AGI – Milada Horáková aveva combattuto il nazismo e nel 1950 venne impiccata dal regime comunista cecoslovacco con la barbara usanza della morte per soffocamento.
Mobilitazione internazionale e barbara esecuzione
Per salvarle la vita si mobilitarono Albert Einstein, Winston Churchill, Jean-Paul Sartre ed Eleonor Roosevelt. Il regime comunista cecoslovacco non solo si rifiutò di commutare la condanna a morte ma volle che avvenisse col barbaro metodo dell’impiccagione per soffocamento, secondo la vecchia prassi asburgica.
Il 27 giugno 1950 Milada Horáková veniva avviata al patibolo e giustiziata a 48 anni nel famigerato carcere Pancrác di Praga. Per disposizione delle autorità il suo cadavere fu subito cremato e le ceneri disperse in un luogo segreto, affinché il marito Bohuslav, giornalista, e la figlia Jana, non potessero avere neppure una tomba su cui portare un fiore. Veniva spenta così con la violenza avvolta dalla menzogna una voce di libertà che non si era piegata né di fronte al nazismo né alla dittatura comunista. Il suo fu un omicidio giudiziario a seguito di un processo-farsa con l’accusa di cospirazione contro la Repubblica e connivenza con le potenze straniere occidentali. Avvocatessa, femminista, politica democratica esponente del partito social nazionale (nulla a che vedere col nazionalsocialismo, che avversava ferocemente durante l’occupazione tedesca), in tutta la sua breve vita si era battuta per difendere le idee di libertà e di giustizia sociale.
Paladina dei diritti delle donne e prima avvocatessa in un’istituzione pubblica
Già prima della laurea in giurisprudenza all’Università di Praga si era appassionata alla causa della condizione femminile, in un Paese peraltro di molto avanzato rispetto al resto dell’Europa e all’Italia. Preparò commenti al Codice Civile, in particolare sui paragrafi che riguardavano la famiglia, e progetti di legge sulla parità delle donne nel mondo del lavoro, con sostegno pubblico alle ragazze madri e alle donne divorziate, respinti però dal governo e dal parlamento della Prima Repubblica cecoslovacca. Nello stesso tempo fu la prima avvocatessa a essere assunta da un’istituzione pubblica, l’Ufficio sociale centrale della città di Praga, aprendo così alle donne anche questo ruolo. Tra le due guerre partecipò a congressi internazionali a Vienna, Marsiglia, Dubrovnik ed Edimburgo, grazie alla padronanza del francese e del tedesco. Con la Conferenza di Monaco e lo smembramento della Ceco-Slovacchia il 15 marzo 1939 con l’invasione delle truppe di Hitler, entrò nella resistenza e si prodigò nell’aiuto e nell’organizzazione di cellule clandestine.
Arrestata e torturata dalla Gestapo, poi rinchiusa nel lager e in carcere
La Gestapo l’arrestò il 2 agosto 1940, venne sottoposta a duri interrogatori e a torture, ma non rivelò nulla. I nazisti la condannarono comunque a due anni di carcere e dopo l’attentato mortale al Reichsprotektor Reinhard Heydrich del 27 maggio 1942 venne trasferita nel lager-fortezza di Terezín e successivamente a Lipsia e Dresda, dove fu processata nell’ottobre 1944 e condannata a 8 anni di reclusione, nonostante la richiesta della pena di morte. Scontò la pena vicino Monaco dove venne liberata nel 1945 dagli americani. Tornata in patria riprese l’attività politica che le valse un mandato nell’Assemblea nazionale provvisoria, quindi in quella costituente, criticò l’atteggiamento del partito comunista cecoslovacco per il rifiuto del Piano Marshall, incrementando la sua attività in favore delle donne anche su scala internazionale.
Accusata in un processo-farsa di cospirazione contro la Repubblica
Con il colpo di Stato comunista del 1948 ogni aspetto democratico iniziò a essere smantellato. Pur potendo lasciare il Paese preferì rimanere e dall’interno provare ad aiutare coloro che volevano emigrare. Il 27 settembre 1949 il regime ordinò di arrestarla nel suo ufficio, mentre il marito Bohuslav riuscì a sfuggire alla polizia che si era recata anche nella sua abitazione. Milada Horáková venne processata il 31 maggio 1950 assieme a dodici altri oppositori, e lo stesso presidente della Repubblica Klement Gottwald volle che fosse condotto secondo il sistema sovietico adottato nelle “purghe” staliniste. In otto giorni appena fu rispettato ogni aspetto del copione già scritto che doveva portare alla condanna esemplare. Ma Milada Horáková si dimostrò tenace nel difendere sé stessa e i coimputati, mentre platealmente nell’aula di udienza venivano scaricati cesti contenenti petizioni dei comitati di fabbrica, della milizia e persino dei comitati di strada affinché agli imputati fossero irrogate pene più severe di quelle previste dal codice penale.
Il mondo civile ne chiese la liberazione. Al patibolo dopo 8 giorni
L’8 giugno la sentenza stabiliva quattro condanne a morte per impiccagione, quattro ergastoli e cinque condanne da 20 a 28 anni di reclusione. Milada Horáková si rifiutò di inoltrare domanda di grazia. Gottwald rimase sordo anche agli appelli che provenivano dal mondo libero. Negli ultimi giorni di vita lei scrisse una decina di lettere, l’ultima delle quali indirizzata alla famiglia e datata 27 giugno 1950 ore 02.30, che non fu recapitata: diventeranno note solo dopo la caduta del comunismo nel 1989. Tre ore dopo aver posato la penna sul tavolino le fu stretto il cappio al collo, ultima dei quattro condannati a morte. Per spirare impiegò dagli 8 ai 15 minuti. Una morte orribile. La sentenza sarà dichiarata illegale dalla Corte Suprema durante la “primavera di Praga”, il 3 luglio 1968, senza seguito a causa dell’invasione sovietica; la riabilitazione ufficiale avverrà solo nel 1990.
La sua accusatrice condannata per omicidio nel 2008
Ma la vicenda processuale non era finita qui. Nel 2008 veniva condannata a sei anni di carcere senza possibilità di libertà condizionale uno dei pubblici ministeri che aveva sostenuto l’accusa contro di lei, Ludmila Brožová-Poledovná (nel 1950 non ancora laureata in legge), che all’epoca aveva 86 anni. L’istanza alla Corte costituzionale del suo avvocato venne respinta con la conferma della pena detentiva, e venne respinta anche quella di sospensione dell’esecuzione, al pari della richiesta alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il 21 dicembre 2010 il presidente Václav Klaus firmava il provvedimento di grazia all’ex “procuratrice dei lavoratori” in considerazione dell’età avanzata. Brožová-Poledovná è morta nel 2015. Non si è mai pentita di quell’ “omicidio giudiziario”. Dal 2004 in Repubblica Ceca la data del 27 giugno, quando venne uccisa Milada Horáková, è la Giornata in memoria delle vittime del regime comunista. La sua tomba a Praga è puramente simbolica, perché i suoi resti non sono mai stati rinvenuti.