mercoledì, Dicembre 11, 2024
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Il linguaggio segreto usato dalla comunità LGBTQ+ nell’Inghilterra di metà Novecento

Alla scoperta del Polari, il linguaggio in codice che permise ai gay inglesi di sopravvivere quando era vietato essere gay.

Bona to vada your dolly old eek!: quella che potrebbe sembrare una serie di parole senza senso è in realtà un saluto che gli uomini gay del Regno Unito erano soliti scambiarsi negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Il significato è: “Sono contento di vedere il tuo bel viso”. Fino al 1967, l’omosessualità era illegale in Inghilterra e, per evitare la reclusione, gli uomini gay hanno usato il Polari, un linguaggio idiomatico che permettesse agli omosessuali di riconoscersi tra loro senza imbattersi nei giudizi dell’opinione pubblica o, peggio, nel manganello della polizia. Sono gli anni in cui nelle grandi città europee si diffondono i locali clandestini per omosessuali e in cui sbocciano i primi semi di un sentimento di appartenenza a un gruppo, a una comunità. Da qui il bisogno, innanzitutto, di creare una lingua o, per l’esattezza, un gergo, ovvero la lingua propria di gruppi di persone ai margini della società, che ne fanno uso all’interno della loro cerchia per promuovere il senso di appartenenza al gruppo, la sua autoidentificazione e coesione interna, e con il risultato di escludere dalla comprensione gli estranei: da qui la percezione del Polari come lingua segreta, un’espressione criptica forgiata di proposito in forme oscure. Come tutte le minoranze, in particolare come tutte le minoranze più marginalizzate e perseguitate, anche la comunità LGBTQ+ ha dato vita a codici di espressione e di aggregazione che vanno dal gusto estetico, alle icone, al linguaggio.

Ed è così, in Inghilterra e in particolare a Londra, nelle Molly Houses, cioè le taverne e i locali segreti dove si incontravano e frequentavano i membri della comunità LGBTQ+, nasce il Polari, un linguaggio segreto per mascherare la propria sessualità in pubblico ed evitare di essere segnalati alle autorità, in un contesto in cui il Criminal law emendment act del 1885 aveva criminalizzato l’omosessualità, considerandola un atto osceno.

Al Polari sono stati dedicati studi di linguistica, come quello a opera di Paul Baker, il quale ha individuato l’origine di questo gergo in un dialetto chiamato Parlayree (dall’italiano “parlare”), usato da pirati e gente di mare nel Mediterraneo. Dai porti italiani e spagnoli, il Parlayreesi fa strada fino all’Inghilterra, portato da viaggiatori, artisti di strada, mendicanti e prostitute. A Londra si trasforma, si mischia con il dialetto locale, influenze del Cockney Rhyming Slang, del backslang(parole pronunciate al contrario: riah invece di hair, per esempio), dello Yiddish, di acronimi e diventa un linguaggio segreto usato prima negli ambienti teatrali, e poi nella comunità gay. È qui che il Parlayreediventa Polari. Inserire una parola in Polari nella conversazione, come omi (uomo), palone (donna), omi-palone (uomo gay), bona(bello o bella) e naff (terribile, senza carattere), significava comunicare il proprio orientamento sessuale in modo che fosse comprensibile solo se dall’altra parte c’era un membro della comunità gay, altrimenti, a un occhio esterno, sarebbe sembrato solo uno strano prestito da una lingua straniera. Ma il Polari era soprattutto utilizzato per lo scambio sicuro di pettegolezzi, gossip, frecciatine o informazioni sensibili, per crearsi identità fittizie, per sentirsi liberi di essere se stessi in pubblico come comunità, davanti agli occhi di tutti.

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