AGI – La salma di Nicola Pietrangeli è arrivata questa mattina allo stadio che porta il suo nome all’interno del Foro Italico. Ad accoglierla, oltre ai familiari e agli amici più stretti del campione di tennis morto lunedì scorso all’età di 92 anni, anche il picchetto d’onore dei Carabinieri schierato per rendere omaggio a una delle figure più iconiche dello sport nazionale.
La camera ardente è stata allestita direttamente sul campo da gioco, dove accanto al feretro è esposta la Coppa Davis conquistata nel 1976, anno del trionfo degli Azzurri in Cile sotto la sua guida da capitano. Sul fondo del campo un maxischermo trasmette senza sosta le immagini delle sue gesta sportive. Tra i presenti anche il figlio Filippo Pietrangeli, mentre tra gli amici il primo a rendere omaggio al campione è Giorgio Meneschincheri, fondatore di Tennis and Friends, iniziativa di cui Pietrangeli è stato grande promotore e presidente.
Commemorazione e l’ultimo saluto al campione
A mezzogiorno è prevista una commemorazione sul campo, alla presenza di autorità, sportivi e amici del campione, in attesa delle esequie fissate alle 15 nella chiesa di Ponte Milvio. Tra i tanti attesi anche il principe Alberto di Monaco, legato a Pietrangeli da un rapporto di profonda stima e amicizia. Un flusso costante di tifosi, sportivi e personalità del mondo istituzionale è atteso nelle prossime ore per l’ultimo saluto al campione.
Il ricordo del figlio Marco
“Si sono piacevolmente stupito dall’affetto di tutta l’Italia… scusatemi, ma è dura”: lo ha detto con la voce rotta dalla commozione e le lacrime agli occhi Marco Pietrangeli ricordando il padre Nicola. Lo ha fatto mentre risuonavano le note di ‘Hier Encore’ Charles Aznavour, la musica che lo stesso Pietrangeli aveva chiesto per il suo ultimo saluto: “Questa è la sua musica, richiesta appositamente. Spero che mettano, quando esce, ‘My Way'”.
Nel ricordare papà, Marco ha tracciato il ritratto privato di un uomo “scanzonato, ironico, dissacrante, come dite voi… ma era lui”, capace di confrontarsi con chiunque: “Raccontavo ieri dei messicani che suonavano nei ristoranti: lui bloccava il tavolo, faceva ascoltare come suonavano, era attento alla mancia e rispettava il lavoro di tutti. Dal principe Alberto di Monaco al messicano che suona, lui rispettava tutti e aveva un grande senso di giustizia”.
E poi la Coppa Davis, la sua ossessione sportiva: “Se non fosse stato così attaccato alla Coppa Davis magari avrebbe pure guadagnato qualche cosina in più… però lui era malato di questa cosa. Per lui la maglia azzurra era tutto. Indossarla era importantissimo”. “Ogni tanto sparava qualche frecciatina a destra e a manca, ma era un signore di 92 anni, amato nel suo sport, che vedeva il tennis di oggi come una cosa di mostri e di marziani – ha sottolineato – ‘mostri’ nel senso buono, giocatori fortissimi fisicamente”.
“Sinner? Non so se sia arrivato un suo messaggio”
“Non so se sia arrivato un messaggio di Jannik… non ho guardato”: Marco Pietrangeli ha risposto cosi’ ai cronisti che alla camera ardente per il papà Nicola gli chiedevano se gli fossero arrivate le condoglianze di Sinner. L’entourage del campione altoatesino aveva riferito di un messaggio in privato mandato alla famiglia.
Il presidente Coni, “storie come la sua non muoiono mai”
“Va via la storia, e le storie come la sua non muoiono mai. Lui è più di un pezzo di storia. Ci ha lasciato un messaggio del quale tutti dovremmo renderci conto”: con queste parole Luciano Buonfiglio, presidente del Coni, rende omaggio a Nicola Pietrangeli davanti alla camera ardente allestita nel campo che porta il suo nome al Foro Italico.
Buonfiglio prosegue il suo ricordo con un affetto palpabile: “Ho avuto il privilegio di conoscerlo davvero, di parlare tante volte con lui. Ogni conversazione era un misto di esperienza e ironia. Sapeva metterti a tuo agio, non si è mai vantato di nulla. Era sempre disponibile, sempre cordiale”.
Il presidente del Coni rievoca anche un momento che lo aveva colpito: “Una delle prime volte che ci siamo incontrati mi ha visto entrare e si è alzato in piedi. Gli dissi: ‘Nicola, mi alzerò sempre io. Ci mancherebbe altro, per quello che hai fatto e per quello che ci hai insegnato'”.
Davanti alla Davis esposta sul campo, Buonfiglio riflette sul peso della maglia azzurra, tanto caro a Pietrangeli: “Io me lo ricordo ancora la prima volta che l’ho indossata, sono passati cinquant’anni. La prima volta ti senti quasi un padre eterno, ti sembra di diventare immortale. E’ un traguardo che raggiungi con talento, passione e anche un po’ di fortuna”.
E il messaggio finale è un invito alla memoria attiva: “Per rimanere nella storia non basta vincere: devi essere un esempio dentro e fuori dal campo. I campioni come Nicola ci hanno lasciato un’eredità. Se ognuno di noi riuscisse a fare una buona azione al giorno, sarebbero 365 buone azioni l’anno. Sarebbe il modo migliore per ricordare chi ha dato tanto allo sport e al Paese”.
Il ricordo dell’altro figlio, Filippo
“Era proprio come voleva lui”, dice Filippo, altro figlio di Nicola Pietrangeli, in lacrime alla camera ardente del padre. “Devo ringraziare molto la Federazione e i colleghi di Sport e Salute”, ha aggiunto, “hanno messo in piedi quello che voleva lui. Io sono evidentemente emozionato. Non mi aspettavo in tutta Italia questa esplosione d’affetto”.
Sul campo risuona la musica scelta dallo stesso Pietrangeli, su cui il figlio svela un aneddoto: “Qualche anno fa ci fu un concerto di Aznavour al Centrale e io lo portai, perchè lui non l’aveva mai conosciuto ed era un fan. Lo portai al suo concerto e Aznavour gli firmò i dischi“. “Preferisco non commentare su questo. Ognuno agisce come crede”, così Filippo ha liquidato la polemica nata attorno alle condoglianze di Jannik Sinner.



