AGI – “Signora qui è il maresciallo della caserma dei carabinieri, la contattiamo in merito all’incidente stradale in cui è stato coinvolto suo figlio questa mattina. Non vedendo la segnaletica ha investito due pedoni, di cui uno purtroppo è in gravi condizioni in ospedale. Motivo per cui abbiamo dovuto sottoporre suo figlio in stato di fermo e rischia da due a quattro anni di reclusione. Purtroppo la persona che ha investito è in codice rosso”. È il contenuto dell’audio shock di una telefonata ai danni di un’anziana da parte di una banda di truffatori sgominata dai carabinieri con il coordinamento della procura di Napoli. Nell’audio si sente la vittima, un’anziana, chiedere ‘aiuto’ mentre ha un malore dopo aver avuto notizia del finto incidente che ha coinvolto il figlio.
Sono 17 le persone finite agli arresti per truffe messe a segno in Liguria (Genova e Chiavari), Lombardia (Voghera e Pavia), Veneto (Verona), Lazio (Roma e Latina), Campania (Ottaviano), Calabria (Cosenza, Lamezia Terme e Catanzaro) e Sicilia (Palermo e Monreale).
Le truffe venivano eseguite sempre tramite figure ben definite: i “telefonisti”, incaricati di contattare le vittime, i “trasfertisti”, deputati a prelevare il denaro e i gioielli dalle vittime, e i “corrieri” a cui, in alcuni casi, pur non partecipando alle truffe, è stato affidato il trasporto dei proventi dei delitti a Napoli.
Anche il modus operandi seguiva sempre lo stesso schema: le vittime venivano contattate telefonicamente da sedicenti appartenenti all’Arma dei Carabinieri o avvocati, i quali riferivano che un congiunto dell’anziana vittima, generalmente un figlio o un nipote, aveva provocato un incidente stradale in cui la controparte era rimasta gravemente ferita.
A quel punto, approfittando dello stato di agitazione ingenerato nel malcapitato con la falsa notizia, i truffatori gli facevano credere che, per evitare l’arresto del proprio parente, sarebbe stato necessario pagare immediatamente una “cauzione” per risarcire il ferito, spingendo la vittima a mettere a disposizione il denaro e i gioielli custoditi in casa che, entro un breve lasso di tempo, un incaricato avrebbe ritirato. Per evitare che la vittima avesse ripensamenti o chiedesse aiuto, il “telefonista” continuava ininterrottamente a intrattenerla al telefono, rimarcando la gravità dei fatti e il poco tempo disponibile per risolvere la situazione, fino a quando il “trasfertista” prelevava i beni e si dileguava.



