AGI – La vittoria di Zohran Mamdani nella corsa a sindaco di New York City è un terremoto politico che corona una sorprendente ascesa dall’anonimato e regala alla sinistra uno dei suoi trionfi più grandi, infiammando una lotta già feroce all’interno del Partito Democratico. E le sue parole nel discorso della vittoria non hanno fatto che acuire ulteriormente il confronto. Quando è salito sul palco del Brooklyn Paramount Theater poco prima di mezzanotte, Mamdani ha lanciato una raffica di frecciatine retoriche, non solo contro il presidente Trump, che ha definito un “despota”, ma anche contro la leadership del suo stesso partito, che ha definito corporativa e debole.
Il suo mandato di sindaco, ha promesso, si baserà su “una visione coraggiosa di ciò che realizzeremo, piuttosto che su una lista di scuse per ciò che siamo troppo timidi per tentare”. Poi, in un attacco ancora più frontale, ha aggiunto che “le convenzioni ci hanno frenato”. “Ci siamo inchinati all’altare della cautela e abbiamo pagato un prezzo altissimo” ha detto, “Troppi lavoratori non riescono a riconoscersi nel nostro partito, e troppi tra noi si sono rivolti a destra per capire perché sono stati lasciati indietro”.
Il suo discorso, che ha citato anche l’icona socialista americana Eugene Debs e il primo premier indiano post-indipendenza Jawaharlal Nehru, lascerà sicuramente costernati i centristi ma, osserva The Hill, il vento è a suo favore. Il trentaquattrenne socialista, musulmano di padre ugandese e madre indiana ha sconfitto l’ex governatore Andrew Cuomo due volte: la prima alle primarie di giugno e la seconda nelle urne per l’elezione del sindaco. Ci è riuscito con apparente facilità, nonostante nelle fasi finali della corsa gruppi esterni e miliardari abbiano speso cifre folli per fermarlo.
L’affluenza alle urne nella città più popolosa del Paese ha superato i due milioni, la più alta degli ultimi 50 anni. Questa è la prova, almeno agli occhi del Team Mamdani, che la politica del loro candidato ha acceso nuove speranze, attirando alle urne nuovi elettori. “Questa visione mobilita le persone”, ha detto la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, Democratica di New York e icona delle frange più a sinistra nel partito. Per la deputata, potenziale candidata alla presidenza per il 2028, aveva partecipato a un grande comizio con Mamdani e il senatore Bernie Sanders nella fase conclusiva della campagna, la vittoria dimostra che i Democratici possono vincere “trasmettendo un nuovo messaggio”.
Le promesse della sua campagna elettorale
Nel caso di Mamdani, il fulcro è l’accessibilità economica. Ha promesso ai newyorkesi un servizio di assistenza all’infanzia gratuito per i bambini fino a cinque anni, viaggi in autobus gratuiti, il blocco degli affitti per gli appartamenti con canone stabilizzato e la creazione di un supermercato gestito dal governo in ciascuno dei cinque distretti della città. Ha promesso di finanziare il programma aumentando l’aliquota dell’imposta sulle società della città in modo da allinearla a quella del vicino New Jersey e aumentando del 2% l’aliquota dell’imposta sul reddito per coloro che guadagnano 1 milione di dollari o più.
La questione israelo-palestinese
Ma le parole più assertive e provocatorie hanno riguardato la questione forse più divisiva: Israele e i palestinesi. Mamdani ha definito le azioni di Israele a Gaza come un genocidio e che, in qualità di sindaco, ordinerà l’arresto di Benjamin Netanyahu, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra. A livello nazionale, diversi sondaggi hanno mostrato che gli elettori Democratici sono più insoddisfatti del loro partito di quanto lo siano i Repubblicani del GOP. Non sorprende, quindi, che la leadership democratica abbia tenuto Mamdani a distanza.
Il leader della minoranza al Senato, Charles Schumer, non ha mai appoggiato Mamdani e ha persino evitato di dire ai giornalisti per chi aveva votato. Il leader della minoranza alla Camera, Hakeem Jeffries ha aspettato fino al giorno prima del voto prima di offrire un appoggio piuttosto tiepido. La leadership e i suoi alleati temono che la politica di sinistra di Mamdani finisca per essere considerata emblematica del partito in generale.
I centristi sostengono che la sinistra avrà un impatto molto peggiore a livello nazionale che nelle roccaforti progressiste di Manhattan e Brooklyn. Questo, temono, condannerà il partito a dolorose sconfitte. Una posizione sposata da Trump secondo il quale la vittoria di Mamdani si tradurrà in un vantaggio per il suo fronte.



