AGI – Una sfida che va al di là dei cinque quesiti referendari, fino a impattare nei rapporti all’interno delle coalizioni politiche. Per questa ragione sui referendum dell’8 e 9 giugno l’attenzione dei partiti è massima.
I quesiti referendari sono cinque, quattro sul lavoro e il quinto sulla cittadinanza. Con ordine:
- Il primo propone l’abrogazione del Jobs Act e, quindi, il ritorno al diritto di reintegro del lavoratore licenziato illegittimamente nelle aziende con più di 15 dipendenti.
- Il secondo quesito mira a rimuovere il limite all’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese. Oggi, in caso di licenziamento illegittimo, il risarcimento non può superare le sei mensilità.
- Il terzo quesito propone di reintrodurre l’obbligo di causale per i contratti di lavoro inferiori a 12 mesi per garantire una maggiore tutela ai lavoratori precari.
- Il quarto quesito è legato al tema della sicurezza sul lavoro e intende ampliare la responsabilità dell’azienda che commissiona un appalto. Una responsabilità che oggi riguarda solo i rischi generici, mentre la proposta mira a includere anche i rischi specifici legati agli incidenti.
- Il quinto quesito, infine, riguarda la cittadinanza e propone di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia necessario per presentare la richiesta di cittadinanza.
Gli astensionisti
Noi Moderati, partito guidato da Maurizio Lupi, è schierato per quattro No, ma nel centrodestra a farla da padrone è il “partito dell’astensione” rappresentato da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Il primo a dichiarare di non votare è stato il vicepremier Antonio Tajani che poche ore fa ribadiva: “No, io non andrò a votare, perché credo che sia giusto, come è previsto dalla Costituzione, non raggiungere il quorum. Quando c’è un quorum è previsto anche il non voto, non ha nulla a che vedere con l’astensione per le altre scelte politiche. Questo non è un referendum costituzionale, è un referendum abrogativo, e se uno vuole difendere le norme esistenti può anche dire di non andare a votare”.
Dello stesso avviso il presidente del senato, Ignazio La Russa. “Ho detto che avrei pensato se andare a votare, perché ero all’interno del Senato e mi sono ricordato di essere Presidente del senato”, spiegava la Seconda Carica dello Stato agli inizi di maggio: “Di una cosa sono sicuro, che farò propaganda affinché la gente se ne stia a casa”.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha fatto sapere di volere andare a votare, senza però ritirare la scheda. Una scelta che ha fatto insorgere le opposizioni: “Prende in giro gli italiani”, sono state le parole di Elly Schlein.
Le divisioni nelle opposizioni
Le opposizioni, si presentano divise all’appuntamento. Pd e Avs chiedono cinque Sì. Il M5s voterà quattro sì sui referendum che riguardano il lavoro, ma lascia libertà di coscienza sul referendum cittadinanza. Per regolare questa materia il partito guidato da Giuseppe Conte ha presentato da tempo una proposta di legge per l’introduzione dello Ius Scholae. “Sul quinto referendum quello sulla cittadinanza, lo dico molto chiaramente: dimezzare quelli che sono gli anni necessari per acquistare la cittadinanza per me non è la soluzione”, dice Giuseppe Conte: “Io credo che il modo migliore per costruire un processo di coesione sociale che coinvolga senza paure, senza fobie, discriminazioni anche gli immigrati sia quello dello Ius Scholae.
Di fronte a questo referendum abbiamo deciso per la libertà di voto per ciascun iscritto: io ho anticipato che voterò sì, anche se temo che il Paese non sia pronto a questo dimezzamento e che la battaglia per migliorare e modificare l’acquisto della cittadinanza sarà buttata via”. Per Più Europa quella della cittadinanza è la battaglia della vita, tanto che il partito di Riccardo Magi è stato fra i promotori della raccolta di firme. Sì al referendum sulla cittadinanza, quindi, e sì anche al quarto quesito che riguarda la sicurezza sul lavoro. No ai tre riguardanti l’abrogazione del Jobs Act. Italia Viva è schierata nettamente per il no all’abrogazione del Jobs Act, quesiti 1 e 3; sì alla cittadinanza, e libertè di voto sul secondo quesito (la rimozione del limite dell’indennità di licenziamento nelle piccole imprese), e sul quarto (sicurezza sul lavoro). Quattro no e un solo Sì al quesito sulla cittadinanza per quanto riguarda Azione.