AGI – Un cartone animato ha salvato lui e inchiodato lei. Non è frequente che un programma televisivo stabilisca se una persona si trovasse o meno in quel luogo e in quel momento e, per giunta, in un caso di omicidio. Ma nella vicenda giudiziaria (già conclusa) che ha riguardato la bulgara Pavlina Mitkova, sposata e madre di due figlie – all’epoca dei fatti rispettivamente di 37, 6 e 4 anni – è successo per davvero: aver accertato la messa in onda del filmato è stato decisivo per stabilire la responsabilità del reato.
Con un particolare però: a quell’ora, chi era davanti alla tv? La bimba più piccola, impaurita dal disastro e involontaria supertestimone di un delitto. E allora, come estrarre dalla sua mente il ricordo di quelle immagini? Un’operazione delicata affidata agli psicologi del Reparto analisi criminologiche (Rac) del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche (Racis), riportata nel rapporto conclusivo che l’Agi ha la potuto vedere.
Nel settembre 2021, in via definitiva, Pavlina Mitkova è stata condannata dalla Corte di Assise di Macerata a scontare 25 anni di reclusione, perché nelle ore tra il 7 e l’8 gennaio 2020 – a Servigliano, nelle Marche – ha ucciso la figlia maggiore, Jennifer Francesca Krasniqi, 6 anni, dando poi fuoco all’abitazione.
Ma stabilire la responsabilità del fatto non è stata cosa semplice. Sono serviti controlli particolari che hanno richiesto tempo e tatto da parte degli analisti della sezione “Psicologia investigativa”.
Riavvolgendo il nastro di quella notte, intorno alle tre i soccorritori arrivano sul posto e trovano Mitkova seduta su una panchina con in braccio la figlia più piccola. L’altra bimba, Jennifer, è già cadavere nella casa avvolta dal fumo. E il padre? La donna dice che ha cenato ed è uscito.
Vero, falso? Non si può credere, la dinamica va verificata. E devono essere chiariti pure alcuni passaggi dell’incidente. Per esempio, all’inizio sembrava che il rogo fosse stato causato da un guasto domestico come ne capitano tanti. Ma poco dopo non era più così. Il tubo che porta il gas ai fornelli della cucina era stato trovato starappato dal muro. Dunque, il sospetto era che qualcuno lo avesse straccato per scatenare l’incendio propagatosi nell’abitazione a due piani. Chi è stato, lui o lei?
Inoltre, alcuni dettagli non quadravano. Li specificano i militari specialisti nel fascicolo aperto sul caso.
La notte delle fiamme la bulgara è stata trovata all’esterno dell’abitazione: “Indossava abiti da giorno – scrivono i carabinieri – nonostante avesse dichiarato che lei e le figlie si erano messe a dormire alle ore 23”. E ancora: entrambe le bambine erano con lei sul letto matrimoniale, eppure ne ha salvata una soltanto. Perché? I dubbi aumentano. La donna – continuano gli esperti – ha “avuto il tempo di prendere la sua borsa e gli stivaletti della figlia minore senza curarsi della vita della figlioletta più grande”. Insomma, attorno alla madre le forze dell’ordine cominciano a stendere un cerchio di sospetti.
Nel gennaio 2020 il personale del Rac interroga la piccola. Dapprima si prova a stabilire un contatto. Nel loro report gli esperti spiegano che la bimba “ha inserito nella dinamica relazionale la sorellina pensando subito a lei nel fare merenda e nel condividere con lei i dolci, manifestando significativo attaccamento affettivo alla casa”. In seguito, gli investigatori passano alla questione clou: la visione del cartone animato. “Racconta la bambina – scrivono gli psicologi – che quella sera avevano visto un film del ‘Picchio rosso’. Da accertamenti fatti risulta che il palinsesto del canale Cartoonito in effetti trasmettesse il film dal titolo ‘Il picchiarello’, dalle 20:40 alle 22:15. Dichiara che – continuano – erano con lei, la sorella e la mamma che era andata a lavarsi i denti. Non c’era il papà”. Infatti – si verificherà – era andato a fare qualche lavoretto.
Ora il cerchio si può stringere. Gli specialisti del Rac sono in grado di scandire la dinamica del delitto. Quella sera mamma e due bimbe stanno vedendo il film, poi succede qualcosa: una lite? un capriccio della più grande? Non si sa. Comunque, la donna – è la ricostruzione – afferra Jennifer, la porta nel bagno di sopra e le toglie la vita “per soffocamento diretto”, dirà l’autopsia. Forse con un cuscino: sono state rilevate lesioni su naso, labbra e zigomi. Poi la mamma stende il corpicino sul letto in camera, quindi scende in cucina, stacca il tubo del gas e appicca il fuoco.
“La morte della minore Jennifer Francesca Krasniqi – concludono i militari del Reparto – è stata cagionata dalla madre che ha messo in atto una dinamica aggressoria ed eliminatoria, generata da una relazione disfunzionale tra autore e vittima, scatenata da un imprevisto che la donna non ha saputo gestire. L’imprevisto nel caso in esame – ipotizzano infine – è stato, con molta probabilità, il litigio avvenuto tra la madre e le figlie per futili motivi. La Mitkova in seguito al delitto ha provocato l’incendio dell’appartamento nel tentativo di cancellare le tracce in un’ottica auto-conservativa”. È l’ultima scena della tragedia.