AGI – Martina, 14 anni di Afragola, sarà l’ennesimo nome da incidere su una panchina. Palloncini bianchi e rumori ai funerali. Femminicidio, un data base che non smette mai di aggiornarsi e dove l’età delle vittime e dei carnefici si abbassa sempre di più. A oggi, solo nel 2025, si registrano 27 femminicidi e 21 tentati femminicidi.
A guardarlo nelle foto postate nei social, Alessio Tucci, il ragazzo di 19 anni che ha ucciso Martina, sembra un giovane come tanti. Giovani all’apparenza “normali”, perfino banali: il figlio, il fratello, l’amico, il nipote di tutti noi, ma che in realtà dietro quell’immagine di normalità si cela l’oscurità delle tenebre. La banalità del male, oggi l’avrebbe definita ancora una volta Annah Arendt.
Ma cosa arma le mani di questi giovani? Cosa li acceca? E perché non sanno più sostenere e superare un rifiuto? A guardare oggi scorrere nei suoi la vita di questo diciannovenne, c’è qualcosa che contrasta, con l’immagine di spietato omicida di oggi. L’altra faccia della medaglia, l’opposto della brutalità e della freddezza che questa notte ha usato nei confronti di quella ragazzina che diceva di amare. Ed è nei confronti di una donna, sua madre. Una foto di pochi mesi fa, Alessio Tucci abbracciato a lei. “Auguri, ma’. Ti stai facendo vecchierella”, recita la didascalia. Così come quelle foto in cui con fare protettivo stringe a sé le sorelle più piccole. Un ragazzo normale, un ragazzo che ha ucciso la donna che diceva di amare.