giovedì, Dicembre 5, 2024
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La lenta agonia di Scholz che la Germania non si può permettere

AGI – L’allontanamento dal governo dell’ormai ex ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, e degli altri esponenti della sua Fdp (tranne il responsabile dei Trasporti, Volker Wissing, che ha preferito lasciare il partito e conservare la poltrona, aggiungendo anzi quella della Giustizia) apre per la Germania una crisi il cui esito appare abbastanza scontato. Il cancelliere Olaf Scholz intende presentarsi al Bundestag il 15 gennaio per chiedere una fiducia che, molto probabilmente, non otterrà. Dopodiché in primavera si potrà andare a votare ed è prevedibile che alla guida della prima economia europea arrivi Friedrich Merz, leader dei conservatori della Cdu/Csu, magari con l’appoggio di quel che resta della fu coalizione ‘semaforo’. E proprio perché l’unica via d’uscita plausibile appare questa – Merz è contrario a qualsiasi collaborazione con i nazionalisti di Afd, secondo partito con il 18% dei consensi – cresce la pressione del mondo imprenditoriale e mediatico perché Scholz non prolunghi l’agonia di un esecutivo di minoranza dove restano solo la sua Spd e i Verdi. 

 

“Non possiamo permetterci un governo senza maggioranza per diversi mesi”, ha tuonato Merz, che ieri pomeriggio ha avuto un incontro di circa 25 minuti con Scholz per convincerlo a chiedere la fiducia “nei prossimi giorni” in cambio della collaborazione della Cdu all’approvazione di alcune leggi non rimandabili, a cominciare proprio dalla finanziaria, su cui si è consumato lo scontro con Lindner, falco dell’austerità che si è opposto a molti importanti investimenti infrastrutturali proposti dai Verdi, alcuni dei quali necessari, a partire dalle ferrovie.

Le leggi più urgenti in sospeso

Scholz non intende cedere sul sostegno all’Ucraina, soprattutto ora che il ritorno di Trump potrebbe ridimensionare l’impegno statunitense. Gli stanziamenti per Kiev richiedono però uno sforamento di bilancio che non può essere approvato senza la collaborazione dei conservatori. Meno chance di passare ha il progetto di riforma delle pensioni, che penalizzerebbe i giovani per salvaguardare il più possibile lo status quo. È invece urgente l’approvazione di interventi per il rilancio del settore automobilistico, che ha dato un forte contributo all’inatteso crollo della produzione industriale certificato a settembre.

 

La spina dorsale dell’export tedesco rischia di spezzarsi a causa dell’impatto dell’elettrificazione e della concorrenza cinese, nonché di una guerra commerciale con gli Usa che Biden non aveva interrotto ma che con il ritorno di ‘The Donald’ alla Casa Bianca diventerebbe ancora più intensa. Scholz intende riportare le compagnie, sia tedesche che internazionali, a produrre in Germania tramite generosi sgravi fiscali. Merz è disposto a sostenerlo nel contrastare quella che per la Germania è un’autentica minaccia esistenziale, purché l’attuale cancelliere faccia un passo indietro. Il problema è che potrebbe non essere facile convincere il leader socialista a uscire subito di scena.

Perché Scholz ha aperto la crisi proprio ora?

Sulla stampa tedesca più di un analista ritiene che Scholz abbia accelerato e aperto la crisi prima che il suo litigioso partito riuscisse ad accordarsi su una figura in grado di correre alle prossime elezioni al suo posto. L’ex sindaco di Amburgo appare quindi determinato a conservare la guida di una Spd data dai sondaggi al 15%, tre punti in meno di Afd, che ha invece tutto da guadagnare, insieme alla sinistra filorussa del Bsw, dal trascinarsi di un governo nato troppo eterogeneo per reggere fino alla fine. 

 

La scommessa di Scholz era che il ritorno di Trump avrebbe serrato i ranghi del governo e spinto Lindner, sostenitore di una rigorosa disciplina fiscale e di un welfare ridotto al minimo, a un approccio più collaborativo. È avvenuto il contrario e l’ultimo confronto tra i due si è concluso tra insulti e pesanti accuse reciproche. Eppure l’ex ministro delle Finanze, nel suo scontro perenne con i Verdi, non si era opposto a iniziative di spesa evitabili come l’aumento di quei sussidi che un altro cancelliere socialista, Gerard Schroeder, aveva ridotto per stimolare l’offerta di lavoro. Oggi le aziende tedesche non riescono a trovare sufficiente manodopera.

 

Ora il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, invita i politici alla “responsabilità” perché diano al Paese “maggioranze stabili e un governo efficace”. Il vicecancelliere verde Robert Habeck è però sulla stessa linea di Scholz. “Siamo in carica, possiamo prendere decisioni e le prenderemo”, ha assicurato. Il rischio è arrivare a gennaio con una legge di bilancio incompleta e striminzita che l’economia tedesca, con venti contrari che soffiano sempre più forti, non può permettersi in alcun modo. 

 

 

 

 

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