazione?
Preoccupazioni occupazionali e accordi raggiunti
Senza trascurare, poi, la questione occupazionale. L’avvento dei forni elettrici al posto degli altiforni causerà esuberi, ma quanti saranno e come verranno gestiti e soprattutto rioccupati, non è chiaro. “Prendiamo atto che un accordo è stato raggiunto, con tutti i soggetti coinvolti, e siamo soddisfatti, perché oggi si è deciso di non chiudere l’Ilva. Abbiamo già detto che l’Ilva è un asset strategico per il paese. Sia per il territorio che per l’industria italiana. Apprezziamo l’accordo e auspichiamo che venga rispettato e portato a termine, mantenendo saldi alcuni paletti”, è infine il commento di Emanuele Orsini, presidente di Confindustria.
Ma i sindacati Fim, Fiom e Uilm sono molto critici: “È un documento privo di tutele e certezze” dice la Uilm con Rocco Palombella. Per Cisl e Fim Cisl, con Giorgio Graziani e Ferdinando Uliano, “questa pre-intesa non è positiva in quanto non chiarisce i tempi di realizzazione, le risorse necessarie e le modalità di attuazione del piano industriale“.