mercoledì, Luglio 23, 2025
spot_imgspot_imgspot_imgspot_img

Quarant’anni fa Andy Warhol dimostrò che con un computer si poteva fare arte

AGI – New York, 23 luglio 1985. Andy Warhol sale sul palco del Lincoln Center accanto a Debbie Harry, cantante dei Blondie, per presentare al mondo un computer “rivoluzionario”: il Commodore Amiga 1000. In pochi minuti, usando il software ProPaint, Warhol crea un ritratto digitale della popstar. È un gesto simbolico: uno degli artisti più iconici del ventesimo secolo si cimentava con un nuovo mezzo di espressione artistica, in diretta, davanti a giornalisti e pubblico. Quella performance non rimase un episodio isolato. Warhol sperimentò anche dopo con l’Amiga creando una serie di disegni digitali che videro la luce solo molto tempo dopo. Fu un’impresa incredibile, per più di un motivo.

Jeremy Reimer, che ha raccontato l’intera storia su Ars Technica, lo spiega bene: “Il programma di disegno (ProPaint) utilizzato era una primissima versione ‘alpha’, e gli ingegneri del software sapevano che conteneva dei bug” e andava spesso in crush. Ma Warhol dimostrò grande padronanza del mezzo, grande dimestichezza con il mondo ‘digitale’ e riflessi prontissimi. Del resto, come racconta lo stesso Reimer: “Il computer Amiga era un sogno che prendeva forma: un computer multimediale, economico, veloce e flessibile, in grado di fare praticamente qualsiasi cosa e più cose insieme. Gestiva grafica, audio e video con la stessa facilità con cui altri computer dell’epoca manipolavano testo normale. Era decisamente dieci anni avanti rispetto ai suoi tempi. Era tutto ciò che i suoi progettisti avevano immaginato che potesse essere, tranne per un problema cruciale: il mondo era sostanzialmente all’oscuro della sua esistenza”. Almeno fino alla performance di Andy e Debbie. 

Fu un evento spartiacque per il mondo dell’informatica e dell’arte. “Il programma di disegno utilizzato era molto precoce, e gli ingegneri del software sapevano che conteneva problemi. Eppure Andy continuava a cliccare qua, là e ovunque con il riempimento continuo. In qualche modo riuscì a finire e il programma non si bloccò”. “È piuttosto carino”, disse Andy, ammirando il suo lavoro. “Penso che lo terrò”. L’Amiga 1000 non fu un campione di vendite – troppo caro, con un ecosistema software ancora acerbo – ma aprì la strada a modelli come l’Amiga 500 e a un nuovo modo di intendere il mondo dei computer. 

Un ritrovamento pazzesco

Commodore fallì nel 1994 e le immagini digitali create da Warhol rimasero dentro floppy-disk che diventarono presto obsoleti. Nel 2014 l’artista Cory Arcangel li scoprì nei magazzini del Warhol Museum di Pittsburgh. Con l’aiuto del Carnegie Mellon Computer Club e del Carnegie Museum of Art, i file vennero estratti e il software originale decodificato. Dopo mesi di lavoro, vennero recuperate 28 opere digitali sconosciute: una lattina Campbell’s, una rivisitazione della Nascita di Venere di Botticelli, un grande fiore rosso, autoritratti e altre immagini astratte. Un patrimonio inestimabile che rischiava di andar perduto e che oggi, invece, è possibile ammirare.

C’è ancora un aneddoto che riguarda l’artista e il mondo dei pc. Il Warhol Museum racconta di come un anno prima del lancio dell’Amiga, Warhol avesse incontrato Steve Jobs a una festa per Sean Lennon, figlio di John e Yoko. Nei suoi ‘Diari’ scrisse di come Jobs gli mostrò come disegnare su un Macintosh. “Mi sentii così vecchio” annotò “con questo giovane genio che aveva inventato la macchina proprio lì davanti”. Warhol non realizzò mai opere su Mac, ma nel 1985 inserì il logo Apple nella serie di stampe pubblicitarie Ads, insieme a marchi come Chanel, Paramount e Mobil. 

 ​ Read More 

​ 

VIRGO FUND

PRIMO PIANO