AGI – Aumentano le pressioni su Benjamin Netanyahu per lo scandalo Qatargate, il caso che riguarda i due collaboratori del premier israeliano, Jonathan Urich ed Eli Feldstein, accusati di aver preso soldi da Doha – Stato sostenitore e finanziatore di Hamas – per promuoverne l’immagine mentre lavoravano presso l’ufficio del primo ministro.
Oltre a essere nel mirino delle opposizioni, che da tempo lo martellano sul caso, Netanyahu ha cominciato a ricevere critiche anche da alleati di governo, alla luce delle recenti rivelazioni di Feldstein che hanno scatenato nuove polemiche e interrogativi. Dopo il ministro delle Finanze e leader di estrema destra Bezalel Smotrich, anche il sodale Itamar Ben-Gvir, ministro per la Sicurezza nazionale, ha usato parole di condanna, sostenendo di aver messo in guardia Netanyahu dall’assumere Feldstein, definendolo “non affidabile, per usare un eufemismo”. In un’intervista radiofonica, il leader di estrema destra ha poi sostenuto che chiunque sia coinvolto nella vicenda “dovrebbe essere condannato a molti anni di prigione”.
Le dichiarazioni del ministro Dichter
Sulla stessa linea, anche se in una versione più sfumata, è stato il ministro dell’Agricoltura Avi Dichter: l’ex capo dello Shin Bet ed esponente del Likud, lo stesso partito del premier, ha affermato che “chiunque lavori per lo Stato di Israele dall’interno dell’ufficio del primo ministro, e parallelamente lavori per lo Stato del Qatar e si occupi di pubbliche relazioni per esso, è un fuorilegge”.
Il caso di Israel Einhorn
Nei casi del Qatargate e del Bibileaks è sospettato di essere coinvolto anche un terzo consigliere del premier, Israel ‘Srulik’ Einhorn, attualmente residente in Serbia e interrogato lo scorso luglio dagli investigatori di Tel Aviv presso il ministero della Giustizia a Belgrado. La procura israeliana ha fatto sapere oggi di essere al lavoro per farlo estradare.
Netanyahu si difende e prende le distanze
Netanyahu, che non è indagato ma è stato interrogato in merito in passato come persona informata dei fatti, ha definito lo scandalo una caccia alle streghe politica, ribattezzandolo ‘Qatar-fake‘. E di fronte alle crescenti pressioni ha di fatto preso pubblicamente le distanze da Feldstein. Venerdì durante lo Shabbat – circostanza che ha fatto infuriare il leader del partito ultraortodosso United Torah Judaism, Yitzhak Goldknopf per la violazione dei dettami religiosi – il portavoce del Likud, Guy Levy, ha diffuso una lunga dichiarazione rispondendo a una serie di accuse e formulandone altre.
Le precisazioni del portavoce del Likud
Levy su X ha insistito che “Feldstein non è mai stato portavoce del primo ministro e non ha mai lavorato presso l’ufficio del primo ministro”, ma presso il direttore generale, e successivamente come “consulente esterno“. Netanyahu “non ha avuto quasi nessun contatto con lui, non lo ha coinvolto nelle discussioni e certamente non lo ha incluso in riunioni o discussioni riservate”, ha proseguito Levy.
Il cambio di narrazione su Feldstein
Una nuova versione, rispetto a quelle precedenti che hanno visto il premier passare dal disconoscere o quasi il collaboratore – quando è stato arrestato nel novembre 2024 per ‘Bibileaks‘, con l’accusa di aver sottratto e fatto trapelare informazioni classificate a media internazionali per influenzare l’opinione pubblica in linea con le posizioni del governo – a definirlo un “patriota” quando i legami sono venuti alla luce, fino a criticarlo apertamente e accusarlo di mentire dopo che Feldstein ha sostenuto che il premier e Urich sapevano tutto della fuga di notizie ‘pilotata’.
Il ruolo di Feldstein e Urich
Come ricorda la stampa israeliana, Feldstein è stato fotografato diverse volte durante la guerra insieme a Netanyahu, in riunioni di sicurezza ad alto livello, nonostante nell’aprile 2024 non avesse ricevuto il nulla osta di sicurezza. Secondo gli investigatori, per aggirare l’ostacolo e permettergli di lavorare per il premier, Urich aveva organizzato un sistema di pagamento esterno tramite un consulente americano, Jay Footlik, registrato negli Usa come lobbista per il Qatar.
Le posizioni di Netanyahu sul Qatar
In merito proprio allo scandalo legato a Doha, Levy ha sottolineato che “dall’inizio della guerra, il premier ha rilasciato dichiarazioni dure contro il Qatar, nonostante le critiche di funzionari della sicurezza e giornalisti di sinistra che sostenevano che stesse ‘mettendo in pericolo gli ostaggi'”. Inoltre, ha ricordato il portavoce del Likud, Netanyahu ha anche “ordinato un attacco operativo al Qatar“, contro la dirigenza di Hamas, lo scorso settembre. Raid per il quale il premier israeliano, sotto le pressioni di Trump, si è dovuto scusare in mondovisione con l’emiro di Doha.
Levy attacca gli oppositori
Levy, d’altro canto, ha denunciato “l’ipocrisia palese” degli oppositori, mettendo l’accento sugli “stretti legami con Doha” di “ex alti ufficiali, importanti personalità di sinistra, membri del Forum dei familiari dei rapiti e imprenditori di sinistra”. Dito puntato esplicitamente anche contro l’ex capo dello Shin Bet, Ronen Bar, cacciato da Netanyahu la scorsa estate dopo una lunga battaglia giudiziaria, in uno scontro durissimo tra i due.
Le decisioni della corte sul caso Urich
Il portavoce del Likud è andato avanti nella sua ‘arringa difensiva’ su X: “La corte ha già chiarito la sua posizione, non c’è alcun reato e non c’è alcuno scandalo”, ha affermato. Non è chiaro a cosa si riferisca ma, come ricorda Times of Israel, probabilmente al tribunale di Rishon Lezion, che si è pronunciato almeno cinque volte a favore di Urich su questioni procedurali relative al caso, solo per vedere tali decisioni ribaltate dalla corte distrettuale di Lod, l’ultima volta la scorsa settimana, quando il giudice ha rinnovato il divieto per Urich di tornare a lavorare presso l’ufficio del primo ministro mentre proseguono le indagini.
Levy denuncia altre questioni
Levy ha infine contrattaccato, suggerendo che la recente attenzione mediatica sul Qatargate è fumo negli occhi dell’opinione pubblica per coprire “incidenti davvero gravi“, come l’hackeraggio iraniano del cellulare di uno dei leader dell’opposizione, l’ex premier Naftali Bennett, il principale sfidante di Netanyahu alle prossime elezioni, e il caso della fuga di notizie da parte dell’ex procuratore generale militare Yifat Tomer-Yerushalmi in merito alle violenze di soldati israeliani su un detenuto palestinese nel carcere di Sde Teiman. Un caso stigmatizzato dal governo, che ha accusato la legale di aver causato danni alla sicurezza dello Stato.
“Invece di affrontare questi incidenti, si stanno creando distrazioni al momento giusto”, ha sostenuto Levy, affermando che Netanyahu “respinge con disgusto ogni tentativo di attribuirgli influenze straniere o azioni illegali e continuerà ad agire con risolutezza per la sicurezza e la prosperità di Israele“.



