AGI – L’accordo commerciale tra Usa e Ue per dazi al 15% sulle merci europee che entrano negli Stati Uniti vede le associazioni di impresa italiane preoccupate per gli effetti sulla possibile contrazione dei ricavi. Se da un lato le sigle datoriali si dicono sollevate per la fine dell’incertezza, con il venire meno dell’ipotesi iniziale di una tariffa al 30%, dall’altro ora le aziende chiedono alla Ue di intervenire a sostegno dei settori del Made in Italy che rischiano perdite maggiori, tra cui alimentare, vino e moda.
Manca ancora una stima puntuale del possibile impatto complessivo in termini di minori introiti, ma alcune sigle associative provano a calcolare gli effetti per il loro comparto. Nelle scorse settimane Confindustria aveva stimato una possibile perdita da 20 miliardi di export e 118.000 posti di lavoro nell’ipotesi di tariffe al 10%.
“L’accordo è un fattore di certezza in tempi incerti, andrà valutato con attenzione anzitutto per chiarire se la soglia dei dazi livellati al 15% sulle merci europee esportate negli Stati Uniti sia ricomprensiva di quelli preesistenti. Il costo è, comunque, rilevante”, commenta Confcommercio. Per Simone Gamberini, presidente Legacoop, “l’accordo preoccupa molto per l’elevato impatto che avrà sulle nostre principali esportazioni e, di conseguenza, sulla produzione. Scongiurare una ‘guerra commerciale’ non può significare un’accettazione totale delle condizioni che gli Usa intendono imporre. È indispensabile prevedere sostegni e compensazioni per le imprese colpite, insieme con una rapida riattivazione del tavolo sull’export per mettere concretamente a disposizione i 25 miliardi assicurati dal Governo”.
“Con i Dazi al 15% il bicchiere rimarrà mezzo vuoto per almeno l’80% del vino italiano. Il danno che stimiamo per le nostre imprese è di circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi, mentre per i partner commerciali d’oltreoceano il mancato guadagno salirà fino a quasi 1,7 miliardi di dollari”, argomenta il presidente di Unione italiana vini Lamberto Frescobaldi.
Esprime preoccupazione Giacomo Bartolommei, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, secondo cui le nuove tariffe “infliggeranno un duro colpo al principale simbolo del Made in Italy enologico negli Stati Uniti, e metteranno a dura prova la resistenza delle aziende”. – I dazi al 15% sono da considerarsi “sostenibili, ma preoccupano i rischi legati alla debolezza del dollaro e all’inflazione”, secondo Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia. “I dazi non piacciono a nessuno – afferma Anna Cane, presidente del gruppo olio d’oliva dell’Associazione – tuttavia, questa percentuale, che vale per tutti i produttori europei, consente al nostro export di lottare ad armi pari con gli altri competitors europei ed extra UE”.
Il Centro studi di Unimpresa invece valuta che l’impatto dei nuovi Dazi al 15% concordati tra Stati Uniti e Unione europea sulle esportazioni italiane potrebbe essere “sensibilmente inferiore rispetto alle stime iniziali”, perché alcuni settori chiave, come il farmaceutico, le specialità chimiche e parte dei beni ad alta tecnologia, saranno soggetti a esenzioni totali o parziali. Il costo diretto stimato per le aziende “si attesterebbe in un intervallo compreso tra 6,7 e 7,5 miliardi di euro, rispetto ai quasi 10 miliardi ipotizzati in precedenza”.
Secondo il presidente della Coldiretti Ettore Prandini “l’accordo con tariffe al 15% è sicuramente migliorativo rispetto all’ipotesi iniziale del 30% che avrebbe causato danni fino a 2,3 miliardi di euro per i consumatori americani e per il Made in Italy agroalimentare”. Tuttavia, il nuovo assetto tariffario, “avrà impatti differenziati tra i settori e deve essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche considerando la svalutazione del dollaro. Dobbiamo aspettare di capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato”.
Mentre per il presidente della Cna, Dario Costantini: “Si scrive 15 ma si legge 30%, ed è una tassa ingiusta e sproporzionata che penalizza il Made in Italy ma avrà riflessi negativi anche sull’economia americana. Sono necessari sostegni e compensazioni e ci attendiamo a breve la riattivazione del tavolo sull’export a Palazzo Chigi per un confronto su strumenti e criteri per mettere a disposizione del sistema delle imprese i 25 miliardi assicurati dal governo”.