giovedì, Luglio 31, 2025
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Maxi truffa all’Inps, falsi invalidi percepivano la pensione

AGI – Una maxi truffa per incassare pensioni di invalidità è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria. Le Fiamme Gialle hanno notificato avvisi di conclusione delle indagini a 51 persone, tutte sospettate di aver utilizzato documenti falsi e manipolati per ingannare il sistema e ottenere benefici non dovuti.

Tutto è partito da una soffia inaspettata. Un consulente tecnico, incaricato dal Tribunale di Reggio Calabria (sezione Lavoro), stava esaminando la richiesta di una pensione di invalidità quando ha fiutato qualcosa di strano. Alcune certificazioni mediche, presentate come rilasciate da strutture sanitarie pubbliche, non lo convincevano affatto. Erano palesemente inattendibili.

L’attività investigativa

Da lì, la macchina investigativa si è messa in moto. I finanzieri hanno identificato i protagonisti di quella vertenza civile e hanno avviato un’attività intensa fatta di intercettazioni e perquisizioni domiciliari. Il ritrovamento di fotocopie di documenti d’identità, richieste all’INPS per la pensione di invalidità e, soprattutto, una montagna di documentazione sanitaria palesemente contraffatta, ha fornito le prime prove schiaccianti.

Il meccanismo della truffa

Il meccanismo della truffa sembrava ben collaudato. Dopo un iniziale rifiuto dell’INPS nel riconoscere l’invalidità o l’assegno, gli indagati, invece di arrendersi, avrebbero portato davanti al Tribunale di Reggio Calabria (sezione Lavoro) una serie di documenti medici falsi o alterati. Questi certificati, provenienti per lo più da strutture pubbliche e private calabresi, avrebbero tratto in inganno il perito nominato dal giudice. Convinto della loro autenticità, il perito avrebbe attestato una riduzione permanente della capacità lavorativa o altre patologie invalidanti, spalancando così le porte a benefici non meritati.

I protagonisti della truffa

A tirare le fila di questa complessa operazione fraudolenta sarebbero state due figure chiave: madre e figlia. Non era la prima volta che finivano nei guai: erano già state messe agli arresti domiciliari nel maggio 2022 per reati simili, a causa del rischio che potessero continuare a delinquere e a inquinare le prove. Ma il loro piano non sarebbe stato possibile senza un dipendente infedele dell’INPS. Quest’ultimo, con accessi non autorizzati ai database dell’ente previdenziale, avrebbe fornito dati e informazioni cruciali sulle posizioni e le prestazioni dei beneficiari illeciti, rendendo la truffa ancora più efficace.

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