AGI – “La Siria è un Paese colto e ricco di storia, dove sono nate le prime comunità cristiane. È un Paese essenziale per la stabilità dell’intero Medio Oriente”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani nel suo intervento al Meeting di Rimini, nella sessione dedicata alla presenza della comunità cristiana in Siria e alla libertà religiosa. “Anche in seno al G7, desideriamo inviare un messaggio positivo alla Siria, con la speranza che al-Sharaa vinca la battaglia contro gli estremisti”, ha sottolineato il capo della diplomazia italiana. Pur guardando con fiducia al leader siriano che ha rovesciato il regime di Assad lo scorso dicembre, Tajani ha ricordato che “una parte dei suoi sostenitori vuole uno Stato islamico. L’unità del Paese è molto fragile e la presenza turca è forte”. Per tutte queste ragioni e molte altre, la sfida per la leadership siriana è immensa. “Dobbiamo avere fiducia in al-Sharaa, perché è la nostra unica garanzia in questo momento. Dobbiamo avere fiducia, anche un po’, altrimenti non otterremo nulla”, ha continuato Tajani, intervenuto dopo la toccante testimonianza di Sua Eccellenza Monsignor Hanna Jallouf, Vicario Apostolico di Aleppo.
Tajani ha raccontato l’incontro di oltre due ore avuto con il presidente siriano Mohamed al-Sharaa durante la sua visita dello scorso gennaio. “L’Italia ha deciso di aprire le porte alla nuova amministrazione, di darle fiducia, ma con gli occhi ben aperti”, ha continuato il ministro, sottolineando che la stabilità e l’unità territoriale della Siria “sono la nostra priorità”. Nella sua testimonianza, il vicepremier italiano si è anche detto sorpreso da al-Sharaa: “Mi sono trovato di fronte a un leader di alto livello culturale, che parlava come uno statista, parlando arabo pur conoscendo l’inglese”.
In questa fase, “dobbiamo aiutare la Siria a costruire e ricostruire. Il Paese ha bisogno di infrastrutture di trasporto e porti, e non solo per la flotta russa. La Siria deve essere in grado di sfruttare le sue risorse naturali come gas e petrolio”. L’incontro con il leader di al-Sharaa ha rivelato che la Siria ha bisogno di investimenti ed è pronta ad accogliere le aziende attive in questi settori. Buone notizie per la Siria: la 62ma Fiera Internazionale di Damasco, con lo slogan “La Siria accoglie il mondo”, si terrà dal 27 agosto al 5 settembre. Sarà la prima a essere organizzata dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad lo scorso dicembre e la sospensione dell’evento per sei anni.
“Stiamo rafforzando il personale della nostra ambasciata in Siria, dove le opportunità di investimento sono significative per le nostre aziende. Invieremo anche ulteriori aiuti nei prossimi giorni”, ha continuato Tajani. Allo stesso tempo, il ministro degli Esteri italiano ha insistito sul fatto che “dobbiamo garantire la continuità culturale di un Paese con un passato fenomenale”. Rafforzare l’istruzione è fondamentale, ha affermato: “Dobbiamo formare i giovani all’università affinché restino lì e impedire che l’ignoranza prevalga, perché è sull’ignoranza che l’Isis gioca la sua partita”.
“Dobbiamo tutelare la presenza delle comunità cristiane in Siria e nei Paesi della regione, perché sono un fattore di pace e stabilità in Medio Oriente”, ha proseguito con convinzione il ministro Tajani. “Per al-Sharaa esistono solo i siriani. Sapevo che se gli avessi parlato solo di cristiani, come hanno fatto altri prima di me, si sarebbe arrabbiato”, ha spiegato il capo della diplomazia italiana. “Aleppo era un punto di riferimento per la comunità cristiana in Siria, ma non solo. Cancellare questa presenza avrebbe danneggiato la pace in tutta la regione. Anche per questo l’Italia si è indignata quando Israele ha attaccato la chiesa della Sacra Famiglia a Gaza”, ha chiarito il ministro degli Esteri. “È difficile essere cristiani in questa regione, soprattutto perché il rischio di persecuzione da parte di una frangia estremista è evidente. I cristiani fuggono non solo dalla Siria, ma anche da Gaza, dalla Cisgiordania e da tutta la Palestina”, ha lamentato Tajani.
“Anche qui in Italia dobbiamo avere il coraggio di difendere la nostra identità, di dire: ‘Noi siamo cristiani, voi siete musulmani, vogliamo reciprocità’. Questo richiede forza morale, forza personale, come quella dimostrata dal vescovo Jallouf contro l’Isis, una forza più forte della violenza. Non dobbiamo chinare il capo davanti al nostro interlocutore; è un segno di rispetto per noi, soprattutto perché non si vergogna affatto a difende la sua identità, a differenza nostra”, ha concluso.