AGI – Il messaggio che arriva da Reggio Emilia parla di unità. Alla festa nazionale del Pd, dal 2 al 14 settembre, si alterneranno leader politici ed esponenti di primissimo piano di tutta l’opposizione, da Giuseppe Conte a Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Ma soprattutto ci saranno i candidati alle prossime regionali: Giovanni Manildo, Eugenio Giani, Pasquale Tricarico, Matteo Ricci. E soprattutto Antonio Decaro e Roberto Fico. Ad annunciare la presenza dei candidati, per ora solo “in pectore” in Campania e Puglia, è stato il capo dell’Organizzazione del Pd, Igor Taruffi, in conferenza stampa. Se non si tratta dell’ufficializzazione della corsa dei due, sottolinea un esponente dem, poco ci manca. Per Decaro, viene spiegato, “siamo ai dettagli. Abbiamo composto il quadro nella maniera più unitaria”.
I dettagli in questione hanno nome e cognome: Nichi Vendola e Michele Emiliano. I due pesi massimi pugliesi, che l’eurodeputato vorrebbe fuori dalle liste per salvaguardare la propria libertà d’azione qualora fosse eletto, saranno fra gli ospiti. Vendola farà un intervento in ricordo di Pier Paolo Pasolini nel cinquantesimo dalla morte. Nonostante questi “segnali”, scandagliando fonti parlamentari del Pd di diversa estrazione — maggioranza vicina a Schlein e minoranza riformista — si registrano ancora tensioni e qualche timore. In particolare, si paventa un passo indietro di Decaro che lascerebbe i dem e tutto il centrosinistra nella palude, con la necessità di trovare un’alternativa credibile all’ultimo momento. I nomi che vengono fatti, in questo caso, sono tra i più vari.
Quello di maggior peso è del capogruppo al Senato, Francesco Boccia. C’è poi chi, come Goffredo Bettini, lamenta sul caso Decaro un deficit decisionale da parte del Nazareno. “Il Pd non attenda oltre. Faccia il suo dovere. Esprima pubblicamente e ai più alti livelli la sua posizione. Definitiva”. Perché, aggiunge Bettini, “la questione è diventata nazionale. Giochi di sponda non risolvono, ma ingarbugliano ulteriormente”. Un riferimento, quello ai “giochi di sponda”, che chiama in causa la segretaria Pd Elly Schlein. Anche dal fronte riformista si osserva che Schlein, fino a questo momento, è rimasta troppo lontana dalla partita delle regionali, delegando fin troppo ai suoi “ambasciatori”. Il timore, in assenza di un intervento della segretaria, è che Decaro possa fare un passo indietro: “Ho espresso questa mia opinione, dopo molti altri dirigenti del Pd, perché ho ritenuto giusto farlo, perché avverto la situazione molto negativamente in bilico”.
Fonti dem vicine al dossier regionali assicurano che questo rischio non c’è e che Decaro sarà della partita. Su Vendola, viene chiarito, non c’è alcun nodo trattandosi dell’esponente di un’altra forza politica. Per Emiliano, invece, l’intesa sembra vicina e potrebbe concretizzarsi già all’inizio della prossima settimana. Il governatore uscente potrebbe accettare un ruolo di spessore nel Partito in attesa di essere schierato alle politiche del 2027.
I cattolici sul piede di guerra
Nel frattempo, riemerge l’annosa questione dei cattolici dem. Graziano Delrio, senatore dem e ideatore dell’associazione Comunità Democratica, parte dall’intervento di Giorgia Meloni al Meeting di Rimini: “Meloni, che prima nel suo integralismo di destra-destra non era capace di farlo, sta imparando a parlare con certi mondi. A Rimini si è vista un’evoluzione intelligente dal punto di vista politico che presuppone un progetto che riscontro anche sui territori”. Una tirata d’orecchie a Elly Schlein: se i dem non sanno fare la stessa cosa, la colpa è di “un certo sguardo dell’attuale Pd, fisso a sinistra. Solo a sinistra. Manca l’approccio interclassista. Perfino Togliatti”, aggiunge Delrio, “che pur si muoveva in un contesto ideologico che di per sé non facilitava l’ascolto di mondi diversi, parlava di ceti medi. Facendo capire che un partito di governo deve avere l’ambizione di usare anche il loro linguaggio”.
L’altra voce a sollevare la questione cattolica, seppure con argomenti e toni diversi da quelli di Delrio, è quella di Gianni Cuperlo, esponente della sinistra Pd. Parlando dei giovani che si sono ritrovati a Tor Vergata per il Giubileo e dell’insegnamento di Papa Francesco, Cuperlo spiega che “quella cultura cattolica può trovare nel Pd l’accoglienza che merita. La stessa cosa la penso quando ascolto Papa Leone o il cardinale Zuppi su Gaza”. Parole che fanno insorgere Lorenzo Guerini, figura di riferimento della minoranza riformista: “Parlare di ‘accoglienza’ dei cattolici nel Pd è una prospettiva sbagliata — dice l’ex ministro —. Anche perché non saprei chi dovrebbe dare la patente di accoglibilità. La realtà invece è che semplicemente senza la cultura e la presenza cattolico-democratica, insieme alle altre culture politiche che lo hanno fondato, non ci sarebbe il Pd”.