AGI – Se l’avessero trovato in fondo al mare sarebbe stato un Bronzo di Riace. Un fisico scolpito anche sui cinquant’anni, un corpo perfetto, ora atletico, ora apollineo, ora dionisiaco nei ritratti dei suoi libri fotografici, in particolare quello fra le rovine di Pompei. Una struttura fisica non facile a librarsi nell’aria se non fosse per la muscolatura possente. “Non avere il peso della gravità per un danzatore è il sogno”.
Roberto Bolle è una delle eccellenze italiane conosciute nel mondo, primo nella storia ad essere diventato contemporaneamente “étoile” della Scala di Milano e dell’American Ballet Theatre di New York. Aveva solo 15 anni quando il leggendario Rudolf Nureyev lo scelse per interpretare il ruolo di Tadzio in “Morte a Venezia”. Scelta respinta: troppo giovane. Ma il destino era segnato.
La carriera e la filosofia di Roberto Bolle
Allontanarsi in tenera età dalla famiglia non fu facile: la lontananza da casa, la solitudine. Ma fu lasciato libero di scegliere la sua strada. Da allora ha calcato tutti i maggiori palcoscenici del mondo in Italia e all’estero. In splendidi scenari oltre i teatri: Sagrato del Duomo di Milano, Piazza Plebiscito a Napoli, Colosseo a Roma, Valle dei Templi ad Agrigento, Giardino di Boboli a Firenze, Teatro Antico di Taormina, Piazza San Marco a Venezia… fino a Piazza San Pietro alla presenza di Giovanni Paolo II. Fondali di arte e di storia per esibizioni coreutiche d’eccezione. Ha fatto coppia con le più grandi stelle di vari decenni, Carla Fracci compresa. Fin da bambino, è nato a Casale Monferrato nel 1975, la vocazione si presentò senza possibilità di dubbi: “Volevo fare il ballerino”. Un percorso artistico sempre in crescendo, effettuato con passione, sacrificio, disciplina, ricerca costante della perfezione, del bello. Rimpianti se si dovesse guardare indietro? “Ho avuto troppo – ha dichiarato – per avere rimpianti”, fedele alle parole di Nachman Braslaw: “Ogni giorno si deve ballare, anche se solo nel pensiero”. Ore e ore, un tirocinio da tortura davanti allo specchio, alla sbarra. Da quando debuttò nel primo saggio alla Scuola della Scala nel “Carnevale degli animali”. Faceva la rana. Forse qualcuno lo baciò e divenne una sorta di principe azzurro. “Lavora, sacrificati – dice – i risultati arriveranno”. Non ha avuto preclusioni di sorta, ha ballato il classico, come il moderno, perfino con la musica di Marilyn Manson. È cresciuto come artista, è cresciuto come uomo.
Impegno sociale e il successo di On Dance
Alla professione affianca una serie di iniziative benefiche, di solidarietà: “Mi piace essere buono, penso sia un segreto della felicità. Sono un ragazzo perbene, quello che tutte le mamme vorrebbero avere…”. Libri, film, testimonial dell’ENI per una campagna per una “energia nuova”, che si sposa alla danza. Ma la vera apoteosi è stata a Milano all’Arco della Pace, in una stupenda mattina di fine estate. Duemiladuecento adolescenti provenienti da tutta Italia, per lo più ragazzine, tutti per magia sottratti ai cellulari e vestiti di bianco e rosso. Alle svariate proposte di “On Dance” hanno preso parte 12.140 persone. “L’Arco della Pace – ha detto Bolle – è un luogo meraviglioso e simbolico, speriamo che questa energia di pace si infonda in noi e nel momento storico che stiamo vivendo”.
Eleonora Abbagnato: passione e ambizione
“Mi dicevano che ero grassa”. Oggi Eleonora Abbagnato è una silfide bionda, una libellula. Se le si domanda cosa è la danza risponde con sincerità: “Passione e ambizione al 50 percento”. Balletto classico, con incursioni nel “pop”, come in un videoclip di Vasco Rossi. Professionalità acquisita alla scuola di Carla Fracci. Oggi dirige il corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Un’arte, tante scuole: “Ogni metodo è corretto – ha dichiarato – bisogna prendere il meglio dovunque. La scuola francese è più fluida, la russa è più classica. I talenti sono rari, ma ti accorgi subito se una bambina ha una luce diversa”. Le “étoiles” quando si librano nell’aria sembrano angeli in volo. Una suggestione che solo il balletto può dare. “Ho sempre ballato. Per tutta la vita non ho fatto altro che ballare. Fin da bambina, non ho mai seguito corsi, non avevo mai visto un balletto di persona. In un certo senso non ho trovato il balletto, è lui che ha trovato me”.
Misty Copeland: il cigno nero e la rivoluzione multietnica
Istinto puro e forza atletica. Ballerina e acrobata, Misty Copeland è stata definita “il cigno nero”. Una vera rivoluzione in un’arte che era stata sempre prerogativa della razza bianca. L’approdo per un traguardo multietnico. Prima ballerina afroamericana nei 75 anni dell’American Ballet Theatre, dal quale è uscita a 42 anni. “Un sogno da quando ero tredicenne”. Una copertina del “Time”, segnalata come una delle persone più influenti del mondo, persino una Barbie con un costume rosso acceso come “Nell’uccello di fuoco”. Ha fatto parte anche dei consiglieri di Obama. Eppure il suo corpo è diverso da quello di molte prestigiose colleghe, ma non si è arresa, nonostante una frattura vertebrale, un infortunio alla tibia e i pregiudizi razziali. A dimostrazione che “le ragazze nere sono fantastiche” e che nulla può essere loro precluso in “un enorme passo avanti” per la comunità che rappresentano. Una storia, come spesso accade per il colore della pelle, che è stata una sfida continua alle avversità, dalla povertà a San Diego in California, spesso in un’unica stanza d’hotel con cinque fratelli, il sussidio di stato, forte però di una fede: “La danza è il linguaggio nascosto dell’anima”. E Misty Copeland è una grande anima: oggi aiuta giovani ballerine, sostiene Boys and Girls Club, affronta senza mezzi termini il problema delle disuguaglianze, considera una sua missione garantire una chance alle ballerine nere: “Siate forti, siate belle. E credete fermamente che tutto è possibile”.
Danza come elisir di longevità e salute
La danza non è solo arte, è anche cura, salute. Combatte certi tipi di infiammazione, controlla lo stress, potenzia resistenza e forza muscolare, fa acquisire flessibilità, rapidità, destrezza, aumenta l’autostima e favorendo la comunicazione combatte la depressione. Un elisir di lunga vita? In effetti è una pillola di longevità, innescando processi che ritardano l’invecchiamento. I casi sono tanti. Alessandra Ferri, con un ritorno dopo un abbandono delle scene durato sei anni, è approdata a Vienna a 62 anni, al Wiener Staatsballett. Dopo aver rifiutato la Scala, dato che era il momento in cui aveva deciso di smettere. “Ascolti l’orchestra dei Wiener Philharmoniker e ti vengono i brividi, deve essere la stessa cosa per la danza”. Luciana Savignano è rientrata addirittura a 81 anni, ballerà ancora il “Bolero”, “dopo un lutto devastante”, la morte del marito. “Il vizio capitale dei ballerini? Il narcisismo. Lo specchio a volte andrebbe buttato. Ma la danza è amore, coraggio, energia. Vita e arte insieme. Finché c’è l’una c’è l’altra”. L’imperativo: danzare, danzare, danzare. Non a caso Rudolf Nureyev affermava che “Ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare”.



