giovedì, Giugno 5, 2025
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“Porto Roma”, la città eterna negli scatti del fotografo ivoriano Mohamed Keita

AGI – La città di Roma raccontata attraverso lo sguardo unico e gli scatti di Mohamed Keita, giovane fotografo nato in Costa d’Avorio che oggi vive e lavora tra Roma e Bamako (Mali). Fino al 27 luglio 2025, il Padiglione 9b del Mattatoio di Roma presenta PORTO ROMA Mohamed Keita, la mostra promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e da Azienda Speciale Palaexpo, in collaborazione con Mosaico Studio, che si è occupato dell’allestimento, e con DRAGO Publisher, che ha curato il catalogo. Le sue immagini, estranee ai luoghi comuni e alle rappresentazioni patinate, conducono in un universo di dettagli nascosti, paesaggi urbani intimi e presenze umane che narrano storie di quotidianità e resilienza. Visitatori e visitatrici sono invitati a immergersi nel continuo vagare di Keita per Roma, alla ricerca del soggetto da immortalare, per scoprirla a misura d’uomo, con le sue imperfezioni, meraviglie e segreti.

Il titolo della mostra, “Porto Roma”, rispecchia la visione personale del fotografo, restituendo al pubblico la Roma vissuta da Keita attraverso la sua ricerca: non solo città eterna ma porto dell’anima, dove l’antico dialoga col presente, l’umanità si fonde col silenzio degli spazi.
La mostra, nel suo insieme, è un ritratto di Roma: porto d’accoglienza, luogo aperto a chi arriva da fuori, come è accaduto al fotografo, ma anche punto di partenza per chi la lascia, come i romani che sono andati via; luogo in cui il tempo scorre e si intreccia con le vite di chi vi abita e vi transita, al contempo casa, rifugio e palcoscenico di incontri.

 

 

Il percorso espositivo inizia con alcune delle fotografie realizzate da Keita durante i primi dieci anni trascorsi a Roma e raccolte nel volume “Roma 10/20”. La mostra prosegue con la sua più recente ricerca fotografica, che documenta il suo incessante ritorno negli stessi luoghi per coglierne mutamenti e suggestioni: ogni fotografia diventa una meditazione sul tempo e sui cambiamenti che trasformano i luoghi, sulle ombre fugaci che raccontano storie diverse, sui volti che si confondono nel paesaggio, ridefinendolo. Il suo sguardo di flâneur trasforma ogni scorcio urbano in un’opera da contemplare. La spontaneità dello scatto, il gioco di luci e ombre, i dettagli spesso trascurati diventano elementi chiave della sua poetica visiva.

I ritratti presentati sono punti cardine di una mappa artistica e personale della capitale. Attraverso questi scatti Roma si svela nella sua complessità e ricchezza culturale, offrendo un contenuto autentico e in continua evoluzione. Il punto di partenza simbolico è la Stazione Termini, luogo chiave per Keita, essendo stato il primo spazio vissuto al suo arrivo a Roma. La sua prima fotografia è stata scattata proprio qui, e il progetto rilegge i luoghi della sua esperienza romana, espandendosi dal centro alle periferie, raccontando una città profondamente stratificata e multietnica. La sezione Prima-Dopo, nasce invece dall’urgenza di documentare i cambiamenti dei luoghi e delle cose giorno dopo giorno. Keita ritorna ripetutamente negli stessi posti, catturandone le trasformazioni e gli effetti della luce e del passare del tempo sul paesaggio urbano, mettendo in dialogo passato e presente.

 

 

“Il lavoro fotografico, intitolato Porto Roma, è un lavoro sviluppato, in diversi anni, sulla città di Roma, i suoi abitanti, visitatori, e i luoghi che la caratterizzano. Le immagini sono frutto della curiosità e della presenza. È un piccolo contributo, attraverso la mia visione della città e il modo in cui la vivo e l’ho vissuta in questi anni. È il frutto del regalo che offrono le vie romane alle differenti persone, che siano romani o visitatori o ricercatori. Il lavoro si concentra principalmente sulla strada perché per me la strada è un palcoscenico in cui molte realtà si mescolano con le loro contraddizioni, nel bene e nel male. Quindi, per me, diventa un punto centrale da dove osservare la città con le realtà che la rappresentano, che sia attraverso le persone, i luoghi o il tempo. La mostra presenta diversi capitoli: Ombre; Prima dopo; Vuoti; Ritratti; Muri, e tanti altri perché la città in sé ha tante facce. Le fotografie non sono solo del centro, ma ci sono anche alcune zone periferiche”, ha spiegato Keita.  “II progetti dello Studio KENE di Bamako e di Roma, stanno prendendo forma piano piano, grazie alle persone coinvolte, che siano i beneficiari, i volontari e i sostenitori, che ci hanno creduto fin dall’inizio, come la Fondazione Beta, Marco Delogu, e tante altre persone che ci danno una mano su diversi fronti. È un progetto basato sulla condivisione attraverso la fotografia come elemento chiave, ma non solo come educazione, soprattutto lo stare insieme, il dare e prendere. È un progetto molto ambizioso, credo che sia importante per i ragazzi perché permette loro di essere messaggeri di loro stessi e degli ambienti che li circondano. Ma è importante anche per me, perché se oggi posso pensare di insegnare a qualcuno nel campo fotografico, devo riconoscere la volontà e l’impegno che i miei insegnanti ci hanno messo per poter insegnarmi quello che ho imparato. Questo progetto, per me, è come dare continuità all’impegno dei miei maestri ed è anche un modo di offrire il proprio tempo ed energie a qualcuno che ne fa tesoro. Progetti personali fotografici ne ho diversi in corso, differenti da Porto Roma. Continuerò anche a indagare la città di Roma, che è il certificato della mia presenza”, ha ancora detto Keita. 

