AGI – Una volta era una delle destinazioni preferite dell’intellighenzia sovietica, che veniva in questo angolo dell’Urss, nella Georgia occidentale, a rilassarsi nei lussuosi sanatori alimentati da acque famose per le proprietà curative. Oggi i centri termali di Tskhaltubo sono abbandonati: a percorrere saloni e scalinate ricoperte di vetri sono rimasti solo i turisti amanti dell’urbex, in cerca del brivido nascosto tra edifici cadenti e pezzi di vita lasciati a marcire tra le macerie.
Creata alla metà degli anni ’20, la cittadina attirò rapidamente l’attenzione, conquistando i favori delle elite ma anche dei semplici lavoratori che sciamavano qui nelle due settimane di vacanze che venivano proletariamente concesse loro. Nel suo picco di massimo splendore, con 22 sanatori, 9 bagni e diversi hotel, richiamava migliaia di persone all’anno, grazie alle dolci colline, il clima mite e le acque sulfuree cariche di radon. Con il collasso dell’Urss, il richiamo allettante venne meno e il flusso di ‘turisti’ si interruppe.
A soppiantarli arrivarono gli sfollati georgiani scappati dall’Abkhazia dopo la guerra del 1992: dei 250 mila che dovettero lasciare le proprie case nello scontro con le milizie locali sostenute dalla Russia, in 10 mila approdarono in città e vennero sistemati nei sanatori. Quella che doveva essere una soluzione temporanea, più di trent’anni dopo è ancora una realtà per alcune famiglie, il cui destino è incerto. I complessi, all’epoca ricchi di marmi, parquet, scalinate in pietra e lampadari di cristallo, oggi sono fatiscenti. Restano le vestigia scrostate di quei tempi, con una natura rigogliosa che preme e a volte riesce a insinuarsi all’interno, come l’albero che è cresciuto nella sala da pranzo del Metallurgist o le piante nei camminatoi del Medea.
Il progetto ‘New Life of Tskaltubo’ lanciato dal governo di Tbilisi nel 2022 per ridare vita agli alberghi termali, puntando su danarosi investitori stranieri, finora ha prodotto pochi risultati. Il tentativo di mettere sul mercato 14 sanatori, per un valore complessivo di 50 milioni di lari (15,5 mln di euro), non ha avuto molto seguito.
Se per alcuni di questi, ormai privatizzati, sono iniziati i lavori di ristrutturazione – come nel caso dell’Hotel Tbilisi, dove in cima alle colonne svettano enormi statue di grifoni dorati a proteggere scavatori e impalcature – più della metà non è ancora stata venduta. Oggi a farla da padrone a Tskhaltubo restano i cani di strada, grossi e insospettabilmente mansueti, a guardia di lussuosi palazzi addormentati in attesa di una seconda vita.