sabato, Giugno 28, 2025
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Perché c’è Trump a fare la pace tra Ruanda e la Repubblica del Congo

AGI – Il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo hanno firmato a Washington un accordo di pace per porre fine ai combattimenti che hanno causato migliaia di vittime. I due Paesi che si sono impegnati a ritirare il sostegno alla guerriglia e Donald Trump ha annunciato che l’accordo permette agli Stati Uniti di assicurarsi le ricchezze minerarie della regione.

“Oggi la violenza e la distruzione giungono al termine e l’intera regione inizia un nuovo capitolo di speranza e opportunità”, ha detto il presidente americano accogliendo i ministri degli Esteri dei due Paesi alla Casa Bianca “È una giornata meravigliosa”.

Il conflitto tra Ruanda e Congo

L’accordo arriva dopo che l’M23, una forza ribelle di etnia Tutsi legata al Ruanda, ha attraversato quest’anno la parte orientale della Repubblica democratica del Congo, ricca di minerali, conquistando un vasto territorio, tra cui la città chiave di Goma.
L‘accordo, negoziato tramite il Qatar prima dell’insediamento di Trump, non affronta esplicitamente i vantaggi dell’M23 nell’area devastata da decenni di guerra, ma chiede al Ruanda di porre fine alle “misure difensive” adottate.

Il Ruanda ha negato di sostenere direttamente l’M23, ma ha chiesto lo scioglimento di un altro gruppo armato, le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (Fdlr), fondato da gruppi di etnia hutu legati ai massacri di tutsi nel genocidio ruandese del 1994.

L’accordo prevede la “neutralizzazione” delle Fdlr, e il Ministro degli Esteri ruandese Olivier Nduhungirehe ha affermato che la “fine irreversibile e verificabile del sostegno statale” ai militanti hutu dovrebbe essere la “priorità assoluta”.

Il processo sarebbe “accompagnato dalla revoca delle misure difensive del Ruanda”, ha dichiarato Nduhungirehe durante una cerimonia di firma al Dipartimento di Stato. Ha però aggiunto: “Dobbiamo riconoscere che c’e’ molta incertezza nella nostra regione, e non solo, perche’ molti accordi precedenti non sono stati attuati”.

La sua omologa congolese, Therese Kayikwamba Wagner, ha fatto appello al rispetto della sovranità statale. Questo accordo, ha detto, “offre una rara opportunità di voltare pagina, non solo a parole, ma con un cambiamento concreto sul campo. Alcune ferite guariranno, ma non scompariranno mai del tutto”. 

 L’accordo istituisce anche un organismo congiunto di coordinamento per la sicurezza per monitorare i progressi e prevede vagamente un “quadro di integrazione economica regionale” entro tre mesi. Trump ha decantato il lavoro diplomatico che ha portato all’accordo e ha aperto l’evento alla Casa Bianca citando le parole di un giornalista secondo il quale meriterebbe il Nobel per la Pace.

I minerali del Congo

Parlando con i giornalisti il Presidente ha sottolineato che, raggiungendo l’accordo, gli Stati Uniti saranno in grado di ottenere “molti diritti minerari dal Congo”. La Repubblica democratica possiede enormi riserve minerarie, tra cui litio e cobalto, vitali per i veicoli elettrici e altre tecnologie avanzate, essenziali per garantire alle industrie statunitensi competitività con quelle cinesi.

Trump ha ammesso di non avere familiarità con il conflitto e ha fatto confusione con gli orrori del genocidio in Ruanda del 1994, in cui centinaia di migliaia di persone, per lo più tutsi, furono uccise in soli 100 giorni. L’accordo stesso non ha ricevuto consensi unanimi: il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, lo ha definito “un passo significativo verso la de-escalation, la pace e la stabilità” nella regione dei Grandi Laghi e Germania e Francia hanno accolto con favore l'”ottima notizia”, ma Denis Mukwege, ginecologo che ha condiviso il Premio Nobel per la Pace 2018 per il suo lavoro volto a porre fine agli stupri di guerra nella Repubblica democratica del Congo, ha espresso preoccupazione per l’accordo, affermando che di fatto avvantaggia il Ruanda e gli Stati Uniti. Si tratta, ha detto, “di una ricompensa per l’aggressione, la legittimazione del saccheggio delle risorse naturali congolesi e l’obbligo ad alienare il proprio patrimonio nazionale sacrificando la giustizia per garantire una pace precaria e fragile”.

Physicians for Human Rights, che ha lavorato nella Repubblica democratica del Congo, ha accolto con favore la de-escalation, ma ha affermato che l’accordo presentava “gravi omissioni”, tra cui la responsabilità per le violazioni dei diritti. 

 

 

 

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