AGI – Un possibile, cauto segnale di speranza si affaccia sul martoriato scenario di Gaza. Hamas ha comunicato venerdì di aver avviato consultazioni interne con le altre fazioni palestinesi in merito a una nuova proposta di tregua con Israele, un’iniziativa che potrebbe preludere alla riapertura di un canale negoziale per un cessate il fuoco.
Pressioni internazionali e ruolo degli Stati Uniti
La dichiarazione assume un peso specifico alla luce dell’imminente visita del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Washington, prevista per lunedì, dove il presidente Donald Trump sta esercitando pressioni per porre fine al conflitto.
La guerra, scatenata dall’attacco senza precedenti di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre 2023, ha visto una devastante offensiva israeliana con l’obiettivo dichiarato di annientare il gruppo militante e ottenere la liberazione di tutti gli ostaggi.
Precedenti tregue e nuovo piano
Finora, due precedenti tregue, mediate da Qatar, Egitto e Stati Uniti, avevano portato a sospensioni temporanee dei combattimenti e allo scambio di ostaggi israeliani con prigionieri palestinesi.
“Il movimento sta conducendo consultazioni con i leader delle forze e delle fazioni palestinesi riguardo alla proposta ricevuta… dai mediatori”, ha affermato Hamas in una nota ufficiale.
Le posizioni di Netanyahu e Trump
Poche ore prima, sottoposto a una fortissima pressione interna sulla sorte dei rapiti, era stato lo stesso Netanyahu a ribadire il suo “profondo impegno, prima di tutto, per garantire il ritorno di tutti i nostri rapiti, di tutti loro”.
Sul fronte americano, il presidente Trump aveva espresso giovedì il desiderio di sicurezza per il popolo di Gaza, aggiungendo che “hanno attraversato l’inferno“.
Contenuti della nuova proposta
Secondo una fonte palestinese vicina ai negoziati, la nuova proposta non si discosterebbe in modo sostanziale dai termini già presentati in passato dagli Stati Uniti. L’offerta, secondo quanto riferito, prevederebbe una tregua di 60 giorni durante i quali Hamas dovrebbe rilasciare la metà dei prigionieri israeliani ancora in vita a Gaza, stimati in 22, in cambio della liberazione da parte di Israele di un numero non specificato di detenuti palestinesi.
Dei 251 ostaggi catturati durante l’attacco del 7 ottobre, 49 restano ancora nella Striscia, e tra questi l’esercito israeliano ritiene che 27 siano morti.
Situazione militare e umanitaria
Nel frattempo, le operazioni militari non si fermano. L’esercito israeliano ha confermato di aver colpito obiettivi sospetti di Hamas in tutto il territorio, da Gaza City a nord fino a Khan Yunis e Rafah nel sud, dove le operazioni si sono recentemente intensificate.
Dopo quasi 21 mesi di guerra, la situazione umanitaria per gli oltre due milioni di abitanti della Striscia di Gaza resta disastrosa.