sabato, Maggio 31, 2025
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Il Giappone dice basta ai nomi stravaganti

AGI – Addio a Pikachu, Naiki (Nike), Kitty, Girishia (Grecia) e Torino. D’ora in poi in Giappone i genitori non avranno più carta bianca sui nomi che vorrebbero dare ai propri figli. A fermarli sono nuove regole in vigore da pochi giorni che disciplinano la pronuncia dei caratteri kanji. Il governo nipponico ha deciso di mettere un po’ di ordine nella giungla dei nomi bizzarri, sempre più ‘creativi’, in alcuni casi motivi di risate e rompicapi per la burocrazia, nelle scuole e negli ospedali.

La revisione della legge sul registro di famiglia non vieta i kanji – caratteri cinesi nel giapponese scritto – ma i genitori saranno tenuti a informare le autorità locali della loro precisa lettura fonetica, nel tentativo appunto di bandire pronunce insolite o controverse. Come riferito dal Guardian, che cita media giapponesi, il cambiamento è stato progettato per fermare l’uso di nomi kirakira (lucidi o scintillanti) che sono proliferati tra i genitori, con la speranza di aggiungere un tocco creativo al nome della propria prole.

Saranno quindi consentite le sole interpretazioni ufficialmente riconosciute dei caratteri kanji, per porre fine alla confusione che i nomi stravaganti hanno causato, soprattutto negli ultimi anni. Il governo ha spiegato la sua scelta con la necessità di adottare una pronuncia standard per semplificare la digitalizzazione delle procedure amministrative.

In realtà, il dibattito sui nomi kirakira infuria dagli anni ’90, spinto dall’aumento dei soprannomi basati sulle letture e interpretazioni dei kanji. Non di rado, i genitori giapponesi sono stati criticati per aver chiamato i loro figli con nomi di personaggi o marchi famosi:

  • Pikachu, (Pokemon)
  • Naiki (Nike),
  • Daiya (Diamante)
  • Pu (Winnie-the-Pooh)
  • Kitty, (il gattino immaginario Kitty Chan, meglio noto come Hello Kitty). 

Altri genitori hanno fatto notizia per la loro presunta impudenza, optando per Ojisama (Principe) e Akuma (Diavolo). A far parlare di sé tra le personalità finite nel mirino per la stravaganza dei nomi dati ai propri figli è stata Seiko Hashimoto, ex pattinatrice di velocita’ olimpica e ciclista su pista che ha guidato il comitato organizzatore di Tokyo 2020. Ha fatto scalpore per aver chiamato i suoi figli Girishia (Grecia) e Torino (Torino), perché nati l’anno in cui si sono svolte le Olimpiadi estive e invernali proprio in quei luoghi. Avendo scelto lei stessa i kanji, Hashimoto sapeva come pronunciarli, ma gli altri hanno avuto non poche difficoltà.

I genitori hanno difeso le loro scelte come una dimostrazione di talento individuale in una società in cui la pressione a conformarsi può essere schiacciante, in particolare quando si tratta di crescere i figli. Per legge, la maggior parte dei circa 3.000 kanji consentiti hanno più letture convenzionali, ma alcuni caratteri hanno la flessibilita’ linguistica necessaria per adattarsi a una fonetica più bizzarra. I funzionari amministrativi si sono spesso lamentati del fatto che, a prima vista, molti sono semplicemente impronunciabili.

Ora, ai genitori che hanno scelto pronunce che si discostano chiaramente dalle convenzioni in vigore, verrà chiesto di spiegare per iscritto la loro scelta del nome e, se necessario, di trovare un’alternativa accettabile. Rassicurante l’interpretazione della riforma fornita dai media del Paese del Sol Levante, secondo cui solo gli esempi più eclatanti saranno respinti, in quanto il requisito fonetico è una rara modifica al registro legale di famiglia del Giappone (koseki), che elenca nomi e date di nascita del capofamiglia, del coniuge e dei figli.  

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