AGI – A distanza di cinque mesi dalle elezioni dello scorso febbraio, il Kosovo non è ancora riuscito a formare un nuovo governo, intrappolato sempre più in un vero e proprio stallo politico. Tuttavia, l’ex primo ministro Kurti – che alle urne ha ottenuto solamente la maggioranza relativa – continua a rimanere il leader de facto, e attraverso una serie di riforme etichettate come “provocatorie e dannose” dall’Unione Europea, prosegue nello smantellando dei servizi paralleli garantiti da Belgrado ai serbi presenti in Kosovo.
Kurti, in questi mesi si è infatti mosso per chiudere o – nella migliore delle ipotesi portare sotto il controllo del governo – banche e altri istituti in grado di fornire assistenza sociale alle minoranze, strumenti da sempre efficaci per Belgrado al fine di garantire la lealtà delle aree a maggioranza serba presenti in Kosovo.
Azioni che proseguono da tempo, nonostante le sanzioni imposte nel 2023 dall’Unione Europea, che all’inizio di questo mese ha nuovamente chiesto a Kurti lo stop alla chiusura dei servizi nel nord del Paese. Dal canto suo, il premier a interim ha etichettato le misure dell’UE come “ingiuste” e ha continuato a lavorare contro tutti quei servizi che il suo ufficio definisce “strumenti di intimidazione, minaccia e controllo” da parte della Serbia.
Tra i timori che le crescenti tensioni nelle enclave serbe possano nuovamente sfociare in violenza – che in precedenza ha costretto la NATO a intervenire – anche Washington ha rimproverato l’alleato balcanico, cancellando le prossime discussioni ad alto livello con il Kosovo per le preoccupazioni che le azioni di Kurti possano “aumentare le tensioni e l’instabilità” nel Paese.
Influenza serba che a Pristina continua a rappresentare una grande paura per il governo, alimentata dalle frequenti accuse di spionaggio fuori e dentro il Kosovo. Il mese scorso, un ufficiale dell’esercito croato e una donna sono stati accusati di essere spie al servizio di Belgrado, arrestati e attualmente detenuti a Spalato, nella Croazia orientale. Secondo le accuse, i due avevano spiato le forze di peacekeeping guidate dalla NATO in Kosovo per conto di gruppi serbi.
Il procedimento è in corso, ma questi fatti, insieme allo stallo politico, aumentano fortemente il timore di un’improvvisa escalation.
Diversi analisti avvertono che il Kosovo rischia concretamente di perdere ulteriori finanziamenti dell’UE a causa della crisi in corso. Questo, unito alla stasi parlamentare, rischia di far collassare le istituzioni.
“Il Kosovo non ha altra soluzione che andare nuovamente al voto”, spiega l’esperto di economia Safet Gerxhaliu. “I cittadini stanno pagando un prezzo elevato. Se la crisi non sarà risolta entro la fine dell’anno, ci troveremo in una vera e propria crisi istituzionale molto rischiosa”.
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