 

La mostra è accompagnata da un catalogo edizioni Drago, con testi di Massimiliano Smeriglio, Marco Delogu, Luigi Bartone e Felice Castrignanò, della curatrice Carmen Pilotto e le tavole delle immagini esposte. 

Mohamed Keita, nato in Costa d’Avorio, è un giovane fotografo che oggi vive e lavora tra Roma e Bamako (Mali). Ha studiato presso l’Istituto Cine-TV Roberto Rossellini e la scuola di fotografia Exusphoto. La sua carriera artistica è iniziata precocemente: ha iniziato a collaborare con diverse associazioni, fondazioni e scuole come Action for Children in Conflict, Fondazione Pianoterra ETS e Fondazione Paolo Bulgari. I suoi lavori fotografici sono stati esposti in molti contesti culturali, sia in Italia che all’estero, tra cui il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, il MACRO di Roma e gli Istituti Italiani di Cultura di Londra e New York. Tra le mostre personali possiamo ricordare Piedi, scarpe e bagagli presso la Camera dei deputati di Roma nel 2012, La mostra che non esiste (La mostra che non c’è) al Complesso del Vittoriano di Roma nel 2014, Refugees presso l’Istituto Francese di Cracovia nel 2017, Nel pensiero, nello sguardo presso il MAD – Murate Art District di Firenze nel 2019 e Donne e ragazze nell’Africa subsahariana presso United Nations Headquartered di New York nel 2022. Tra le mostre collettive possiamo menzionare invece Portraits per la XIII edizione di Fotografia – Festival Internazionale di Roma al Museo MACRO nel 2014, Rothko in Lampedusa presso il Palazzo Querini a Venezia nel 2019 e La memoria del dolore presso il Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano a Roma nel 2021, la partecipazione a Photolux Festival di Lucca nel 2019 e al Verzasca Photographic Festival di Sonogno nel 2019. Ha ricevuto vari premi come il premio young/old photographer al Festival PhC-CapalbioFotografia, assegnato da Josef Koudelka nel 2015, il premio SUFA (Stand Up For Africa), fondato da Paolo Fabiani e Rossella Del Sere, nel 2019, e il premio come miglior fotografo per l’Universities Network for Children in Armed Conflict nel 2021. Ha inoltre partecipato a diversi workshop, tra i quali Seeds for Future Memories a Tambacounda, in Senegal, nel 2018, e Caleidoscopio, sguardi luccicanti con Mohamed Keita, al Museo Pecci di Prato nel 2018 e 2019.

 

 

Tra i suoi progetti principali troviamo lo Studio KENE, un laboratorio di fotografia permanente fondato a Bamako, in Mali, nel 2017, e a Roma nel 2022, con il sostegno della Fondazione BETA ETS. Questo laboratorio nasce dall’idea di restituire quanto lui aveva appreso ad altri giovani in Africa, per offrire un’alternativa alla strada e al viaggio. La fotografia per Keita si basa soprattutto su un’idea di condivisione, motivo per cui questo spazio non è solo un laboratorio fotografico, ma anche uno spazio di condivisione e relazione sociale.

“Ho studiato fino al quarto anno, poi purtroppo mio padre è mancato. Da quel giorno tutto è diventato complicato, la mia formazione si è improvvisamente interrotta perché c’erano troppe tasse scolastiche. Così avevo quasi rinunciato, ma un giorno un mio caro amico mi ha spiegato del suo coinvolgimento con un centro di formazione di fotografia sociale. (…) Inizialmente non avevo intenzione di diventare un fotografo, ma col tempo la mia vita è cambiata. Oggi gestisco un workshop di formazione sulle competenze e sul giusto riferimento ai vari argomenti.  (…)Quando sarò grande, il mio nome entrerà nella storia della fotografia grazie alle competenze acquisite”, ha testimoniato Bakary, studente dello Studio Kene a Bamako

“La fotografia è qualcosa che ho visto sempre fare a mio padre, collezionava varie macchinette, e penso che questo mi abbia influenzato molto, non ero cosciente che questa fosse una sua passione, anche perché nella nostra cultura non viene data importanza alle passioni. (…) Sinceramente sono venuta al corso con poche aspettative, anche abbastanza pessimistiche, di solito è tutto meccanico e monotono, anche nei rapporti con le persone. Adesso vedo un vero cambiamento, perché spesso quello che manca è essere accolti, ascoltati, compresi, dare qualcosa senza pretesa, a livello umano oltre che fotografico. La fotografia è un riflesso di te stesso e di come guardi il mondo, e qui lo vedo in ognuno di noi in maniera diversa”, ha confidato Alexandra, che frequenta assiduamente lo Studio Kene di Roma

 

INFO
Mattatoio di Roma
Piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma 
Padiglione 9B
www.mattatoioroma.it – Facebook: @mattatoioroma – Instagram: @mattatoio – #MattatoioRoma

Orari 
Dal martedì alla domenica 11.00 – 20.00 – Ingresso gratuito
Chiuso il lunedì. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura 

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